Una mostra sul viaggio verso l’ignoto di Paul Gauguin nelle isole polinesiane, tra misticismo e realtà, e sulla sublimazione di uno spirito irrequieto attraverso la magia e sacralità dell’arte
“Conosco delle barche che arrugginiscono in porto per non aver mai rischiato una vela fuori.
Conosco delle barche che si dimenticano di partire
hanno paura del mare a furia di invecchiare
e le onde non le hanno mai portate altrove,
il loro viaggio è finito ancora prima di iniziare”
Jacques Brel

A Roma la mostra Il diario di Noa Noa e altre avventure ospitata dal Museo Storico della Fanteria non è dedicata solo a Paul Gauguin ma all’itinerario spirituale del viaggio. Un animo tormentato che nel 1891 sbarca per la prima volta nella Polinesia Francese, abbandonando il conformismo occidentale e respirando la libertà dei paesaggi e costumi polinesiani. Rientra per problemi economici e di salute, ma nel 1895 fa ritorno trasferendosi definitivamente a Tahiti. Noa Noa (profumo, isola profumata) è il racconto biografico e romanzato del suo vissuto sull’isola. Questa mostra ce ne racconta la genesi, gli sviluppi e l’essenza.
Prende le mosse da una prima sala più grigia, dai colori per buona parte spenti, che coincidono con il malessere di vivere parigino, che anche in Polinesia non si acquieterà mai del tutto. Si susseguono opere e schizzi di artisti a cui Gauguin faceva riferimento in Francia. Così la malinconia cupa e affascinante di Jean-François Millet ed Émile Bernard si mescola all’espressività dei colori di Van Gogh. Dall’altro lato del corridoio le foto di Gauguin in compagnia della moglie.
Il vero epicentro di questa avventura sono i disegni, le xilografie, gli scritti e le sculture che Gauguin realizzò in Polinesia. Una sala sulla cultura delle isole polinesiane precede queste opere. Viene spiegato il concetto di Mana, una forza vitale che anima questi territori e i suoi abitanti. È forse questa forza primordiale che respiriamo nei dipinti e nelle creazioni di Gauguin? Natura selvaggia, disinibizione della nudità, misticismo pagano e riti tribali. Tutto ciò vive, permea l’operato artistico del pittore francese. La quotidianità polinesiana si intreccia al mito.
Da non confondere con Les femmes de Tahiti, tra le opere esposte è presente Femme de Tahiti, dipinto non molto noto proveniente dalla collezione di Giovanni Testori e Alain Toubas, che ritrae una donna nuda seduta per terra, inconsapevole e incurante della propria nudità, assorta dai pensieri e lavori all’interno della capanna in cui è accovacciata. Salta all’occhio in quest’opera una matericità nuova della pittura di Gauguin: nonostante le pennellate piatte e composte, crea una percezione di tattilità visiva quasi scultorea e monumentale che rifugge da chiaroscuri, ma adempie a un intento di corposità pittorica.
A tal proposito non possono che essere considerate in continuità le tre sculture esposte, tra cui spicca Maschera di donna tahitiana “Tehura”. Ispirata alla giovane compagna tahitiana, la scultura ne raffigura il volto con uno stile essenziale e primitivo, ispirato all’arte tribale e filtrato dall’attitudine simbolista di Gauguin. Come totem queste sculture evocano una realtà arcaica e mitica, nonché una femminilità reale e idealizzata al contempo, il sacro femminile delle culture primitive.
Tuttavia alla ricerca di bellezza e senso nel sacro e nell’indomita natura non seguirà mai una reale quiete emotiva. Certamente una sublimazione temporanea nell’arte del suo male di vivere e della frustrazione perenne, del senso di estraniamento rispetto alla società borghese, ma anche un’insoddisfazione che non poteva estinguersi semplicemente scappando. Difficile dire se quella di Gauguin a Tahiti sia stata più una fuga o un viaggio. Mentre il diario di Noa Noa ci testimonia momenti di pace, una spiritualità rinata e un’esperienza artistica vivace e fertile, il suo testamento intellettuale, l’Avant et Après, manifesta amarezza e irrequietezza, disillusione e tensioni.
Possiamo anche dire però che l’esaltazione artistica che Gauguin ha sperimentato in queste terre lo ha condotto a una purezza del linguaggio estetico e a una sua immediatezza che ancora oggi inebria chi contempla le sue opere d’arte.

Concludiamo con una citazione di Marcel Proust:
“Il vero viaggio non consiste nel cercare nuove terre, ma nell’avere nuovi occhi”.
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Gauguin Il diario di Noa Noa e altre avventure – prodotta da Navigare srl, curata da Vincenzo Sanfo, e patrocinata dalla Regione Lazio e Comune di Roma – Museo storico della Fanteria dal 5 settembre 2025 al 25 gennaio 2026





