L’intervista impossibile alla diva dagli occhi viola, un’innovatrice nel creare se stessa e una filantropa e attivista instancabile
Cornice di capelli a coppa di champagne, prevalentemente scuri che incastonavano i suoi famosi occhi con colori che variavano secondo la fonte di luce che li illuminavano, dal blu marino al viola; guardiani di un viso elegante, sensuale e perfetto che sembrava di porcellana, arricchito da un corpo minuto ed elegante e una bocca ispiratrice di sogni proibiti!
Considerata l’ultima grande diva dell’epoca d’oro di Hollywood per la sua bellezza e le sue doti recitative, regina di un cinema che con i suoi film, conquistava il mondo, lei era Dame Elizabeth Rosemond Taylor, nota come Elizabeth Taylor, la diva dagli occhi viola che ha rappresentato uno dei pochissimi casi in cui una bambina prodigio si è trasformata in attrice di fama mondiale.
Nata a Londra il 27 febbraio del 1932, lanciata dalla Mgm con Torna a casa Lassie e Piccole donne a soli nove anni, i genitori, rifiutarono di farle interpretare il ruolo di Diletta in Via col vento.
Nel 1944 la Fox riuscì a sfilarla alla Mgm per farle interpretare Gran premio diretta da Clarence Brown al fianco di Mickey Rooney, ma durante le riprese cadde da cavallo con conseguenti problemi alla spina dorsale che non le impedirono di esplodere come fuochi d’artificio una carriera cinematografica da record!
Tre nomination agli Oscar con film come L’albero della vita di Edward Dmytryk al fianco dell’idolo delle teen-ager Montgomery Clift, nel 1958 La gatta sul tetto che scotta di Richard Brooks accanto a Paul Newman al quale seguirono Improvvisamente l’estate scorsa di Joseph L. Mankiewicz interpretato ancora al fianco ancora di Clift, uno dei divi più tormentati della sua generazione insieme a James Dean, film che fu adattato da Gore Vidal dall’omonima pièce di Tennessee Williams.
Tre premi Oscar: nel 1961 come attrice protagonista per Venere in visone diretta da Daniel Mann, che le fu consegnato da Yul Brynner, nel 1967 per Chi ha paura di Virginia Wolf con la regia di Mike Nichols e nel 1993 l’ambita statuetta arrivò per il suo impegno sociale a favore della ricerca per la lotta contro l’Aids.
Il suo primo grande successo da adulta fu nel 1950 nel film Il padre della sposa, diretta da Vincente Minnelli accanto a Spencer Tracy, preceduto nel 1949 dal trionfo al box office di Un posto al sole di George Stevens ancora una volta accanto al suo amico Montgomery. Poi, nel 1952 diretta dal re dei musical Stanley Donan, interpretò al fianco di Gene Kelly, Marito per forza e nel 1954 grazie anche al forfait della divina Vivien Leigh, diretta da William Dieterle La pista degli elefanti insieme a Peter Finch. Nello stesso anno Charles Vidor la diresse in Rapsodia accanto a un giovanissimo Vittorio Gassman che tentava in quegli anni di farsi notare a Hollywood.
Nel 1956, scritturata direttamente da Jack Warner, interpretò Il gigante al fianco di Rock Hudson e a un lanciatissimo James Dean che poco prima del termine delle riprese morì in un terribile incidente stradale a bordo della sua Porche Carrera. Quel ruolo la Taylor lo soffiò a Grace Kelly e durante quelle riprese girate nelle praterie del Texas fra mandrie e pozzi petroliferi, restarono indimenticabili tra gli addetti ai lavori le sbronze fino all’alba di Liz con il suo grande amico Rock Hudson.
Nel 1960 contrasse una forma di polmonite piuttosto fastidiosa al quale seguì un periodo di convalescenza. Nel 1963 fu scritturata dalla Fox per interpretare al fianco di Richard Burton Cleopatra, girato quasi interamente a Roma negli studi di Cinecittà, un film colossal bollato come “maledetto” per via soprattutto dei costi esorbitanti che portarono il film fuori budget e per le innumerevoli traversie sentimentali che esplosero sul set fra Liz e Burton che si innamorarono durante le riprese del film diretto da Joseph L. Mankiewic, che sostituì il dimissionario Rouben Hamoulian, creando alla stessa Fox non pochi problemi comprese le defezioni di Peter Finch e Stephen Boyd perché impegnati su altri set.
