Elena Tommasi Ferroni: ironia e colore nella sua visione artistica.

 di Ester Campese

 

Elena Tommasi Ferroni, artista romana, è nata a Pietrasanta nel 1962, ed è una pregevole pittrice surrealista che ben si distingue nel panorama artistico contemporaneo  e attraverso la “surrealtà”, con le sue colorate composizioni, conduce in atmosfere di pura magia che travalica felicemente il mondo della fantasia e dell’ignoto ove tutto è possibile.

Cresciuta in un alveo ricco d’arte, sia il papà Riccardo che il fratello Giovanni sono anch’essi pittori, proviene da una famiglia la cui storia artistica risale ben lontana nel tempo. Per trovare il primo avo pittore si deve giungere infatti al termine del 500. Da questa epoca in poi la passione per l’arte viene tramandata ai discendenti fino a noi.

I suoi esordi la portano sulla strada del restauro cui si dedica giovanissima, nel periodo universitario. Proprio per approfondire queste tecniche, si affianca al padre che invece le trasmette la passione per la pittura e per la tecnica a olio. Vira così il suo interesse verso questa disciplina trovandola congeniale alla sua modalità espressiva che la porterà a trovare nel tempo il proprio stile pittorico riferito al surrealismo.

Mette a frutto i dettami di tale movimento d’avanguardia del Novecento, cui fa riferimento, ma interpretandolo nella sua peculiare maniera che non prescinde da una certa ironia e disincanto.

I suoi spettacolari dipinti raffigurano molto spesso il soggetto femminile ma anche quello animale. Propone attraverso queste sue immagini una morbida femminilità con sfumature che echeggiano Klimt. Sono mondi fantastici e fiabeschi assolutamente fuori dei canoni classici della realtà, che danno respiro e ristoro all’animo sfuggendone la razionale quotidianità.

Queste opere minuziosamente dettagliate, dal grande gusto compositivo e talvolta ironico, hanno un’intensità tale che non possono che colpire favorevolmente l’osservatore che viene letteralmente trascinando in una sorta di viaggio dal sapore decisamente onirico.

Lo spettatore si trasforma in tal modo egli stesso in protagonista della storia del dipinto, catturato da queste opere realistiche che vengono decontestualizzate in una forma paradossale. Un clima misterioso che ci porta oltre il primo impatto visivo di ciò che appare, anche suggestionati dai contrasti delle forme biomorfe, utilizzate contemporaneamente. Queste risultano strategicamente nel medesimo soggetto sia spropositatamente abnormi, o al contrario, hanno volumi fortemente ridotti, quasi fossero miniaturizzate.

Attraverso la sua “surrealtà” e tramite delle sue colorate composizioni, si è condotti in atmosfere di pura magia che travalicano felicemente il mondo della fantasia e dell’ignoto ove tutto è davvero possibile, anche ciò che è oscuro e non conosciuto.

D’altro canto lo stesso René Magritte, esponente della corrente surreale, diceva “La mente ama l’ignoto. Ama le immagini il cui significato è sconosciuto, poiché il significato della mente stessa è sconosciuto.»