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Guernica: l’arte di un quadro in nome della memoria

Da ieri a oggi: l’orrore del crimine nello sguardo immortale di Picasso

Il Fringe Catania Off 2025 ha ufficialmente inizio. I luoghi della cultura etnea si affollano di platee che incontrano artisti provenienti da ogni dove e decisi a diffondere riflessioni, storie e significati. In altri termini, intrecci da tessere sul palcoscenico in una sorta di coesistenza con il pubblico. Ed era quello che accadeva, dal 16 al 19 ottobre, a Palazzo Scammacca del Murgo. Qui, nella semioscurità di una piccola sala e per il tramite di un solo attore, si restituivano le cronache dimenticate di un dipinto, la cui forza ha attraversato i secoli: Guernica di Pablo Picasso. E Guernica Bombing è il titolo dello spettacolo, la cui seconda parte suggerisce però, che, in realtà, non è solamente la genesi del quadro ad essere documentata in una narrazione, che ha tutti i tratti di un “teatro civile”.

Correva l’anno 1937. La maggior parte di noi non era nemmeno nato, perciò lasciamo che ci vengano incontro i libri di storia e di arte, quelli che abbiamo studiato alle superiori e quelli che Orazio Cerino, l’attore, e Mirko di Martino, il regista-autore, racchiudono brillantemente in 60 minuti di drammaturgia. Il risultato finale è articolato ma lineare ed insieme potente ed evocativo: del mondo artistico di Picasso e non solo. L’attore, al servizio del racconto, ci conduce dalla tragedia all’arte, dal passato al presente, dentro e fuori dall’Europa, dal tempo di Hitler a quello di Putin. Dalla Germania alla Russia, da Mussolini a Stalin fino all’Unione delle Repubbliche Socialiste Sovietiche, il cosiddetto URSS, di cui almeno una volta abbiamo sentito parlare. Interi territori sottomessi, la democrazia schiacciata e la libertà altrettanto, i ribelli e i colpi di stato, il fascismo, il nazismo, il comunismo, il nazionalsocialismo. Le ideologie, le svastiche e i pugni chiusi. Le tonnellate di esplosivo, i gas, l’atomica e i tubi incendiari. L’Etiopia, Hiroshima, Nagasaki, l’Ucraina, Gaza e la Palestina. Ma prima di loro la Spagna.

Ad essere restituita sul palco, infatti, c’è la terra d’origine del pittore che in quel periodo era anche terra di rivolte civili: era, si è detto, il 1937, celebrato come anno della pace ma di pace non ve n’era affatto. Non ve n’è mai stata. Mancavano pochi anni allo scoppio della Seconda Guerra Mondiale e la città spagnola di Guernica si apprestava a diventare una sorta di esperimento, il terreno fertile su cui saggiare un bombardamento su larga scala e le bombe, neanche a stupirci troppo, provenivano dalla “nobile” aviazione nazifascista. Quindi l’imperversante guerra civile e le pressioni dei ribelli nazionalisti furono il pretesto per compiere l’ennesimo atto terroristico, uno dei tanti della nostra storia. Una delle tante occasioni in cui schierarsi da qualche parte e inviare ad oltranza armi e munizioni, simulando, nel frattempo, il solenne giuramento di non intervento.

La sera del 26 aprile 1937 Guernica non esisteva più: c’era solo un concentrato di fumo e macerie e di corpi al “carbone” agonizzanti su un asfalto di fuoco. Ed è qui che l’omonimo quadro di Picasso diventa il cuore scenografico dello spettacolo, il suo controcanto visivo e simbolico, ancor più intensificato da un uso intelligente di registrazioni e di suoni, dalle musiche tradizionali spagnole alla brusca interruzione di aerei in volo, nello scuotimento delle assordanti sirene del terrore.

