“I giganti della montagna”, la premonizione di Pirandello al Nino Manfredi

Debutta sul palco del Teatro Nino Manfredi l’opera testamentaria di Pirandello nella regia di Claudio Boccaccini. Ebbene sì, “I giganti della montagna” non sono che una preziosa eredità del noto drammaturgo. Un’opera, a quanto pare, premonitrice di una realtà più che attuale.

Ultima tra le opere di Pirandello, il testo incompiuto de “I giganti della montagna” non lascia spazio ad interpretazioni: la sua è una chiara invettiva al potere; a quel potere dissacrante nei confronti dell’arte e della cultura – da lui espresse nella più alta forma della Poesia e del Teatro. Quale miglior strumento, quindi, se non quello metateatrale? Un espediente, di certo, non nuovo per l’autore.

Levatosi il sipario, davanti a noi lo stravagante gruppo degli “Scalognati” in tutto il loro dire e fare piuttosto eccentrico; ma che allo stesso tempo restituisce alla drammaticità della situazione un tono alquanto ironico (sicuramente dovuto alla loro biascicata cadenza partenopea). Un’opera che, già all’ incipit, si rivela in tutta la sua essenza allegorica e che – se non si conoscesse almeno un po’ – si potrebbe rivelare di ostica comprensione.

L’apparente follia, in cui il gruppo degli “Scalognati” sembra essersi rifugiato affinché l’arte non muoia; nel corso della messinscena entra in conflitto con la testarda perseveranza della “Compagnia della Contessa” che ostinatamente, con le unghie e con i denti, tenta di far sopravvivere la poesia ed il teatro seppur questo significhi svendersi. Difatti, quello che potrebbe sembrare pura follia; un illudevole inganno architettato dal “mago” Cotrone (Felice Della Corte) è quanto di più importante ci sia nel teatro: essenza che gli attori della Contessa (Silvia Brogi) – ed ella stessa – sembrano aver perduto rifugiandosi in una meccanica recitazione (palesata da un altrettanto e talvolta caricaturale recitazione degli interpreti). Quanto di più prezioso conservasse il teatro e che gli “Scalognati” avessero cercato di preservare, in un batter d’occhio vanificherà: la rappresentazione de “La favola del figlio perduto” – opera peraltro dello stesso Pirandello- al cospetto dei “giganti della montagna” condannerà a morte il Teatro.

«Ho paura… Ho paura…» Queste le ultime parole dell’autore. E proprio questo il sentimento che pervade i nostri animi al termine dell’allestimento di Boccaccini: la paura; il timore che in tempi così bui, per il mondo artistico e culturale non ci sia niente di più vero di quanto Pirandello non avesse già previsto. Che questo sia un monito affinché il destino del teatro possa essere riscritto.

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I giganti della montagna

di Luigi Pirandello

Adattamento e Regia di Claudio Boccaccini

con Felice Della Corte, Silvia Brogi,  Marina Vitolo, Marco Lupi,  Fabio Orlandi, Titti Cerrone, Luca Vergoni, Marco Guidotti, Anastasia Ulino, Michele Paccioni e Carmelo Stifano

Teatro Nino Manfredi – dal 26 gennaio al 5 febbraio