La relazione con Burton coronò nell’ennesimo matrimonio di Liz, con il quale girò Dottor Faust e la scogliera dei desideri nel 1968 diretto da Joseph Losey
Nel 1967 Liz accettò di interpretare al fianco di Marlon Brando Riflessi in un occhio d’oro, diretta da John Huston, poi nel 1974 tornò a girare in Italia con Giuseppe Patroni Griffi un thriller dal titolo Identikit e poi con la Mgm, la divertente commedia musicale C’era una volta Hollywood diretta da Jack Haley jr. interpretato al fianco di due icone come Liza Minnelli e Frank Sinatra. Subito dopo nel 1976 prodotto dalla Fox per la regia di George Cukor fu la volta de Il giardino della felicità al fianco di Jane Fonda ed Ava Gardner fino al 1988 quando dopo una serie di fastidiosi interventi chirurgici, Franco Zeffirelli la convinse ad interpretare Il giovane Toscanini.
Il suo ultimo film Elizabeth Taylor lo interpretò nel 1994 al fianco di John Goodman e Rick Moranis nei I Flintstones di Brian Levant dove ricoprì il ruolo di Pearl Slaghoople, la madre impicciona di Wilma che interpretò in modo energico e vivace.
La rivista Life le ha dedicato un libro con tutte le copertine realizzate nel corso degli anni e il su volto è stato immortalato dai fotografi più prestigiosi del mondo considerando che People le ha dedicato ben 14 copertine, seconda soltanto alla principessa Diana Spencer. La sua vita straordinaria come attrice e come donna con i suoi otto matrimoni è stata raccontata anche attraverso la preziosa collezione dei suoi favolosi gioielli messi all’asta da Christensen a New York, tanto da essere definita dai media “una biografia tempestata di diamanti”.
Quante sono le giovani donne che oggi possono dire di ricevere un set di rubini solo per aver fatto qualcosa di sano come nuotare in piscina? O magari, vincono un anello di diamanti a ping pong con il marito? A lei, a Elizabeth Taylor è successo anche questo e solo per la cronaca faccio notare che i rubini grossi come noci targati Cartier erano quelli che gli aveva donato il marito Mike Todd, famoso produttore cinematografico perito poi in un drammatico incidente aereo; mentre l’anello di diamanti grande come una scatola di cerini fu acquistato da Richard Burton in una famosa gioielleria di Gstaad mentre erano in vacanza in Svizzera e quel diamante fu ribattezzato Taylor Burton. Della preziosa collezione fanno parte anche la “tiara di diamanti” indossata nel 1957 per il gala degli Oscar, il Krupp Diamond e il Taj Mahal, regali preziosi del suo terzo marito il cantante attore Eddy Fischer.
Ogni lotto venduto da Christensen è servito da cronologia dei film girati, dei matrimoni celebrati, dei ruoli conquistati e forse anche degli amori perduti. In fondo i suoi gioielli hanno riflesso la sua forza e anche la sua bellezza e poco prima della sua scomparsa in una breve intervista al New York Times disse che non aveva mai pensato ai suoi gioielli come dei trofei e infatti alla fine il ricavato di quell’asta finì in beneficenza per incentivare la ricerca contro l’Aids e quando Liz morì nel 2011 i suoi gioielli, i suoi vestiti, le sue foto, i suoi film e i suoi amori, rientrano a pieno titolo nella storia del cinema al pari dei suoi otto mariti.
«Il tempo vola! Si purtroppo in classe economica», diceva Woody Allen tramite il suo alter ego in Un giorno di pioggia a New York, ma non certamente per la bella Liz. Anche se per gli attori si moltiplica nelle continue occasioni di cambiare: film dopo film, storie dopo storie, avventure dopo avventure, personalità, abiti da gran sera, epoche, cieli azzurri, tempestosi sorrisi e schiaffi come quelli che Paul Newman le stampò sul viso di porcellana nel film La gatta sul tetto che scotta. Si, ha proprio ragione Woody Allen, il tempo vola, ma non per lei la diva per eccellenza.
