Il deflagrante urlo di libertà di “Gina e Fidel”

Per la prima volta sulle scene italiane, il Teatro Stabile di Catania presenta “Gina e Fidel” per la regia di Claudio Di Palma. L’intervista all’attrice Emanuela Muni.

In un’epoca in cui le apparenze dominano spesso il giudizio sul talento e sulle capacità, Gina Lollobrigida emerge come un simbolo di ribellione e indipendenza. Icona del cinema italiano e internazionale; ma anche fotografa, scultrice e giornalista, la sua vita è stata un continuo tentativo di superare i limiti imposti dall’estetica e dai ruoli predefiniti. A portare in scena questa figura straordinaria è Emanuela Muni, protagonista di Gina e Fidel, un testo inedito che esplora l’incontro immaginario tra due personalità apparentemente inconciliabili: Gina Lollobrigida, diva ribelle e indipendente, e Fidel Castro, leader politico controverso. In questa intervista, l’attrice ci guida attraverso le complessità del suo personaggio; il fascino di un dialogo tra arte e politica e l’universalità dei temi affrontati dalla pièce come l’identità, le maschere sociali e l’eterna lotta per la libertà.

Emanuela Muni – Foto ©Antonio Parrinello

Gina Lollobrigida si consacra tutt’oggi come una delle dive italiane più iconiche del dopoguerra. Dotata di una bellezza magnetica e di un talento eclettico, spesso si tende a dimenticare la sua poliedricità artistica: dal talento fotografico e documentaristico alla passione per la scultura. Com’è stato, per lei, calarsi nei panni di un’artista così completa e versatile?

La poliedricità artistica di Gina Lollobrigida in questo testo strepitoso viene affrontato in un modo particolare. Cioè, il punto centrale diventa il fatto che le donne, il mondo femminile viene letto e valorizzato esclusivamente per l’apparenza; l’apparenza fisica. La tematica, quindi, che è al centro della storia di Gina Lollobrigida, in questo testo dove il punto principale è esattamente quello che stai dicendo tu, drammaturgicamente si affronta esattamente questo: la poliedricità dei suoi talenti artistici. Ma, viene affrontata personalmente individuando che l’apparenza fisica di una donna è quella che condiziona la sua vita.

Quindi, poi, il fatto che la sua aspirazione era quella di fare la scultrice e la pittrice nella sua vita – e invece poi la sua vita ha preso un’altra direzione – lei, come tutte le altre donne, belle brutte e medie, sarebbe stata – e lo è stata in gran parte della sua vita – vittima della sua apparenza e paradossalmente vittima della sua bellezza se non fosse che questa donna ad un certo punto in realtà ha detto stop al cinema e ha fatto tutt’altro. Ha fatto la fotografa; la giornalista come in questo caso di questa storia che andiamo a raccontare; la scultrice. È stata comunque una che si è ribellata a pieno titolo fino all’ultimo dei suoi giorni morendo in quella condizione folle di polemiche, di pettegolezzi semplicemente perché lei non si è mai piegata a quello che la società impone alle donne e peggio, alle donne di contenuti come era lei: una donna che nonostante avesse questi contenuti doveva essere incatenata alla sua apparenza. Dopodiché, ecco che andiamo a sviluppare tutto quello che era la sua vocazione artistica.

Quella di Gina è stata sicuramente una personalità complessa e affascinante. Quale aspetto della sua personalità individuale o artistica – in maniera inedita – emerge con maggiore forza nello spettacolo?

Per me emerge al primo posto la sua indipendenza intellettuale. Emerge una personalità totalmente libera. Una personalità che si mette a tu per tu con un dittatore sanguinario facendo diventare quell’incontro un tale deflagrante urlo di libertà al punto tale che quell’intervista non è mai stata pubblicata. Questa donna ha fatto qualcosa di talmente enorme che non era possibile pubblicarla. 

E lei come donna e artista ha trovato una sua identificazione con la persona di Gina Lollobrigida, ancor prima che come ruolo?

Ovviamente! Il testo l’ho individuato io. Non è mai stato rappresentato in Italia e quello che mi ha incatenato a questo testo era proprio la tematica femminile; del mondo femminile. La tematica dell’apparenza con cui noi donne continuiamo a vivere incatenate e condizionate dall’apparenza fisica. È quindi una tematica che mi riguarda come persona; come donna. Ma quello che mi interessava; quello che mi ha incatenato a questo testo, è che lei si confronta con un mondo maschile… ed è quello che mi piace dire di questo testo, perché per me il mondo è compiuto in un cerchio perfetto dal mondo femminile laddove c’è uno specchio ed è il mondo maschile, con cui comunque questo testo esprime una pacificazione. E ti dirò di più, il testo – tra le tante tematiche che affronta e sfiora in tempi non sospetti – c’è anche un modo di fare emergere nella maniera più sublime; nel momento più caldo, incandescente del mio personaggio si affronta anche la non definizione di genere. Quindi non genere maschile; non genere femminile dove il cerchio per me è perfetto solo così: con il mondo femminile, il mondo maschile e anche con tutto quello che sta in mezzo. Questo è l’essere umano e questo testo esprime compiutamente la personalità degli esseri umani.

