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Frankenstein: chi è il mostro?

Uscito in alcune sale selezionate dal 22 di novembre 2025 e distribuito su Netflix dal 7 ottobre il “Frankenstein” di Guillermo del Toro con Oscar Isaac e Jacob Elordi commuove e conquista.

Chi è il vero mostro? Questa è l’insita domanda che è giusto porsi guardando Frankenstein, ultima opera del cineasta Guillermo del Toro, presentata in anteprima alla scorsa mostra del cinema di Venezia.

Oscar Isaac e Jacob Elordi

La trama è  tratta dal romanzo Frankenstein o il moderno prometeo di  Mary Shelley del 1818, testo che ha condizionato tutto il panorama letterario e cinematografico del XX secolo. Lo scienziato Victor Frankenstein ( Oscar Isaac ), ossessionato dall’idea di combattere la morte, missione implicitamente derivante dal trauma della prematura morte della madre, non vanta nessun  tipo di considerazione nel mondo accademico che considera i suoi progetti blasfemi e privi di ogni razionalità scientifica.

Unico a credere in lui, per puro interesse personale, è Henrich Harlander ( Christoph Waltz ) che concede a Victor finanziamenti illimitati e una torre dove poter realizzare la sua opera; ad aiutarlo il fratello minore William ( Felix Kammerer ) e la sua fidanzata Elizabeth ( Mia Goth ), donna nobile ma fortemente anticonvenzionale di cui Victor si innamora.

Come un collage composto dalle diverse parti umane Victor origina la propria Creatura che gradualmente prende vita.  Una vita che si scoprirà molto presto immortale, dal momento che il suo corpo è in grado di autorigenerarsi da ogni ferita.

La Creatura però ben poco dice e fa e presto l’entusiasmo di Victor si spegne, iniziando a trattare male la sua creazione considerandola un mostro senza alcun pregio. L’unica a vederne valore è Elizabeth con la quale questa instaura subito un legame. Deluso dalla sua opera Victor tenta di eliminare il suo mostro scatenandone l’ira in un inseguimento tra creatore e creazione destinata a non aver fine e che prenderà sempre più il sopravvento.

Lungo i suoi  150  minuti di durata il film si dirama mostrando i punti di vista dei suoi due protagonisti: da una parte il solitario ed egocentrico dottor Victor Frankenstein, alle prese con un trauma infantile irrisolto e una conseguente sfida della morte da vincere a qualunque costo. Un turbamento che ha scelto di portare avanti senza ascolto né di se né degli altri, con puro e sfrontato egoismo.

Dall’altra la sua Creatura, vero essere innocente e puro di questa vicenda, frutto di ambizioni create su di lui. Dalla seconda parte del film seguiamo infatti la Creatura sola ed impaurita nel mondo, alla ricerca di sé, accettazione e pace. Un viaggio fatto di violenza subita, crudeltà diretta ma anche pura amicizia ed insegnamento… quello di un anziano cieco (David Bradley) che, con cura e pazienza, lo istruisce e gli insegna la parte buona del mondo, un vivere di cui la Creatura inizia a sentirsi finalmente parte.

Sarà infatti proprio vedendo il punto di vista del “mostro” e della sua storia che si apre il vero collegamento, quello tra Victor e la sua Creatura, uniti entrambi da due costanti: solitudine ed emarginazione, entrambi isolati dal vivere sociale che li circonda, una solitudine per certi versi voluta da parte di Victor, inevitabile per la sua  Creatura.

Dopo La forma dell’acqua ( 2017 ) e Pinocchio ( 2022 ) del Toro riporta sullo schermo la tematica degli emarginati con la rivisitazione di una delle opere che senza dubbio meglio li rappresenta. Con tenerezza seguiamo la Creatura muovere i suoi primi passi nel mondo e con tristezza la vediamo subire le angherie dell’uomo, vero mostro di questa vicenda.

Ecco che allora viene naturale domandarsi chi sia davvero il mostro, se la Creatura enorme e pallida dall’esistenza non chiesta e che agisce solo per difendersi, o l’uomo, primo fra tutti  Victor, lo scienziato, che pur di arrivare all’ambito scopo non si ferma davanti a niente per poi pentirsene subito dopo. “Sei tu il mostro Victor” questa la frase del fratello William rivolta allo scienziato, inevitabile e conclusiva affermazione.

