Ridurre la diffusione della disinformazione, in particolare sui social media, è la grande sfida che impegna quotidianamente governi ed esperti di tutto il mondo. Distinguere le informazioni attendibili dalla tanta, troppa disinformazione che circola soprattutto in rete è uno dei temi caldi del nostro tempo ed è quindi anche un ambito verso il quale si stanno dedicando molti ricercatori. Il fenomeno dei social media come fonte di notizie, ha creato un nuovo ecosistema per la diffusione della disinformazione. Ciò è dimostrato dall’ascesa esponenziale di notizie palesemente false che vengono presentate come se fossero vere. Le cosiddette “fake news” sono diventate un problema importante dalle elezioni presidenziali statunitensi del 2016(duello Trump/Clinton) e continuano a suscitare notevole attenzione soprattutto in questo periodo caratterizzato dall’emergenza coronavirus. Le fake news, si diffondono in gran parte tramite i social (Facebook e Twitter in particolare), di conseguenza, capire cosa si può fare per scoraggiare la condivisione di notizie false o fuorvianti che abbondano sul web è una questione di grande importanza tanto che il nostro Governo ha istituito una vera task force per combattere il fenomeno.
Tuttavia distinguere il vero dal falso sulla base del contenuto di un articolo per esempio o di un post con l’eccezione di qualche caso particolare è di fatto impossibile e pone per qualunque paese che tenga in considerazione la libertà di pensiero e di espressione un problema non da poco. Eppure una strada per distinguere il grano dalla gramigna c’è. I ricercatori del corso inter-dipartimentale in Data Analys e Decision Science del Politecnico di Milano hanno recentemente pubblicato sull’autorevole rivista Nature Scientific Report, uno studio sulla tecnologia basata sul Machine Learning che permette di distinguere le notizie attendibili da quelle false osservando il modo in cui si propagano sui social media. Una tecnologia che non tiene conto del contenuto ma analizza il modo in cui le notizie vengono diffuse su Twitter, costruendo delle reti di diffusioni, attraverso le quali si è in grado di distinguere le notizie più attendibili da quelle meno attendibili seguendo tutte le interazioni che hanno gli utenti per arrivare all’utente finale. Esaminando per esempio le centinaia di twitter di giornali e giornalisti le notizie vengono lanciate sul social per essere poi ricondivise dai loro followers che la ricondividono a loro volta senza aggiungere commenti, Mentre per quanto riguarda quelle meno attendibili la tendenza è quella di aggiungere contenuto e alimentare la conversazione generando tante cascate indipendenti dove ogni utente tende ad aggiungere qualcosa. Per usare un linguaggio caro agli scienziati è come se il DNA della notizia subisse delle mutazioni.
La tecnologia non c’e dubbio che aiuterà il popolo(sano) della rete a vincere questa sfida, in quanto ci aiuterà a filtrare la disinformazione e quindi a migliorare la capacità di noi tutti di giudicare la qualità e la veridicità dei contenuti. Le probabili soluzioni basate sulla tecnologia includeranno l’adeguamento a filtri, algoritmi, applicazioni ad hoc, plug-in fino ad arrivare all’implementazione di un vero e proprio rating di fiducia. I rimedi normativi potrebbero includere la legge sulla responsabilità del software, la richiesta di identità e la separazione dei social network. Le persone si adegueranno e le cose miglioreranno.
La disinformazione in fondo è sempre stata con noi e le persone nel tempo hanno trovato il modo di ridurne l’impatto. Lo sviluppo di progetti lavorativi basati sulla condivisione di conoscenze (il crowdsourcing), consentira di realizzare sistemi e risorse per evidenziare fatti verificati e bloccare coloro che diffondono bugie e propaganda. Ma la tecnologia da sola non può vincere questa battaglia senza l’aiuto dello Stato che deve finanziare e supportare la produzione di informazioni obiettive e verificate. – I finanziamenti devono essere diretti al ripristino di una stampa etica e soprattutto che generi fiducia nel cittadino. Incentivare l’alfabetizzazione informatica deve diventare un obiettivo primario a tutti i livelli di istruzione parallelamente alla creazione di un quadro normativo rigoroso che deve viaggiare di pari passo ad un piano educativo che parta dalle scuole primarie per creare il vero antitodo alle fake news: il pensiero critico.