Tornando alla radice della domanda… Certo che mi sono identificata! Sono quarant’anni che faccio l’attrice e tieni presente che il nostro lavoro…. lo dicono paradossalmente le battute del mio personaggio, noi attori siamo schiavi perché gli altri scelgono il testo; scelgono il regista; il personaggio e scelgono come devi fare il personaggio. Questa è una mia tematica personale laddove io non decido niente del mio essere artista; sono gli altri a decidere tutto da quarantadue anni e il testo parla proprio di questo e io mi sono identificata in questo perché è quello che io rivendico. Quando dico che questo testo è un urlo di libertà, è in questo senso.

Cioè, alla fine trovando un ascolto – che va a tutto a loro merito – del Teatro Stabile di Catania che è un teatro pubblico, che deve quindi rispondere a tutta una serie di esigenze e scelte, loro mi hanno dato ascolto e quindi questa libertà mia personale la voglio specchiare con un Teatro Stabile che ha voluto sposare questo progetto. Mi sono identificata completamente, sì come artista, ma prima come persona. E quello che voglio dire, nel momento in cui c’è un pubblico lì seduto ad ascoltarmi; le prime cose che voglio dire sono quelle che voglio dire come persona, che come artista. L’essere artista è il mio strumento e questa volta c’è stato un teatro che mi ha consentito di farlo. 

“Gina e Fidel”, porta in scena l’incontro tra due figure apparentemente opposte: una Diva del cinema e un leader politico. Tuttavia, come spesso accade tra gli opposti, ci sono similitudini nascoste. Quali di queste emergono nella pièce?

Senza naturalmente andare a spoilerare la storia… Prima di tutto sono complementari perché sono due giganti: uno è un dittatore che ha veramente cambiato la storia politica del mondo; l’altra è una gigante… perché non ci dimentichiamo che Gina Lollobrigida ha recitato da protagonista con Sean Connery, Humphrey Bogart, Rock Hudson, Yul Brynner. Quando è arrivata a Hollywood il magnate americano degli aerei le ha fatto un contratto pazzesco; è andata a prenderla con questo contratto pazzesco dove tra le clausole c’era che se lo doveva sposare. Lei gli ha detto no grazie. Quindi un’indipendenza totale da qualsiasi sistema; non solo del cinema, ma qualsiasi sistema di potere. Infatti lei ha rivendicato tutta la sua vita il fatto che tutto quello che ha fatto e ha raggiunto lo ha raggiunto da sola. E che cosa vuol dire da sola? Io non ho avuto bisogno di Carlo Ponti, di Cristaldi, di Antonioni, dell’avere il marito importante come hanno fatto tutte le grandi dive della sua epoca. Lei è l’unica che è arrivata dove è arrivata senza avere il maschietto che la sosteneva e che sponsorizzava.

Quindi stiamo parlando di due giganti, ognuno nel suo campo. La complementarietà, il punto di incontro in che cosa poi avviene? Io direi, senza spoilerare troppo, che avviene sul piano proprio etico perché ovviamente lei vai lì a rivendicare che è una democratica e dall’altra parte c’è un dittatore; ma si confrontano proprio su questo piano dove i principi morali di un democratico possono essere fortissimamente indiscutibili, così come i principi morali di un dittatore possono essere estremamente etici ed umani. Ed ho già detto troppo….

Lo spettacolo non si limita a raccontare l’incontro tra Gina e Fidel, ma affronta pertanto anche temi universali. Quali sono le riflessioni più profonde che la pièce offre al pubblico?

Direi sinteticamente che le riflessioni devono essere sul sistema sotto ogni profilo: sul sistema politico; sociale e sul sistema – come ho detto prima – delle apparenze. Questi due, se vuoi, sono il ribaltamento della riflessione Pirandelliana, cioè la maschera. Perché loro hanno entrambi una maschera per il mondo, uno è un dittatore e l’altra è quella che ha fatto il film “La donna più bella del mondo” e queste sono le maschere. Ma questo testo è tutto esclusivamente senza maschere.

È uno spogliarsi di quelle sovrastrutture in cui sono stati poi stigmatizzati.  

Si, si sono spogliati in questo incontro, in questo racconto, in questo testo e molto probabilmente nella realtà si sono molto spogliati proprio perché erano due giganti. E ti dico anche, la suggestione primaria che ha dato il regista – questo spettacolo è la regia di Claudio Di Palma, nonché la sua interpretazione di un meraviglioso Fidel – la prima suggestione sulla lettura registica del testo, fu quella del cubo di Rubik. In un primo momento, la prima cosa che ha detto: «hai presente il cubo di Rubik che tu lo vedi girare per poi arrivare a risolvere e far combaciare in ogni lato tutti i colori?» Ecco, drammaturgicamente e con la recitazione e il testo, sostanzialmente racconta questo perché l’incontro è faticosissimo nella comunicazione; è molto arduo, contrastato. Il cubo riesce a mettersi a posto soltanto alla fine perché in ogni scena questi due se la danno di santa ragione.

