Ci sono opere, che siano film, libri, quadri o musica, che ci emozionano, toccano più di altre la nostra sensibilità, arrivano più vicine.
Quando questo capita è inevitabile pensare all’artista che quell’opera l’ha creata, al vissuto che può averla ispirata e a quali tratti l’hanno reso capace di smuovere i nostri sentimenti.
Siamo curiosi di incontrare la persona, anche se di questi tempi, incontrare vuol dire parlare al telefono.
È proprio questo desiderio, questa curiosità di conoscere l’autore del corto “Dove vai”, la molla che mi ha portata la sera del Venerdì Santo a intervistare Eugenio Forconi, giovane regista che di quel corto è l’autore.
Una mezz’ora di chiacchierata per cercare di conoscerlo un po’ meglio e alla fine della quale il suo corto mi piaceva ancora di più, mi sembrava di averne scoperto una lettura più profonda.
Ecco un resoconto di questa preziosa conversazione, che ha subito perso la formalità dell’intervista; un racconto di quello che ho compreso di lui e del suo corto.
Eugenio Forconi è un giovane (29 anni) con tanto entusiasmo e tanto lavoro già al suo attivo.
“Mi sono trasferito a Roma quando avevo 19 anni per studiare cinema. Mi sono diplomato in un’accademia (ndr prima a Cinecittà e poi al Dams) e poi ho cominciato a lavorare come film maker e come regista indipendente.
Ho realizzato diversi cortometraggi, diversi video musicali e poi ho cercato di radunare tutte le forze possibili, sia dal punto di vista professionale che economico, e di riunire una squadra di vecchi compagni d’accademia per poter creare qualcosa che avesse tutti i crismi possibili per quanto riguarda la messa in scena”
“Dove vai” è un’opera che può essere letta su diversi piani, non c’è un tema solo così come non esiste una sola strada per diventare adulti. Il giovanissimo protagonista fatica ad accettare una paternità per la quale non è pronto.
“Quando si crea un film ognuno legge delle cose che magari non sono neanche state pensate dall’autore. La soggettività è la chiave principale della creazione artistica. Quindi ci sono persone che colgono alcune tematiche a cui magari neanche l’artista ha pensato.
Io sono un motociclista, la campagna toscana, essendo la mia terra, conserva tantissime emozioni, perché io nel corso della mia vita ho depositato lì, attraverso i miei piccoli viaggi, una serie di sensazioni che a volte sono anche contrastanti tra loro.
È come se avessi cercato di dare vita a una parte di quelle emozioni che le Crete senesi mi hanno sempre suscitato. Quando mi trovo davanti alla campagna toscana ho una sensazione particolare che non sono mai riuscito a capire cosa sia, cerco da sempre di trovare la sua origine.
Ho pensato che questa sensazione fosse la mia musica e che quindi potesse essere una guida per la mia poetica”.
In effetti i lunghi giri in moto del ragazzo protagonista fanno parte del percorso di accettazione di una nuova vita, della responsabilità e della consapevolezza.
“Ho cercato di raccontare il paesaggio toscano, perché penso che abbia questa doppia faccia, è la natura stessa che ce l’ha. Da una parte c’è la bellezza del momento, della rinascita costante, e dall’altra un profondo senso di vuoto, di angoscia e di terribile paura per questa eterna impermanenza. E quindi ho cercato di prendere questo aspetto della natura che volevo analizzare, e l’ho trasportato su un essere umano che si trova di fronte alla sconfinata bellezza della natura ma anche davanti all’ impossibilità di catturarla appieno.
La vita trionfa sempre e non avere la possibilità di contrastare l’arrivo imminente di un bambino, appunto la rinascita, ci riporta all’eterna rigenarazione della vita, dell’essere umano in questo caso, ma più universalmente della natura.
Per esorcizzare queste responsabilità, alle quali il personaggio non riesce a fare fronte perché sono una sua grande paura, compie questi lunghi viaggi in moto nella campagna, dove incontra personaggi che sono al limite tra la realtà e il sogno e lo aiutano a maturare l’idea di diventare padre.
Il corto non parla della nascita di un bambino ma parla della nascita di un genitore e prende il punto di vista di un ragazzo, che non è ancora uomo, anzi è forse più bambino che uomo.
Quando nasce il bambino lui non è ancora diventato un uomo ma è diventato padre”.
La natura pervade tutto il corto, riempie gli occhi dello spettatore, lo fa viaggiare e sognare. Forse è proprio la natura la protagonista?
“Sì, l’inarrestabilità della vita, non la puoi contrastare. È come quando viaggi in autostrada e vedi sul guardrail che crescono le piante. La vita è più forte, la natura trionfa. Il corto gira tutto intorno a questo.”
Mi sembra che ci siano diversi temi e diversi piani di lettura in “Dove vai”.
“Certo, per quanto riguarda la figura del ragazzo, lui ha una grande paura di diventare padre, perché ha paura di diventare come suo padre o comunque di concludere la sua vita prima ancora di cominciarla.
Per me era importante raccontare una sensazione più che una storia. Le storie sono un espediente narrativo per raccontare le emozioni”.
Studiando altre interviste di Eugenio Forconi mi ero segnata una frase che mi aveva colpito molto e che ritrovo negli appunti: definire limita.
“Definire limita è anche la long line del corto, una volta che tu ti trovi davanti le tue paure più grandi magari ti rendi conto che non lo sono affatto.
Definire limita ha in effetti due significati: parlare di una paura, di un problema, lo definisce e quindi lo limita, ne diminuisce la potenza.
Ma può significare anche che ci sono delle cose talmente grandi che cercare una definizione le limita. L’essere umano ha sempre avuto la necessità di definire per limitare e limitare per definire, per cercare di capire dove sta andando. A me piace pensare che ci siano alcune cose a cui puoi attaccare un significato, un vocabolo, ma non saranno mai esattamente definite dalle parole che usi, dal modo in cui tu ne parli”.
È proprio in questo indefinito, in questo cercare una descrizione per le sensazioni che proviamo che si trova il punto di incontro tra un artista e il suo pubblico. È quel non detto che deve passare nell’opera d’arte ed emozionare
“La natura è talmente grande che si manifesta a ciascuno nel modo in cui la vede, in base alle domande che le facciamo lei si mostra a noi. Mi piace pensare che questo ragazzo si sia fatto delle domande diverse rispetto a quelle che le altre persone si fanno e quindi riesce a vedere altre cose”.
Dopo i premi già vinti (ndr Best Istambul Film Festival e Mototematica Rome Motocycle Film Festival), quale sarà la vita di questo corto?
Con Cattive Distribuzioni, abbiamo una strategia di distribuzione di un anno e quindi andremo ancora in giro per altri festival. Mi piacerebbe poi riuscire a organizzare una serata al cinema per mostrare il corto nel modo in cui è stato concepito. E poi immagino che un giorno questo corto tornerà a casa a riposarsi.”
È tardi, l’ho tenuto al telefono più di quanto avrei dovuto, la chiacchierata si è piacevolmente allungata. Eugenio Forconi è pieno di progetti e di temi da trattare nei prossimi lavori.
Sono sicura che sentiremo ancora parlare di lui perché ha molto da dire e da esprimere, metto quindi da parte le domande che non ho fatto per le prossime interviste.