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Elio Germano e Teho Teardo, teatro e musica reinterpretano il genio di Céline

Nel cuore del buio, la voce e il suono: un viaggio senza ritorno tra le ombre dell’animo umano

Buio, solo qualche stella che illumina la notte. Passata circa un’ora e un quarto, il pubblico rifletterà su quanto quelle piccole luci fossero consolatorie alla vista e l’unico baluardo di speranza alla quale aggrapparsi. Ma ormai è tardi, la voce intensa e appassionata di Elio Germano e le taglienti sonorità elettroniche di Teho Teardo hanno squarciato irrimediabilmente l’oscurità (e non solo). Al Teatro greco-romano di Catania, nella serata di venerdì 6 giugno, i due artisti hanno registrato l’ennesimo sold out per Viaggio al termine della notte, liberamente tratto dal capolavoro letterario di Louis-Ferdinand Céline del 1932, in tournée da ben quindici anni e organizzato nella città siciliana dall’Associazione Musicale Etnea.

La suggestiva location nel cuore del centro storico della città ha dato un contributo decisivo nel rendere l’esperienza immersiva, trasformandosi in un mondo a sé lontano dalla movida di inizio weekend. Sembrava quasi d’essere dentro una snowball, una di quelle sognanti palle di vetro con la neve dai paesaggi natalizi e fiabeschi. Gli spettatori hanno assistito a una lettura-concerto che pone al centro della scena il suono come protagonista assoluto, declinato in parole e musica. Linguaggi che uniti insieme hanno rinnovato il testo dell’autore francese che, dopo più di novant’anni, rimane un potente filtro attraverso il quale riflettere sulla contemporaneità e interrogarsi sulle grandi questioni umane. Vita, morte, dolore, sofferenza, guerra, malattia sono temi che non invecchiano e contro cui tutti prima o poi si scontrano, perché fare i conti con sé stessi è una battaglia emotiva da cui nessuno esce incolume. “Viaggio al termine della notte”, inevitabilmente, pianta in chi vi assiste semi che potrebbero germogliare. Ma solo se si è disposti ad accogliere il cambiamento ed essere pazienti con la propria persona e lo scorrere del tempo. Esemplare infatti è stato il senso di smarrimento negli occhi degli spettatori a fine spettacolo, sguardi bassi e persi in quelle che sembravano riflessioni interiori inedite. Complice di questo forse è la routine quotidiana, che promuove la produttività e deride l’immobilità.

La dimensione scenica è essenziale. A sinistra del palco uno scrittoio con un abat-jour dove l’attore, fresco vincitore del suo sesto David di Donatello come miglior protagonista per Berlinguer – La grande ambizione di Andrea Segre, siede e si contorce per tutta la rappresentazione interpretando il protagonista Bardamu e le sue disavventure, dalle follie della Grande Guerra al colonialismo francese fino alla società di massa e il sogno americano. A destra, padrone della sua postazione, il musicista e compositore (sue le colonne sonore dei film Il divo, Diaz e Palazzina Laf per citarne alcuni) con i suoi intermezzi di chitarra e loop station. Al centro un trio d’archi composto da Laura Bisceglia (violoncello), Ambra Chiara Michelangeli (viola) e Elena De Stabile (violino). Vibra la musica di Teardo tanto quanto la voce di Germano. Scuote le viscere giungendo quasi a dar fastidio la prima, a tratti sussurrata – complice l’ausilio di un distorsore vocale – a tratti inquietante, rassegnata e volte persino dalle sfumature tragicomiche la seconda. Armoniosa ed equilibrata è l’unione di questi elementi attraverso cui reinterpretare il genio di Céline e il suo complesso viaggio nelle criticità umane dalla quale, una volta intrapreso, non si torna più indietro.

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