Per concludere. Nella pièce ci sono due sfere; due ambiti – quello dell’arte e della politica che si intrecciano. Secondo lei, quale relazione vi è tra queste due realtà? Sono davvero inconciliabili o possono coesistere e arricchirsi a vicenda?

Il punto d’incontro io non lo saprei dire. Quello che voglio dire è che sia l’arte che la politica si esprimono esattamente nella stessa maniera. Cioè, i politici fanno i comizi in presenta; gli attori fanno il teatro in presenza. Hanno la stessa forma di comunicazione: gli artisti vanno in televisione e si esprimono con le fiction, i film, le serie; i politici vanno in televisione e rilasciano le loro interviste. Abbiamo entrambi lo stesso pubblico; abbiamo entrambi lo stesso palcoscenico e abbiamo entrambi le stesse tribune; le stesse platee. Siamo assolutamente alla pari! Poi, ognuno di quel palcoscenico, di quel set, di quella macchina da presa ne fa quello che crede.

Ed è possibile che, nel momento in cui di questi stessi strumenti se ne faccia un uso differente, queste due realtà si arricchiscano a vicenda?

Assolutamente sì! Cioè, io per prima avrei potuto scegliere un altro testo; avrei potuto lottare per un altro testo e la storia anche contemporanea – non solo La Storia – ci parla di contaminazioni condizionanti. Ogni volta che sentiamo parlare i discorsi di quelli che vincono gli Oscar, ma di che cosa parlano? Del loro credo etico – che poi l’etica va ovviamente a convergere con uno schieramento politico… Vediamo i discorsi degli Oscar, per non andare troppo lontani. Perfino noi in Italia, che viviamo in un lungo periodo storico dove l’arte è in un momento di sofferenza (cinema, teatro, televisione) tremenda; eppure c’è chi ha fatto questa rivoluzione. Quindi, comunque, si contaminano. Chiaramente sta all’artista prendersi la responsabilità e il peso di usare… usare…usare il proprio palcoscenico nella maniera che crede. Poi storicamente questo è avvenuto, continua ad avvenire e avverrà sempre: cioè, la tragedia greca di che parla se non di politica!?

E non è un caso, che ci sono stati dei casi – più di uno – di artisti che sono stati allontanati, banditi, esiliati dalla politica; dalle televisioni; dai teatri. Lo sappiamo. Così come sappiamo che molti artisti li vediamo al cinema, in televisione perché hanno un chiaro – o un meno chiaro – schieramento politico. Per questo, questo spettacolo è un grido di libertà a cui bisogna rendere merito a questo teatro che l’ha accolto e ha sposato questo progetto.

Altra cosa che vorrei dire che in questa produzione, che ha comunque dei grandi limiti, hanno voluto con grande decisione partecipare delle personalità che io me le potevo sognare: il Maestro Vince Tempera, che in questo momento è al primo posto su Amazon e che è la storia della musica italiana, io me lo potevo sognare. Ha composto le musiche di questa che è comunque una produzione limitata del Teatro Stabile di Catania. Ha voluto comporre le musiche per questo spettacolo e stiamo parlando di uno che è al primo posto oggi! L’altra è Noemi Intino, una costumista che sta impennando la sua carriera in maniera formidabile dall’ultimo progetto che ha fatto che è il videoclip di Jovanotti, che esce dopo anni con un videoclip, facendo un lavoro di costumi enorme; nonché tutte le serie televisive che ci sono più forti in questo momento e non posso dire di altro che non può essere purtroppo ufficiale oggi… Stiamo parlando di gente che io me la potevo sognare. Ma lo stesso Claudio Di Palma, che è accreditato in maniera elogiativa tra tutti gli addetti ai lavori, è uno che sta per scoppiare realmente non solo più per gli addetti a i lavori (e anche lì non posso spoilerare altro) … Io ho acchiappato questa gente, se vuoi in maniera ingiustificabile, ma alle soglie di esplosioni formidabili di queste personalità.

Claudio Di Palma e Emanuela Muni – Ph ©Antonio Parrinello

Un progetto, “Gina e Fidel” pertanto, che è stato accolto – senza ombra di dubbio – a piena voce dal Teatro Stabile di Catania e da tutti coloro che hanno contribuito a renderlo possibile. Ci auguriamo che questo nuovo grido di libertà, ispirato dalla tenacia e dal coraggio dell’indimenticabile Gina Lollobrigida, non venga mai più soppresso; ma continui a risuonare con forza echeggiando ovunque. Aspettiamo, inoltre, che questo progetto trovi spazio e accoglienza anche in altri teatri sul territorio nazionale, affinché il suo messaggio possa diffondersi e ispirare sempre più persone.