Effetto notte (fonda), anzi Gascòn!

A venti giorni dal gala degli Oscar, è partita la corsa alle nomination più numerose mentre il dibattito politico USA si riverbera anche sul cinema

In vista del Gala degli Oscar, dove The Brutalist si accredita con ben dieci nomination, arriva finalmente sugli schermi italiani il nuovo film di Brady Corbet. Il regista inglese, già vincitore del Leone d’Argento alla Mostra di Venezia, firma un’opera potente, epica e drammatica, girata in 70 millimetri e dalla durata di quasi quattro ore.

Protagonista d’eccezione è Adrien Brody, premio Oscar vent’anni fa per The Pianist, che torna in corsa per la statuetta con un’interpretazione straordinaria. Nel film veste i panni di Laszlo Toth, un architetto ebreo ungherese sopravvissuto all’orrore di Buchenwald. Convinto di aver perso per sempre la moglie, la sua vita cambia quando riceve una lettera inaspettata: la donna, che credeva morta a Dachau, è invece viva e si trova in un campo profughi dell’Armata Rossa, sperando di poterlo raggiungere in attesa del visto per gli Stati Uniti.

The Brutalist racconta la disillusione di un uomo di fronte a un paese ben lontano dal “sogno americano” propagandato da Hollywood. Per sopravvivere, dovrà affrontare fame, miseria e, soprattutto, diffidenza. Al suo fianco, la giovane moglie giornalista, che lo raggiungerà dopo mille peripezie, condividendo con lui le difficoltà di una nuova vita in terra straniera.

Ma questo è solo l’inizio di un viaggio intenso e di un’epopea cinematografica da non perdere, un film che vale assolutamente la pena di vedere senza lasciarsi intimorire dalla durata!

La pellicola di Corbet racconta la storia di una coppia sopravvissuta all’Olocausto in Germania, trasformandosi al tempo stesso in un atto d’accusa contro la società americana di ieri e, forse, anche di oggi. Dalla corsa al denaro alla ricerca di supremazia e potere, fino alla condizione dei diseredati nei ghetti, il film contrappone l’America delle famiglie potenti, privilegiate e viziate, spesso ottuse, a quella di chi lotta per sopravvivere. In un mondo in cui sembra contare più la meta del viaggio. La storia mette in luce le contraddizioni e le ombre del cosiddetto “sogno americano”. Un gran film! «E pensare – mi disse il regista dopo aver ritirato il Leone d’argento a Venezia – che mi avevano detto che nessuno avrebbe visto il mio film e che addirittura non era possibile distribuirlo».

E a proposito degli Oscar e di America, preoccupati forse dal nuovo corso impresso  dell’amministrazione Trump, Emilia Pérez, diretta dal francese Jacques Audiard, ha ottenuto tredici candidature agli Oscar. Il film è interpretato da Karla Sofía Gascón, attrice transgender messicana già vincitrice di un Golden Globe e ora candidata come miglior attrice agli Academy Awards. Recentemente, la Gascón è stata accusata di razzismo a causa di alcune dichiarazioni passate su X considerate offensive nei confronti di musulmani, cinesi e altre comunità. In risposta alle critiche, l’attrice ha dichiarato: ««Non posso ritirarmi da una nomination all’Oscarperché non ho commesso alcun crimine. Non sono razzista, sono solo vittima della cancel culture»». 

Nonostante le sue scuse pubbliche, la Gascón si trova sempre più isolata a Hollywood. A soli 23 giorni dalla cerimonia degli Oscar anche lo stesso regista Jacques Audiard ha preso le distanze dalla sua attrice, esprimendo preoccupazione per l’impatto delle sue dichiarazioni sulla reputazione del film e la stessa Netflix ha cancellato tutte le promozioni pubblicitarie dell’attrice negli Stati Uniti. E notizia dell’ultima ora pare che la stessa Karla Sofia non presenzierà al Gala del 2 marzo per buona pace di chi non sapeva come eliminarla (una volta era il maccartismo quando figure pubbliche venivano emarginate a causa delle loro opinioni.). Che brutta aria tira sul cinema…