Nel 1999 l’America Film Institute l’ha inserita al 7° posto fra le grandi star della storia del cinema e al recente festival del cinema di Cannes è stato presentato un docufilm dal titolo Liz Taylor. The lost tapes, che la regista e storica francese Nanette Burstein ha dedicato proprio alla grande diva americana. «Ho fatto degli errori nella mia vita (dice nel film), l’impressione forse era che non avessi pagato abbastanza il mio successo».
In questo documentario la regista ha avuto la possibilità di avere accesso agli archivi della Taylor custoditi dagli eredi dopo la scomparsa dell’attrice, possibilità negata a tanti. Il film è indubbiamente uno sguardo inedito sulla sia sulla vita privata che su quella pubblica della Taylor, sui suoi otto matrimoni, sui chiacchierati rapporti con gli uomini che hanno segnato la sua vita, dagli amici omosessuali nascosti da Hollywood come Montgomery Clift e Rock Hudson alle passioni con Richard Burton, forse l’uomo che fuori dal set l’ha amata di più.
L’ultima volta che l’ho incontrata fu al festival al Festival di Taormina del 1966 quando ricevette sul palcoscenico dell’antico Teatro Greco il David di Donatello come migliore protagonista per il film Chi ha paura di Virginia Wolf accompagnata dal marito Richard Burton. Ancora oggi gli abitanti della mia generazione, fra le foto ricordo che campeggiano nei ristoranti e nei bar raccontano ai giovani di quell’indimenticabile soggiorno profumato dall’avvolgente fragranza dalla zagara di Sicilia, dei litigi, delle colossali bevute e delle passeggiate notturne sul corso Umberto nell’antico borgo mano nella mano, con la gente che li spiava dalle persiane delle abitazioni. Così come il ricordo di quell’esclusivo concerto in loro onore nei saloni del San Domenico dove non furono invitati né giornalisti né fotografi e dove quella sera i pochi selezionati invitati (ma anche fortunati) furono testimoni divertiti durante e dopo il concerto delle occhiate furtive che il bel Richard lanciava di nascosto a una avvenente “svedesina” seduta fra il pubblico. Sguardi che non passarono di certo inosservati neanche alla bella Liz dagli occhi viola che alla fine del concerto si avvicinò al primo violino per complimentarsi contemporaneamente alla bella e incauta svedesina che non smetteva di guardare Burton. Conoscendo il temperamento della diva la sua reazione fu quella di strappare dalle mani del maestro il prezioso violino sfasciandolo letteralmente in testa al marito. Un episodio che fece scalpore ma non fu immortalato né dai fotografi, né riportato dalla stampa. Calmate le acque i due si fecero fotografare abbracciati sulla spettacolare terrazza dell’Hotel Timeo e la mattina dopo Burt con Liz provvidero a rimborsare il costo del violino, recandosi subito dopo mano nella mano nel vicino paesino di Castel Mola a gustare il famoso vino alla mandorla locale, conosciuto anche per i suoi suppellettili erotici, consigliato dagli amici Burt Lancaster e Charlton Heston.
E così la mia intervista impossibile con Liz Taylor me la sono immaginata con amore e fantasia proprio a Taormina su quella splendida terrazza del Grand Hotel Timeo Belmond inondata di luce affacciata sul mare con l’Etna in sottofondo e lei come la prima volta appoggiata alla ringhiera sorridente ed elegante in tailleur di cotone bianco come la neve con l’ amato rossetto coloro ciliegia a marcare le sue labbra.
Che valore ha avuto nella sua vita signora Liz, il successo?
Il successo? il successo per me è stato un eccellente deodorante.
Lei ha battuto tutti i record non solo con i suoi film ma anche con i suoi otto matrimoni a Hollywood la chiamavano la moglie seriale a 18 anni il primo si con l’erede degli Hilton Conrad jr poi con l’attore inglese Michael Wilding più grande di 27 anni che l’ha resa madre di Michael jr. e Cristopher poi il cantante Eddie Fischer poi il matrimonio con il produttore Mike Todd padre di sua figlia Elizabeth Frances, poi Burton, poi con il politico repubblicano John Warner e infine il carpentiere Larry Fortensky di venti anni più giovane. Ma come ha fatto a sposarsi otto volte?
