Elettra: la nuda brutalità della vendetta

Al Teatro Arcobaleno va in scena l’Elettra di Sofocle, una delle grandi tragedie greche, riportata in un’accezione modernizzata, fredda e lucidamente essenziale.

Agamennone, re di Micene e tra i principali esecutori della Guerra di Troia, torna alla sua città natale terminato lo scontro. Poco tempo dopo morirà: durante la sua assenza, la regina Clitemnestra si è avvicinata a un uomo di nome Egisto, divenuto suo amante, e ne ha architettato l’omicidio. Lo piange la figlia Elettra, il cui odio per la madre la consuma da dentro. Al ritorno del fratello Oreste, dato per morto, quell’odio prenderà forma concreta. 

L’Elettra di Sofocle è spesso soprannominata “il dramma dell’odio”. Non è l’unica rappresentazione antica del celebre matricidio, ma solo l’Elettra che appare in tale versione fa dell’odio la colonna portante delle sue azioni. Un’eroina tragica, indurita, priva di sogni e romanticismi, impermeabile ai tentativi della madre di presentare le ragioni dietro al suo delitto e alle suppliche di Crisotemi, sorella più mite e dolce. In testa non ha che la vendetta; o alternativamente il ritorno del fratello Oreste, che si rivelerà l’artefice diretto del suo piano. 

La Elettra di Giuseppe Argirò è ridotta all’osso, con un cast di soli quattro elementi: Elettra, il fratello Oreste, la sorella Crisotemi e la madre Clitemnestra, sulla quale si riversa la furia omicida dei protagonisti. La mancanza di elementi secondari – quali Pilade, l’amico di Oreste, o la presenza classicista di un coro – è una scelta deliberata, una delle tante che definiscono questa versione della tragedia. Una costruzione secca, essenziale, di un’oscurità pesante e imperante, che potrebbe essere ambientata dovunque e in qualunque momento. 

Non servono abiti d’epoca, né scenografie. Per raccontare visivamente la storia di Elettra bastano un set ridotto all’osso e dei costumi che parlino prima degli interpreti. Elettra, Crisotemi e Oreste vestono di scuro, accomunati dalla perdita del padre e dalla sudditanza nella loro stessa corte. Clitemnestra, invece, indossa un abito rosso che ricorda un’attrice della vecchia Hollywood. Il colore della passione, del sangue, dell’odio, ma anche un fattore alienante dal resto della sua famiglia. 

Il set è invece limitato a un tavolo di legno, con attorno alcune sedie. Il fondale è scarno, le luci fredde. E quale luogo migliore per raccontare la tragedia di una famiglia di una tavolata da pranzo, il simbolo imperituro del calore domestico e della nostalgica, abbandonata a sé stessa come una pietra tombale? 

In un’ambientazione che punta tutto su di loro, nessuna sorpresa che i quattro interpreti offrano performance imponenti, taglienti, cariche di pathos a ogni battuta. Catalizza l’attenzione, ancor più che per il rosso del suo abito, l’interpretazione di Elisabetta Arosio. La voce profonda, la sicurezza dell’età di chi non teme le proprie azioni, un complicato amore paterno che emerge da sotto la famiglia spezzata. Fino al suo ultimo respiro, Clitemnestra guarda negli occhi il suo destino. 

Micol Pambieri dota la sua Elettra non solo di violenza e vendetta, ma di un lato tenero che emerge, sottilmente, gradualmente, col profilarsi della tragedia. Ancora più impetuoso è l’Oreste di Vinicio Argirò, che alterna una furia e una determinazione glaciali a una nobiltà protettiva che si manifesta solo verso la sorella. Completa il quadro la dolce Crisotemi di Melania Fiore, disposta in solitaria alla pace; la più aperta, dei tre fratelli, nel mostrare il suo affetto verso di loro. 

L’Elettra di Argirò è una tragedia che ritorna alla radice del genere: con il solo supporto di interpreti forti, un palco scarno ed evocativo, le ombre imponenti e imperanti di un conflitto che non giunge al termine, nemmeno a omicidio compiuto. Forse più vicino agli appassionati della tragedia nello specifico, piuttosto che a un pubblico generalista, ma non perciò meno preziosa

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Elettra – di Sofocle – drammaturgia e regia Giuseppe Argirò – con Micol Pambieri, Elisabetta Arosio, Melania Fiore, Vinicio Argirò – Produzione: C. T. M. CENTRO TEATRALE MERIDIONALE – Teatro Arcobaleno dal 15 al 23 marzo