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FEDRA all’Anfiteatro di Alba Fucens
1 Agosto @ 21:00 – 22:30 CEST
ANFITEATRO ROMANO DI ALBA FUCENS
1 agosto 2024 – ore 21,15
In occasione dell’VIII edizione di FESTIV’ALBA
FEDRA
di Ghiannis Ritsos
spazio scenico e regia di Alessandro Machìa
con LAURA LATTUADA
e Andrea Beruatto nella parte di Ippolito
costumi Laura Giannisi
luci Giuseppe Filipponio
habitat sonoro Giorgio Bertinelli
aiuto regia Tommaso Garrè
una produzione Compagnia Zerkalo
in accordo con Arcadia & Ricono srl per gentile concessione di Ery Ritsou
In occasione dell’VIII edizione di FESTIV’ALBA, rassegna di spettacoli estivi organizzati dall’Associazione culturale Harmonia Novissima, sarà in scena giovedì 1 agosto presso l’Anfiteatro Romano di Alba Fucens, lo spettacolo FEDRA diGhiannis Ritsos, con Laura Lattuada e con Andrea Beruatto nel ruolo di Ippolito, spazio scenico e regia di Alessandro Machìa.
Scritto in esilio e terminato nel 1975, poco dopo la fine del regime dei Colonnelli, Fedra,appartenente alla raccolta denominata Quarta dimensione, è forse è uno dei testi più riusciti del grande poeta greco Ghiannis Ritsos; il più palpitante, a un tempo carnale e mistico, interpretato qui da una straordinaria Laura Lattuada.
Ritsos, attraverso il meccanismo della confessio, riflette sul desiderio come oltranza e abisso, che confina con l’estasi; ma anche sul tempo, sulla bellezza del corpo come luogodel mistero, come tempio sacro, in una prossimità di amore e morte.
Fedra parla, dice tutto, dichiara in maniera feroce il suo desiderio bruciante per il giovanee bellissimo figliastro Ippolito. Parla a un corpo che l’ascolta muto, quel corpo che sinega, si sottrae, e che per Fedra è una casa, un tempio. Ippolito, nella sua fissità daoggetto del desiderio è esposto allo sguardo, su un piedistallo, come una statua greca,offerto per essere scrutato e toccato, come un Cristo sul quale Fedra rovescia addossoparole deliranti e lucidissime, di passione cieca e di negazione. Questa liberazione dellaparola avviene in una scena obitorio, fredda, invasa da una luce bianca e fatta di pochielementi d’arredo, i cui bisturi sono proprio quelle parole che in un eccesso lirico e allostesso tempo erotico, tentano di toccare il corpo di Ippolito, di comprometterlo, di gettarlonel mondo, di umanizzarlo, smascherando come falsa la castità del ragazzo, il suo rifiutodel desiderio, “la santità della privazione”.
Ma a Fedra, inconciliabile e umanissima, di fronte all’impossibilità di conoscere quelcorpo e alla sproporzione del suo desiderio senza compimento, di fronte alla “gelida santità” di Ippolito, non resta che il suicidio e la vendetta della lettera infamante, come ultima possibilità di “toccare” l’amato.
Un minuzioso lavoro di sonorizzazione della scena, di tessitura di suoni reali della natura edi rumori come provenienti dalla psiche di Fedra, farà emergere quella quarta dimensione, quell’invisibile che abita i testi di Ritsos, dando vita a uno spettacolo polivocale, onirico e fortemente suggestivo.