Pennellate dense, grumose, reagiscono al materiale legnoso che le accoglie, che mutua e trasforma i loro caratteri antropomorfi.
Sono linee morbide, riempiono di curve le piccole superfici, somigliano a corpi incrinati su pose disarticolate. Non vi è accordo col volto giacchè il volto è maschera in “Teatro dei burattini”, mostra di Franco Losvizzero, ospitata fino al 29 Settembre al Macro Asilo di Roma in via Nizza.
Le labbra serrate, quasi incrinate nella fissità di un turbamento sempiterno trasmutano, il segno pittorico in un geroglifico di umane sembianze, un varco materico che si serve di tinte violente per vivificare la pregnanza del gesto che rappresenta.
Ed ecco che lo sguardo va oltre, si sofferma ora sull’enorme sagoma nera che sembra pendere dal muro alla nostra destra: se è la grande maschera “totemica” a ad imprimere su di essa un’umana sembianza; il lenzuolo scuro sembra contenerne il mistero, accostarsi alla parete come informe luogo di una realtà celata.
Gli occhi, come la bocca, sono piccoli fori; non hanno sguardo ma paiono rivolti ad un’altra struttura abnorme posta al suo fianco: non affissa ma troneggiante al centro della sala, si erge questa nella stessa posizione: scura anch’essa e con le braccia spalancate, sembra rimandare allo stesso universo.
Il muro riflette un pallore lunare, su di esso piccoli burattini senza volto compongono una fila imprecisa, sembrano minuscoli impiccati affissi su chiodi invisibili.
Laddove il silenzio s’impadronisce dello spazio, l’immobilità è invece interrotta dal lento roteare delle sculture centrali: nate dall’ibridazione tra vecchi giocattoli e congegni meccanici, risplendono nel loro corpo di resina, iterano movimenti cadenzati, sempre uguali.
Una connessione latente e non percepibile sembra legare quei simulacri eterogenei, le marionette non interagiscono ma abitano lo spazio trasmutandolo in un microcosmo taciturno e composito.
Eppure, le creature prenderanno vita: dopo la presentazione nel progetto, svoltasi lo scorso 18 Settembre, la mostra proseguirà nella visione dell’artista all’opera e in una serie di prove aperte che culmineranno il prossimo 28 e 29 Settembre con uno spettacolo finale, viaggio sperimentale che permetterà alla materia di vivificarsi, di muoversi, di rendersi manifesta.