Dal terrore della Spagna ci spostiamo in Francia dove, sempre nel 1937, si organizzava la celebre Esposizione Internazionale dell’arte e della tecnica nella vita moderna di Parigi. Anche da qui si professava a tutti i costi una pace che non c’era e proprio a Picasso era stato chiesto di fare un dipinto da elevare come simbolo, ma l’ispirazione che gli arrivò per crearlo fu decisamente diversa da quella che si aspettavano. Le testimonianze giornalistiche di quelle atrocità spagnole accesero il suo sentimento patriottico e nacque l’immenso quadro denunciante di quella sconfinata disumanità criminale che aveva annientato Guernica, uccidendo uomini, donne e bambini. Ieri come oggi: dalla città di Guernica alla città di Gaza.

Il quadro di Picasso trascinava con sé una simbologia tutt’altro che pacifica e per tale motivo non fu molto gradito. L’oscurità gliel’aveva attribuita chi non aveva saputo apprezzarlo davvero. Quel quadro, destinato ad attraversare la storia dell’arte, era stato sminuito da ogni parte, ma non abbastanza da spegnere tutta la sua significazione. Da quelle geometrie apparentemente irreali e indistinte proveniva, in realtà, la più profonda rappresentazione della guerra con le sue efferatezze: la guerra del passato, quella del presente e purtroppo, seppur non vorremmo, la guerra del futuro. Un caos gigantesco e informe, i corpi distrutti, le urla della paura e del dolore e a far da capolino un piccolo fiore: il segno della rinascita in mezzo all’orrore. Un orrore negato fin dall’inizio: colpa alle vittime e mai agli artefici. Discolpa dei vivi, la colpa è dei morti.

Di quell’orrore all’Esposizione di Parigi non importava nulla: bastava dare le spalle al quadro e il gioco era fatto. Ignorarlo e fingere la pace. Il segreto stava qui: nella silente indifferenza più totale e via a ribaltare, depistare e confondere, tutelare il proprio giardino e avere sempre ragione. Disinformare e ingannare, ma era dalle menzogne più magistralmente e astutamente architettate che la verità sapeva sgusciare come un fiore.

I padiglioni espositivi nell’anno 1937 erano ben 44. Se c’era la Spagna, non poteva mancare la Germania. Da un lato l’arte impura e sporca, avvelenata e incomprensibile, giudaica e inferiore; dall’altro quella pura e autenticamente germanica: superiore. Insomma quell’arte degna delle migliori leggi razziali. La pace non esisteva, il decalogo del razzismo sì. E chi fu il fautore lo sappiamo tutti: Hitler, il pittore mancato, o perlomeno così si narrava di lui. Si diceva che fosse appassionato di pittura ma l’unica arte che alla fine seppe intraprendere davvero fu quella dell’odio persecutorio, della discriminazione e della più fanatica e intollerante dittatura, da applicare senza mezzi termini in ogni campo della vita umana. C’erano i pazzi, i cretini e i paralitici e anche gli artisti, quelli che non erano ariani ovviamente, non venivano risparmiati da queste “piacevoli” aggettivazioni. L’esclusione coinvolse anche Picasso, i cui dipinti furono bruciati insieme a libri, film e a tutto quello che non rispecchiava in nessun modo la purezza germanica. Del resto, nella lista nera delle razze gli spagnoli erano quasi sullo stesso livello degli africani, appena prima degli ultimi fra gli ultimi: gli ebrei. Anche per questo gli spagnoli furono bombardati. E anche gli africani, ma forse non ve lo ricordate: è successo in Etiopia, quando alla guida dell’esercito italiano c’era il generale Carlo Graziani. E gli ebrei? Loro erano considerati la peggiore sottospecie e perciò dritti a marcire nei campi di concentramento, ma questa è un’altra storia: un altro massacro degli innocenti.

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Guernica Bombing – Autore e regia: Mirko di Martino – Interpreti: Orazio Cerino – Luci: Tommaso Vitiello – Produzione: Teatro dell’Osso ETS e Teatro TRAM – Fringe Catania Off International FestivalPalazzo Scammacca del Murgo (16-19 ottobre) Repliche al Centro Universitario Teatrale dal 23 al 26 ottobre 2025

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