Era il 1974, a quell’epoca lavoravo per la radio quando incontrai per la prima volta Francesca Bertini, per l’universo cinematografico italiano e non solo, la diva che sullo schermo aveva segnato il passaggio dal “muto al sonoro”.
Quindi dall’epoca dei “telefoni bianchi” al “neorealismo” di Rossellini e De Sica. Francesca Bertini ancorché regina sullo schermo e nella vita dotata di un fascino coinvolgente, è stata la prima donna libera di quel cinema che ha legato il suo nome alla storia stessa del cinematografo.
Nata a Firenze, attrice di teatro a Napoli con la compagnia di Eduardo Scarpetta prima e poi a Roma, dove conquistò in quel cinema “muto” la grande popolarità che durò nel tempo e non fu mai dimenticata anche dopo quando accettò ruoli minori, in quel cinema “parlante” che ci ha magnificamente descritto vincendo due Oscar il regista francese Michel Hazanavicius in The artist.
L’ho conosciuta in treno in viaggio da Milano a Roma. Era seduta con un giovane attore credo gli facesse da ufficio stampa. Elegante in un lungo abito nero che faceva risaltare la carnagione quasi bianca e quegli occhi grandi, profondi e misteriosi. Conoscevo il giovane che l’accompagnava. Mi alzai con lui per fumare e gli chiesi se in effetti avevo riconosciuto Francesca Bertini e il perché di quella mano sulla bocca quasi a coprirla del tutto. Mi rispose che aveva perso la capsula di un dente mangiando un panino e gli chiesi se era vero che viveva al Grand Hotel di Roma. Mi rispose che grazie al lascito di un ammiratore aveva goduto dell’ospitalità per un lungo periodo e successivamente per rispetto per quella donna che aveva regalato al pubblico dallo schermo tante emozioni, scaduti i termini, la direzione del noto hotel gli consentì di usare il recapito dell’albergo per la posta e i saloni per eventuali incontri di lavoro. Di fattio dormiva in una pensione li vicino.
Trovai la storia triste e coinvolgente, come la trama di uno dei suoi film e mi proposi per un’ intervista. Lui me la presentò per non disturbarla e poco prima di arrivare a Roma ripromettemmo di risentirci. Ma la vita con tutta la sua storia, gli amori, i film, il successo e il decoroso declino, proprio mentre giravo uno dei miei primi documentari in Brasile, la lasciò. Era il 13 ottobre del 1985 e aveva compiuto 93 anni. Fra i suoi ultimi film girati, quello con Bernardo Bertolucci che la conobbe da bambina e la scritturò in un ruolo per Novecento.
Il suo vero nome era Elena Vitiello, la sua vita segnata come in un copione dal destino coincise con la storia stessa del cinematografo.
La scoprì a Napoli dove era nato il padre adottivo, il famoso comico e drammaturgo Eduardo Scarpetta, la cui vita artistica rivive nel bel film di Mario Martone Adesso rido io, e si dice, anche che il nome d’arte Francesca Bertini lo inventò lui che si innamorò come tutti gli uomini che cascarono ai suoi piedi. Romantica e passionale sullo schermo, dotata di un humor irresistibile nella vita, per lei persero la testa come scrive Alberto Riva in suo libro, personaggi come Salvatore Di Giacomo che la lanciò nel film Assunta Spina fino al grande inventore Guglielmo Marconi. I bene informati dicono “gentilmente respinto” e poi lo scrittore Orio Vergani che incontrandola nel 1923 scrisse di lei definendola “una bellezza lunare”. Insomma era tale il successo che uomini e donne sembra si nascondessero nei palchi dei teatri dove lei recitava per ammirarla. Fra queste personalità come Eleonora Duse e Colette.
La sua vita ora ritorna dall’oblio del tempo grazie a un bel libro dal titolo L’ultima Diva (Fazi editore) scritto da Flaminia Marinaro che ha dichiarato: «Francesca è stata amica di mio nonno e di mio padre, entrambi avvocati e negli anni fino alla sua morte veniva spesso a pranzo a casa nostra e ci raccontava come in un film, rigorosamente in bianco e nero la sua straordinaria vita.
Fra gli oltre cento film interpretati da Francesca Bertini che con Clara Calamai fu anche la prima donna a mostrarsi nuda sullo schermo nel film del 1922 La donna nuda di Roberto Roberti senza dimenticare capolavori come Cabiria, La signora delle camelie, Eugenia Grandet, La serpe.
La Bertini è stata la protagonista indiscussa di quel cinema degli anni “ruggenti”, la prima diva e l’ultima divina, quando donne libere come lei, come Isadora Duncan morivano sulle Bugatti Blu da Nizza a Montecarlo. La Bertini hanno scritto i giornali di tutto il mondo è stata l’ultima testimone protagonista di quella Belle epoque che Scott Fitzgerald immortalò nel romanzo Il Grande Gatsby, diventato anche un film di successo con Robert Redford. Si dice che al culmine del successo abbia addirittura rifiutato un contratto milionario della Fox che voleva averla ad Hollywood per sposare un fantomatico conte svizzero dal nome altisonante, tale Alfred Paul Cartier che sembra depauperò il suo patrimonio. Riuscì tuttavia a vivere per un lungo periodo di rendita in Spagna, poi gli rimase il Grand Hotel, ma solo per la posta.
Mi resta il ricordo di lei su quel treno e di quell’intervista mancata, lo sguardo intenso dei suoi occhi, quella mano elegante che copriva con un velo di seta la bocca, le lunghe gambe accavallate vestite di nero. Ho immaginato quell’intervista. Io seduto davanti al mito e lei che con voce magica ma ironicamente incisiva mi diceva: «Mi scusi, ma lei con chi vuol parlare? Con Elena Vitiello o con Francesca Bertini, perché vede caro signore quest’ultima ora non c’è può rintracciarla dietro appuntamento al Grand Hotel.