Enrico IV: Enrico il quarto!

In scena lo scorso 12 dicembre al Teatro Satiro Off di Verona la rivisitazione di Andrea de Manincor del grande classico pirandelliano.

Sono o non sono pazzo?”  questa è una delle domande che Enrico IV, damma di Luigi Pirandello sembra volerti costantemente porre, in una trama dove il confine tra pazzo e colui che è definito comunemente “sano” non è mai stato così impercettibile. In questo monologo in atto unico, Andrea de Manincor  riprende la trama del dramma di origine aggiungendo un importante passato del suo protagonista,  Enrico IV, qui Enrico il quarto…

Andrea de Manincor

La trama pirandelliana è la storia di un nobile del Novecento di cui non si conosce nome; il gentiluomo organizza una cavalcata in costume d’epoca dove veste i panni di Enrico IV, imperatore germanico del II secolo. Al ritrovo partecipa anche Matilde di Spina, donna di cui il gentiluomo è innamorato che per l’occasione veste i panni di Matilde di Canossa. Durante la cavalcata, il barone Tito Belcredi, geloso della coppia punge il cavallo del nobile facendolo cadere. In seguito alla caduta, avendo battuto la testa, l’uomo crede di essere l’Enrico IV che stava interpretando; tale  follia  prosegue negli anni, assecondata da amici e  il nipote di Nolli che crea una finta corte di attori pronti a servirlo. Quando dodici anni dopo Enrico guarisce, decide di continuare la propria farsa per proteggersi da una realtà diventata per lui insostenibile.

Anni dopo Matilde di Spina con Tito Belcredi e la loro figlia Frida si recano con di Nolli e uno psichiatra a far visita ad  Enrico con l’obiettivo di farlo guarire seguendo i consigli del medico. A  recitare i panni del personaggio di Matilde di Canossa questa volta Frida, del tutto assomigliante alla madre da ragazza. Enrico, dopo aver confessato ai presenti la propria finizione, ha uno slancio di affetto verso la giovane, gesto fermato da Belcredi che Enrico uccide con la spada. Dopo tale atto il protagonista ritorna a vestire i panni di Enrico IV  e della propria follia, sua ormai condanna e condizione definitiva.

Andrea de Manincor tiene fede alla trama del  dramma originale e ai celebri monologhi pirandelliani, pur concentrandosi sul concetto di finizione e manipolazione della realtà da parte del protagonista; una finizione necessaria per far fuggire l’uomo dalla crudeltà della vita.

In Enrico IV tutti fingono, il protagonista la fa con la pazzia, gli altri interpretando i diversi personaggi storici, gli stessi attori della “reggia”  fingono per mestiere. La differenza sta tutta nella consapevolezza che Enrico ha rispetto la propria recita, una messa in scena di cui è pienamente cosciente e che lo rende spettatore degli altri, considerati a tutti gli effetti sani ma in realtà ingarbugliati nella propria vita, nei propri ruoli, nelle maschere che indossano ogni giorno.

Perché trovarsi davanti ad un pazzo sapete che significa? trovarsi davanti ad uno che vi scrolla dalle fondamenta tutto quanto avete costruito in voi, attorno a voi, la logica, la logica di tutte le vostre costruzioni!” questo afferma Enrico IV, mostrando loro la realtà più spaventosa di tutte. L’Enrico di Enrico IV decide di rimanere nella propria recita obbligando anche gli altri a mascherarsi, mettendone in luce la finzione di cui sono quotidianamente prigionieri.

 Tutti siamo obbligati a fingere nella vita quotidiana, una realtà dove siamo burattini all’interno di un teatro, quello della vita, in cui le convezioni sociali dominano l’esistenza. E sarà proprio dai burattini che avrà inizio il racconto originale di de Manincor, burattini magistralmente diretti dal attore e drammaturgo e ciascuno impersonante tre Enrichi diversi: Enrico I, Enrico II, Enrico III e  il nostro Enrico, in questo caso il quarto,  quarto agli altri per una vita.

Gli altri Enrico diventano parte della stessa trama e con essa si fondono insieme al tema predominante di finzione e pazzia dove ciascuno di loro veste perfettamente i panni dei personaggi del dramma originario. Rimpianto, solitudine e fragilità restano elementi fondanti di questo spettacolo che coerentemente si intersecano a tutte le emozioni che scaturiscono dal dramma di origine. Di Enrico il quarto viviamo il dolore per una sorte in parte non decisa da lui e la voglia per un riscatto che non avverrà mai.

L’attore compare più volte di schiena al pubblico, atteggiamento voluto quasi ad evocare la finzione adottata dal protagonista per separarsi dal mondo, una realtà che vuole evitare con tutto se stesso.  La rottura della quarta parete avviene e risulta coerente al tema che si affronta.

La scenografia e semplice e di impatto, costituita da tre indumenti appesi: un abito nobile, un saio e un camice. Questa risulta originale ed estremamente funzionale alla messa in scena, consentendo all’attore di poter giocare con i diversi abiti e il loro ondeggiare nello spazio, movimenti vivi e di richiamo agli stessi personaggi della trama.

Gli oggetti di scena, risultano efficaci, tutto ha perfettamente senso per la scena e tutto ha da dire alla scena. Ecco che una scopa diviene un nobile destriero su cui il nostro Enrico cavalca e che una scatola di cartone è sede di un burattino e poi personaggio della storia.

In una società come quella odierna dove apparenza, ruoli e finizione predominano, Enrico IV ritorna sempre evocativo con la sua pazzia nata per affrontare un presente che non gli appartiene più. Torna con la sua voglia di distinguersi, urlare a tutti che è pazzo e diverso, di non voler adattarsi a ruoli ed immagini precostituite.

Oggi dove l’immagine e quello che pensano di noi è tutto; dove i social prendono sempre più il sopravvento per la definizione di quello che si vuole apparentemente essere il personaggio di Enrico IV o meglio Enrico il quarto ci fa paura e tenerezza, ricordando che la strada di autenticità è spesso costituita da solitudine e coraggio.

Andrea de Manincor

Un risveglio di autenticità, di voglia di vero che Andrea de Manincor mette in scena con coraggio, perché togliere la maschera richiede questo.

Enrico IV. Da Luigi Pirandello. Riadattamento di Andrea de Manincor. Con Andrea de Manincor. Audio e luci di Serafino Gubbio; elementi scenici di Studio Puskas. Una produzione di Enrico Carretta con il sostegno di istituto italiano di cultura, università di Fiume e università di Zagabria.

Foto e immagine copertina di Casa Shakespeare ed Enrico Carretta.