Un monologo appassionato e struggente, per riassaporare il piacere di tornare a teatro.
“Giuda” con Maximilian Nisi è un testo di Raffaella Bonsignori incentrato sul tema del tradimento e, ancor di più, sul carattere di ambiguità, che contraddistingue l’amore umano. L’ambientazione in cui le spettatrici e gli spettatori sono accolti è dark e fosca, in perfetta coerenza con la discesa infernale, compiuta dal protagonista, verso i meandri più oscuri della sua anima.
La confessione a tratti dostojevskiana del Giuda di Nisi e Bonsignori è approfondita dall’attore, grazie a un inteso lavoro sulla vocalità. Quest’ultima segue, come in una partitura musicale, l’andamento del suo pensiero: dove la voce è roca, il ricordo si fa oscuro e peccaminoso, gravido di rabbia e senso di colpa, ma laddove il pensiero si fa più lucido e chiaro, lì alberga l’immagine più nitida, lì sta l’Eterno. Tale atmosfera èaccompagnata e rafforzata dalle musiche di Stefano De Meo, che conferiscono potenza alla scena, in maniera espressionistica, nonostante l’estremo minimalismo.
Le tematiche trattate nella pièce rimandano a un’indubbia complessità psicologica, storica e teologica. In virtù di ciò, lo spettacolo risulta globalmente riuscito e, nondimeno, il risvolto psicologico, contenuto nella narrazione di Giuda, appare talvolta appiattito sul piano dottrinale. Quest’ultimo, come è ovvio, è pienamente secolarizzato, il testo di Bonsignori non ha certo la pretesa di immischiarsi nelle dispute religiose o teologiche, tipiche del cristianesimo delle origini.
L’intento dell’autrice è quello di svelare il mondo psicologico, che si cela dietro a personaggi biblicitanto complessi quanto celebri, nonostante ciò non sia sempre pienamente riuscito. Anche laddove la narrazione biblica è giustamente tradita e ampliata, i meandri della natura “umana, troppo umana” di Giuda non appaiono sufficientemente sviluppati. Il modo in cui sono affrontati i temi dell’invidia e dell’eterna convivenza in Giuda di amore e gelosia, nei confronti di Gesù, non si distaccano a sufficienza dal senso letterale del Nuovo Testamento.
Nel momento in cui ci confrontiamo con il libro per eccellenza dell’Occidente, il compito che ci poniamo risulta davvero arduo. Ci si presentano, generalmente, due vie: la via della fedeltà e quella del tradimento. Questo è il medesimo bivio dinnanzi al quale è posto Giuda: tradire Gesù o rimanergli fedele?
L’interpretazione di Nisi è netta e curata, svolta quasi interamente di spalle, mentre è relegato su quella che, più che una sedia, appare come un vero e proprio trono di spine e di sbarre. Il monologo è accorato e sentito, nonostante sia a volte un po’ forzata l’eccessiva staticità dell’interprete.
Quest’ultimo è accompagnato da uno sfondo animato di sequenze video a cura di Marino Lagorio, un telo su cui sono proiettate le immagini, che si affollano nella testa del protagonista. Di questa scelta registica si apprezza, soprattutto, l’intensità e la forza del connubio tra immagini virtuali e parola recitata, capaci di condurre lo spettatore in uno stato onirico alterato, tipico del carattere più esistenzialistico e moderno della narrazione evangelica.
“Giuda” con e a cura di Maximilian Nisi, di Raffaella Bonsignori è andato in scena dal 6 al 9 maggio al Teatro Lo Spazio, accompagnato dalle musiche di Stefano De Meo e video art di Marino Lagorio.