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22 Novembre @ 20:30 23 Novembre @ 17:00 CET

“Papà…””Ti ascolto.” – “Un mio compagno a volte si comporta un po’ da matto.” – “Anche tu, Tommaso. Anch’io…” – “Ma lui dà di matto in classe, davanti a tutti.” – “Spiegati meglio.” – “Boh, ogni tanto si alza di scatto, si agita e fa le vocine da cartone animato!” – “Mh. E quindi?” – “Niente. Poi si calma. È quello autistico.” – “È tuo amico? Voglio dire, ci parli? Ci giochi?” – “Poco. Passa molto tempo a leggere, per i fatti suoi.” – “Meglio che stare sul cellulare, direi.” – “È un testina (molto intelligente, ndr.), sa un sacco di cose.”

 Per il compagno di Tommaso, una luce troppo forte, uno strillo (anche giocoso) o il volume delle voci in generale, un compagno che gli bussa sulla spalla, il colore di una maglietta, uno sguardo prolungato, lo spostamento di banco, di un mobile nell’aula o un compito particolarmente impegnativo (ma anche uno per lui ripetitivo se non banale…) possono rappresentare una fonte di grande stress. Disagio, tensione, malessere che il ragazzino cerca di controllare finché può, perché non vuole infastidire i compagni e apparire come “quello strano”. Disagio che vorrebbe comunicare ma non trova le parole giuste, o le trova ma non gli escono. Ed ecco che (può essere) inizia a sfarfallare (agitare le mani) e/o a fare le vocine. In realtà sta solo cercando di comunicare, a modo suo. Ma Tommaso queste cose non le sa. Lui sa solo che il suo compagno è autistico.

AUTlook è uno sguardo all’autismo che cerca lo sguardo dell’autismo. Di storie come quella che raccontiamo ce ne sono tante, tante quante sono le variabili di funzionamento di una persona con disturbo dello spettro autistico. Questa è una, ed è una storia vera. Il racconto di un figlio e di una madre che ci parla di paure e insicurezze ma anche di coraggio e determinazione, di sconfitte e frustrazioni ma anche di fiducia, determinazione e conquiste. Una storia che ci permette di conoscere questa neurodivergenza e ci offre gli strumenti per rivalutare il significato di parole come diversità e normalità. Su quest’ultima possiamo mettere il sigillo della certezza: è un concetto statistico. Sull’altra possiamo ancora lavorare. (E. S.)

“Odiavo le svolte a sinistra. Per me era semplice: svoltare a sinistra era “stupido”, svoltare a destra era “giusto”. Non so più il perché, ma a quel tempo era una mia convinzione. Ogni volta che mettevano la freccia a sinistra era come se mi stessero dicendo che ero stupido.

“Io volevo solo essere come gli altri, ma non ci riuscivo.”

Ha detto la stampa:

“Emanuele Santoro ci restituisce una versione convincente di questa storia anche nel cercare una resa vocale e gestuale che non risultasse artificiosa nel suo fraseggio spiccante e spezzato allo stesso tempo. Così come Lorella De Luca è una madre che, in retrospettiva, con la calma di una disperazione guarita può rendere la sua testimonianza piana e consolante (…)” M. C. – L’Osservatore, 22.03.25 

Hanno detto gli spettatori: 

NOTA: Commenti che il pubblico ha lasciato su un quaderno all’uscita dalla sala teatro o inviato tramite e-mail o messaggio:

“Interessante, emozionante, profondo. Bravissimi!” (Sonia)

“Un’interpretazione molto intensa. Un omaggio profondo a coloro che non riescono a comunicare le loro esigenze, la loro unicità e ai genitori che vivono questa esperienza così complessa accanto ai loro figli.” (J. A.)

“Lo spettacolo è riuscito, con sensibilità e con la tecnica teatrale, a far entrare il pubblico nel mondo dell’autismo, nelle sue sfaccettature e, soprattutto, nella sua essenza. Ringrazio l’autore perché è riuscito a rendere, in modo egregio, il complesso, complicato mondo della neurodivergenza.” (Dott.ssa Anna Saito – Psichiatra e psicoterapeuta)

“Uno spettacolo davvero bello ed emozionante, un attore bravissimo.  Ci sono tante parole per definire il tutto.” (P.L.) 

“Da ex insegnante, uno spettacolo di grande valore che ogni scuola dovrebbe proporre a suoi allievi!” (G. P.)

“Emanuele bravissimo e pure Lorella. Grazie per la bella esperienza, è storia che tocca tutti. Tutti ma proprio tutti hanno un percorso di adattamento che risuona. Insomma, bello, sono felice di esserci stata.”  (E. G.)

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