Personaggio di ponte tra il mondo umano e non è Elizabeth, dolce e spesso irrequieta, non adatta alle convenzioni sociali e destinata ad una vita di nobildonna, lei per prima si sente volutamente e non un’emarginata. Sarà infatti lei la prima a vedere nella Creatura la bontà e qualità che nessun altro è disposto a vedere.

Elizabeth e gli altri personaggi di William e Harlander restano tuttavia personaggi non approfonditi troppo ma funzionali ad un unico scopo: quello di rendere costante e sempre più centrale il rapporto tra Victor e Creatura, scienziato ed esperimento, padre e figlio, creatore e creato, carnefice e vittima.

Mentre Victor non affronta i suoi demoni, non si ascolta e  usa tutto ciò che lo circonda per arrivare al proprio fine noncurante delle conseguenze; la sua Creatura al contrario, con l’innocenza di un bambino impara presto ad ascoltarsi ed ascoltare, ad entrare in contatto con il mondo, cercare di capirne il buono e il brutto, decidere da che parte stare.

Così il cuore si spezzerà, eppure spezzato vivrà”, questa la citazione di Lord Byron che compare alla fine del lungometraggio e questo il messaggio: dolore e sofferenza non danno scelta nella vita, ma la scelta sta in come decidiamo di reagire e vivere la nostra esistenza.

Victor ha un dolore che non accetta di affrontare se non nel mondo più mostruoso e terribile per se stesso e per gli altri, chiudendosi alla vita. Anche la Creatura ha un dolore, lo si incolpa già solo per essere “nato”, cade, ricade, subisce…eppure vive, perdona, prova.

L’estetica del film è incredibile, così come gli effetti volutamente plastici e meticolosi utilizzati dove possibile al posto dell’inevitabile e a volte presente CGI. Il trucco curato da Mike Hill adottato sulla Creatura e che prevede l’applicazione di protesi, è un elemento che rimane impresso e dona un’unione di grazia e al contempo potenza.

La fotografia di  Dan Laustsen è forte e ha dei colori vivi e accesi che ben stanno in un voluto contrasto con l’atmosfera cupa e gotica della storia. Gli stessi abiti curati Kate Hawley  comunicano chiaramente chi sono i personaggi e cosa vanno ad esprimere in quel dato momento, anche con l’utilizzo di colori sempre molto forti ed impattanti che vanno, uniti ad alla scenografia meticolosa  di Tamara Deverell, a creare una sorta di complessivo quadro che vorremmo fermare ed ammirare più volte.

Jacob Elordi non esagera nella sua interpretazione donando alla sua Creatura una gentilezza ed eleganza che si ricordano, nella sua mostruosità apparente il “mostro” è la creatura più pura che si sia mai incontrata.  Anche Oscar Isaac non cade nel facile rischio macchiettistico dello scienziato pazzo e riesce a rendere credibile il suo personaggio.

Degli altri personaggi quella che rimane più impressa è Elizabeth, la donna di cui è difficile percepire comportamenti e pensieri, personaggio sfuggente, di confine tra surreale e realtà, Mia Gof in questa interpretazione convince lasciando impressa quella appartenenza a nessun mondo, esattamente come a nessun mondo appartiene la Creatura.

Jacob Elordi

Come il dottor Victor Frankenstein assembla diverse parti umane con meticolosa precisione e dedizione del Toro origina il suo Frankenstein unendo estetica, spettacolare, sentimenti e fragilità umana.

Chi è davvero mostro? Questo ciò che drammaticamente rimane e che ci lascia con un barlume di tristezza ma anche un po’ di speranza…come lo sguardo su un’alba appena iniziata.

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Frankenstein. Regia di Guillermo del Toro. Soggetto tratto dal romanzo Frankenstein o il moderno prometeo di  Mary Shelley   Con Oscar Isaac, Jacob Elordi, Mia Goth, Christoph Waltz, Felix Kammerer, David Bradley. Fotografia di Dan Laustsen; scenografia di Tamara Deverell. Trucco di Mike Hill; costumi di Kate Hawley. Casa di produzione Double Dare You; distribuzione Netflix.

Foto e copertina: Netflix

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