Daria Deflorian porta in scena una pièce che trae nutrimento dall’opera di Han Kang, esplorando la lotta per una narrazione autentica e lacerante in un mondo infocratico.
Nella raccolta Elogio della vita al rovescio di Karl Kraus, il racconto omonimo che dà il titolo all’intera opera — una raccolta di osservazioni, articoli e riflessioni diaristiche — descrive una vita vissuta in opposizione ai ritmi convenzionali. Con questo scritto, Kraus si pone contro quella mancanza di narrazione che attanaglia sempre più la nostra società, immersa in una dimensione “infocratica” dove gli individui sono continuamente rincorsi da notizie, indeboliti nel loro io e nella loro sfera spirituale. Questa riflessione era già stata esplorata da Walter Benjamin e si conferma oggi ancora più attuale degli anni in cui lui osservava questo allontanamento dalla narrazione.
Il racconto caustico di Kraus cerca di allontanarsi dalla superficialità di una vita saturata di informazioni e distrazioni. Da questo fervente notturno dello scrittore tedesco Daria Deflorian ha tratto ispirazione per intitolare la sua pièce dedicata alla premio Nobel Han Kang. Elogio della vita al rovescio, questo il titolo dello spettacolo, è stato messo in scena alla Fondazione Merz il 20 e il 21 ottobre, nell’ambito della ventinovesima edizione del Festival delle Colline Torinesi.
In scena, diretta da Deflorian, troviamo Giulia Scotti, una giovane attrice che ha saputo tracciare, con la sua recitazione delicata e attenta, un intenso intreccio tra se stessa e Han Kang. Deflorian ha scelto il titolo Elogio della vita al rovescio ispirandosi a un’intuizione nata osservando il libro di Kraus sulla scrivania del marito. Il punto di vista rovesciato di Kraus, infatti, l’ha portata a riflettere su come, nella frenesia della vita quotidiana, si perda il contatto con la percezione autentica del mondo che ci circonda. Un tema, questo, che ritorna anche nelle opere di Han Kang, dove l’attenzione alla dimensione intima, ma contemporaneamente universale, della vita è trasmessa attraverso dettagli sottili, come alcune piante bioindicatrici che crescono agli angoli delle strade che giornalmente e in maniera distratta percorriamo o il piacere di pedalare sotto i platani, mentre l’aria autunnale che smuove le foglie ingiallite sfiora le gote.
Per scrivere la pièce, la regista si è ispirata a tre opere principali di Han Kang: La vegetariana, Atti umani e White Book (quest’ultima ancora non pubblicata in Italia ma facilmente reperibile nella sua pubblicazione in inglese). Queste esplorano il rapporto con la natura, il ciclo della vita e dunque anche la morte, temi che la scrittrice declina in un dialogo interiore, anche con la sorella mai conosciuta, poiché morta alla nascita. Giulia Scotti dà voce in scena al rapporto viscerale che Han Kang intreccia con la scrittura, un atto carnale, quasi fisiologico, che riflette la lotta per esprimere se stessa e il mondo che percepisce.
Interessante è qui richiamare alcune delle riflessioni di Martin Heidegger, secondo cui la scrittura è l’unico elemento capace di avvicinarsi all’essenza del pensiero, perché rende il corpo lingua. In Han Kang, come in Elogio della vita al rovescio, la parola si fa corpo, il verbo si incarna, trasudando fisicamente nel polso dolorante dell’autrice che scrive La vegetariana parola dopo parola, dall’inizio alla fine, con carta e penna. Un romanzo in cui la scrittura non è solo un segno grafico, ma l’espressione tangibile del legame viscerale con il significato profondo delle parole.
La pièce, nella sua esecuzione, offre un continuo entrare e uscire per noi spettatori, chiamati a rapportarci con l’attrice in scena, con la regista e, soprattutto, con la scrittrice. Davanti agli occhi del pubblico si svolge un atto creativo lento e faticoso che esplora la relazione con la natura, con i dolori della scrittrice, legati alla sua storia personale e a quella Storia con la S maiuscola che è un elemento appartenente alla collettività ed entro cui agisce la memoria. In Atti umani, per l’appunto, Han Kang rappresenta la brutalità della violenza repressiva, un’ombra che si riflette anche in La vegetariana e nelle delicate immagini innevate di White Book, tutti fantasmi la cui presenze tracimano anche nella scrittura scenica fatta da Deflorian.
In Elogio della vita al rovescio, questa riflessione sulla storia e sulle sue ferite diventa un terreno fertile di incontro tra grandi autori come Han Kang, Karl Kraus e il nostro presente. Come Adorno osserva, solo l’arte può rispondere alle esigenze del mondo moderno, spesso ossessionato dall’identità del singolo e dalla sua esclusività. Han Kang, con La vegetariana, White Book, Atti umani, ma anche con Convalescenza, rende visibile il visibile, per citare Giorgio Agamben, proprio come Kraus con il suo lungimirante racconto dalla vita rovesciata. Deflorian, nella sua delicata direzione di Elogio della vita al rovescio, ci offre un momento di commozione e riflessione sulla vita e sulla storia, dove gli eventi si rivelano come l’ampliamento delle passioni intime e personali di ciascuno di noi, illuminati dalle parole fulgide di Han Kang.
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Elogio della vita al rovescio – Un progetto di Daria Deflorian; condiviso con Giulia Scotti; liberamente ispirato all’opera di Han Kang; con Giulia Scotti; collaborazione alla drammaturgia Andrea Pizzalis; aiuto regia Chiara Boitani; disegno luci Giulia Pastore; disegno del suono Emanuele Pontecorvo; direzione tecnica Alessio Troya; regia Daria Deflorian; per INDEX Valentina Bertolino, Francesco Di Stefano, Silvia Parlani; una produzione INDEX; comunicazione Francesco Di Stefano; in collaborazione con A.D., TeatroBasilica, Lottounico, Carrozzerie | n.o.t; con il supporto di MiC – Ministero della Cultura; un ringraziamento a Silvia Rampelli e Attilio Scarpellini; illustrazioni Giulia Scotti; Fotografie @Andrea Pizzalis – Fondazione Merz il 20 e il 21 ottobre