Sui palchi dal 2013, il canto di “Edith. Il passerotto di Francia” continua ad emozionare. Al Teatro Nino Manfredi, Sarah Biacchi è Edith Piaf.
Tutt’oggi è impossibile dimenticare una delle voci più iconiche della musica francese e mondiale. Edith Piaf, all’anagrafe Edith Giovanna Gassion, con il suo inconfondibile stile, ha attraversato generi come la chanson réaliste e il cabaret francese, influenzando artisti di tutto il mondo. Nota come la Môme Piaf (il passerotto), era una figura apparentemente minuta e gracile; ma capace di sprigionare una forza emotiva straordinaria. Una voce, la sua, potente e al contempo delicata che sapeva dare forma a un vortice di emozioni profonde che restano impresse nella memoria collettiva.
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Così, Davide Strava affida proprio alla voce della stessa Edith (Sarah Biacchi) il compito di narrare la sua vita conducendo lo spettatore in un viaggio nel suo universo più intimo. Il racconto si snoda attraverso gli amori che hanno segnato il suo cammino, personale e artistico. Al centro della scena, su una sedia a dondolo e calcando talvolta il proscenio in ogni sua angolazione, troviamo un’ormai quarantaquattrenne Edith – in un corpo indebolito dall’itterizia – intenta a dialogare con la sé di allora e di oggi. In questo confronto tra passato e presente, riaffiora la sua esistenza intensa e turbolenta intrecciando vita privata, arte e sentimenti. Piani che, per Edith, non si sono mai separati: amore, perdita e resilienza si sono intrecciati in un legame inscindibile, plasmando non solo la sua arte ma anche la sua anima.
Alternando momenti di monologo alle struggenti melodie delle sue canzoni, la pièce esplora l’intima fragilità e la forza di una donna che si è consacrata alla musica e all’amore. Proprio quegli amori, così centrali nel suo percorso, definirono l’artista che il mondo ancora oggi ammira. Il primo a segnare la sua vita fu il padre, Louis-Alphonse Gassion, acrobata circense, che – pur senza un rapporto profondamente affettuoso – seppe riconoscere e stimolare il suo talento. Non meno importante, fu il controverso legame con la madre, Titine, una figura di presenza-assenza che lasciò un segno indelebile. Proprio questo vuoto, probabilmente, influenzò i rapporti intensi ma spesso turbolenti che Piaf cercò nel corso della sua esistenza, sia nelle amicizie che negli amori. Per non dimenticare poi, l’impresario Luois Leplée, che non fu solo il mentore professionale di Edith, ma anche una presenza protettiva, quasi paterna, nei confronti della giovane cantante. La sua tragica morte, tuttavia, lasciò un segno indelebile nell’animo di Edith. Altro pilastro fondamentale, il paroliere e poeta Raymond Asso, che contribuì a definire l’immagine artistica della cantante. E come non ricordare, Marguerite Monnot, compositrice e amica intima; vera sorella artistica e di vita. Infine, il grande amore della sua vita, il pugile Marcel Cerdan, la cui prematura scomparsa segnò profondamente sia la sua vita personale che il suo percorso musicale. Un’esistenza, di certo, segnata dal dolore e dalla sofferenza, ma che trovò nella musica il suo assordante grido alla vita: un grido d’amore capace di toccare le corde più profonde dell’animo umano.
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A rendere questo viaggio ancora più coinvolgente è stata sicuramente l’interpretazione impeccabile di Sarah Biacchi, la cui eccellenza canora e capacità attoriale dominano la scena dall’inizio alla fine. La sua versatilità, espressa in un susseguirsi di diversi registri vocali, performativi ed emotivi, aggrappa lo spettatore e lo trascina nell’universo del passerotto di Francia. Ogni nota; ogni parola si trasforma in un frammento di quella vita segnata dal dolore e dalla fragilità, ma anche della straordinaria capacità di fare del tormento la più potente arma di “seduzione” e di arte.
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Edith. Il passerotto di Francia. Di Davide Strava. Regia, Davide Strava – Con Sarah Biacchi. Teatro Nino Manfredi, 17 – 19 gennaio 2025