Vede mia madre mi diceva sempre che alla mia nascita ho aperto gli occhi solo all’ottavo giorno e la prima cosa che ho visto è stata una fede nuziale. Mi sono sposata otto volte perché la mia moralità mi impedisce di avere delle avventure, insomma ho dormito solo con gli uomini che mi piacevano e che ho sposato. Quante donne le chiedo possono fare un’affermazione del genere?
La scomparsa del suo grande amico Rock Hudson vittima dell’Aids è stata la ragione del suo impegno anche finanziario per favorire la ricerca e la lotta contro un flagello che ha segnato un’epoca.
É una cosa veramente triste che la gente muoia di Aids. All’inizio di questa tragedia credo che il presidente Bush non fece abbastanza per combattere questo flagello, nessuno dovrebbe morire per l’ignoranza e le persone malate di Aids sono ancora stigmatizzate come ha detto anche il mio amico Elton John quando ho fondato l’Amfar dopo la scomparsa di Rock Hudson, che nella Hollywood ipocrita ha dovuto nascondere la sua omosessualità. I contagi che crescevano in tutto il mondo mi hanno spinta a fare qualcosa, bisognava incentivare con forti capitali la ricerca, aiutare l’impossibile e allora mi sono messa in contatto con ricercatori e scienziati autorevoli e ho fondato l’Amfar.
Le cronache dell’epoca l’hanno descritto il suo rapporto con Richard Burton come una grande storia d’amore e di passione ma anche un uragano distruttivo fatto di eccessi ed estremismi, una sorta di scontro fra mondi lontani tra il Galles di Burton e la Hollywood di Liz.
Il problema con le persone senza vizi che generalmente puoi essere sicuro che avranno delle virtù piuttosto noiose. Il problema non è ottenere o conquistare l’uomo che vuoi il problema è conservarlo; se nelle passioni non hai dei grandi sogni non vai da nessuna parte.
Montgomery Clift è stato uno dei simboli del grande cinema di Hollywood che vi ha spesso visti protagonisti. É mai stata innamorata di lui?
Sapevo che era gay, probabilmente più di quanto lo ammettesse con sé stesso. Monty é stato l’attore più emotivo che abbia mai conosciuto sui set dei miei film; era una cosa contagiosa, quando giravamo iniziava a tremare e io con lui. Era quasi una cosa fisica una sorta di cordone ombelicale, una vera scarica elettrica.
Uno dei suoi grandi amici insieme a Michael Jackson, a casa del quale ha celebrato uno dei suoi matrimoni è stato Elton John.
Elton mi ricorda certi personaggi di Dickens, uno di quegli adolescenti tormentati, bistrattati dalla vita, che al riparo della loro timida dolcezza, riescono a rimanere sempre puri, puliti e incontaminabili.
Tanti film, tante storie sullo schermo e nella vita, tanti soldi e anche tante major come la Mgm, la Fox e la Warner che l’hanno lanciata come bambina prodigio. Che cosa le è rimasto di quel periodo?
Quando ero giovane la Mgm era un bel posto dove passare il tempo, mi piaceva assaporare la celebrità, i film e tutto ciò che faceva parte del mondo del cinema. L’unica cosa che non adoravo fare in fondo era il momento in cui mi chiamavano per girare i film; per me ragazzina era eccitante per esempio la pausa pranzo al bar, perché li davvero c’erano tutti da Judy Garland a Lana Turner, da Spencer Tracy a Hedy Lamarr. C’era anche il dolce e adorabile profumo del trucco che usavano le donne e che non ha niente a che fare con il lubrificante che si usa al giorno d’oggi e poi ogni volta che entrava Clark Gable, mi cadeva la forchetta dalla mano…
Il sole sulla terrazza del Grand Hotel Timeo Belmond si nasconde dietro l’Etna con giochi di luce che le cambiano il colore degli occhi.
«Vede? Li osservi bene. Come le dicevo, dipende dalla luce, non sono più viola ma blu marino».
Mi salutò come quella prima volta con un sorriso. Il suo volto non era più illuminato dal sole al tramonto e guardandoli bene in effetti i suoi splendidi occhi da quel viola con delle striature rosse cambiarono di colpo, erano diventati di un intenso blu marino, cristallino come il mare di Taormina!