In occasione del “Giorno del ricordo”un’intensa narrazione per immagini che rievoca il dolore, la perdita e la disumanità di quegli eventi, invitando a una riflessione attuale sul tema dell’accoglienza.
Il complesso di Vicolo Valdina della Camera dei deputati ha appena ospitato la mostra Esodo – Per non dimenticare dell’artista piacentino Paolo Tredich.
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Questo evento vuole celebrare il “Giorno del ricordo”, istituito nel 2004, in memoria delle vittime delle foibe e dell’esodo giuliano-dalmata. Il 10 febbraio è il giorno dedicato a ricordare le vittime degli eventi accaduti nell’autunno del 1943 e nella primavera del 1945. Nel territorio che comprendeva Dalmazia, Istria fino a Trieste, verso la fine della Seconda guerra mondiale l’esercito partigiano iugoslavo avanzando causò la morte e l’espatrio dei civili italiani. Questo fenomeno ebbe come conseguenza migliaia di vittime gettate nelle cavità carsiche, tipiche della Venezia Giulia, e l’esodo, che durò molti anni della popolazione italiana.
Paolo Tredich nasce a piacenza nel 1960, la sua produzione risale alla memoria dell’evento che ha cambiato la storia della sua famiglia e di moltissime altre. Cresciuto con un padre fiumano e una madre piacentina, l’artista ha vissuto la tragedia dell’esodo attraverso le parole di suo padre e degli zii. Grazie ad una assidua documentazione e alle testimonianze della propria famiglia, tra il 2023 e il 2024 Tredich riesce a dedicarsi appieno ad un tema che sentiva di voler rappresentare da anni.
Attraverso uno sguardo contemporaneo rivolto al passato, Tredich propone una narrazione che intreccia storia, emozioni e forza espressiva. Le sue opere sono ambientate in uno spazio quasi metafisico, a sottolineare l’atemporalità della testimonianza del dolore di chi ha vissuto una simile tragedia. Gli sfondi piatti e rarefatti, creando un ambiente distante e impersonale, mettono in risalto la drammaticità della storia raccontata dai personaggi. L’artista raffigura i momenti più significativi e strazianti di quegli anni, con opere che traggono ispirazione da immagini di repertorio e archivi storici, costruendo un immaginario visivo che vuole ridare importanza e significato alle testimonianze orali, scritte e fotografiche.
I volti degli esuli sono ritratti con una particolare attenzione alle luci e alla modellazione delle espressioni, per accentuare il trauma della sofferenza e dell’abbandono. Ciò che colpisce è l’assenza di uno sguardo: gli occhi sembrano confondersi con la pelle, quasi a suggerire l’impossibilità di guardare davanti a sé, al proprio presente. La perdita delle proprie case e delle proprie famiglie sembra aver privato queste persone della capacità di credere in un presente e in un futuro. L’assenza di uno sguardo priva queste persone di una identità, sottolineando non solo la disumanità di ciò che è successo, ma anche il rimanere nell’ombra di questa realtà storica.
Un altro aspetto ha invece il volto del testimone delle foibe ritratto nell’opera Profugo, tratto dal documentario “Altrove. Viaggi di un’anima – Progetto Perle del Ricordo”. In quest’opera ogni aspetto del viso è sapientemente enfatizzato con una tecnica quasi iperrealista, e lo sguardo, pieno di dolori e ricordi, è ripreso nei minimi dettagli. Nei ritratti, a rendere ancora più drammatica la storia degli esuli è lo sfondo realizzato a spatola con soli toni scuri, quasi a indicare l’oscurità degli eventi che hanno segnato il loro passato.
Distaccandosi dalla ripresa di immagini storiche di repertorio, troviamo nell’esposizione anche opere di soggetto metafisico, dove l’attenzione si concentra sul simbolismo di alcuni soggetti, come le mani. In Foibe – legami e Foibe – è finita, Tredich mostra tutta la potenza simbolica delle mani, che si fanno il più importante veicolo per evocare i sentimenti contrastanti di gioia e disperazione.
Il rapporto stridente tra il dolore rappresentato e la bellezza estetica della rappresentazione trova nei volti segnati dalla tragedia passata e presente, senza identità, un senso: quello del ricordo e della memoria di una sofferenza universale e collettiva. Questa mostra acquisisce una potenza espressiva ancora maggiore, non solo in virtù del giorno che intende celebrare, ma anche in relazione al periodo storico che stiamo vivendo. Il tema dell’accoglienza e del rifiuto di persone costrette ad abbandonare la propria casa si presenta ogni giorno. L’importanza di giorni istituiti a ricordo di eventi dolorosi della storia è quella di fungere da monito e insegnamento nel presente. Come l’artista è riuscito a guardare al di là della propria esperienza personale e a donare una rappresentazione contemporanea alle vittime delle foibe, il pubblico può essere in grado di ampliare il proprio sguardo oltre i confini per comprendere la sofferenza di chi è stato costretto ad abbandonare la propria casa.
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Lasciandosi ispirare dalle atmosfere di Friedrich e dall’uso della luce di Caravaggio, Tredich è testimone della potenza dell’arte, capace di viaggiare attraverso il tempo e la memoria per trasmettere un sentimento universale.
Foto di copertina: Legami, 2024, olio su tela, 80×100 cm