Quale verità? Quale realtà? L’adattamento di 1984 scritto da Robert Icke e Duncan Macmillan porta in scena la distopia di un mondo pericolosamente vicino al nostro, in cui la realtà oggettiva scompare di fronte al potere manipolativo dei media.
È un Winston Smith particolarmente smarrito quello del 1984 prodotto da Federica Luna Vincenti e diretto da Giancarlo Nicoletti, andato in scena in prima nazionale al Teatro del Giglio di Lucca venerdì 24 novembre, adattamento del celebre romanzo di George Orwell in cui, nell’organizzazione tripartita della mappa geopolitica mondiale, il partito Ingsoc è al potere del super Stato dell’Oceania, esercitando la sua egemonia attraverso un sistema di stretta sorveglianza e controllo ideologico della popolazione.
Una società in cui niente è proibito, se non credere diversamente da ciò che il Partito afferma, prigionia della volontà resa evidente dal continuo ricorrere di strutture quadrangolari nella scenografia di Alessandro Chiti, referenti di una condizione di intrappolamento in un carcere mentale non dissimile da cunicoli percorribili da quegli stessi topi che decreteranno la sconfitta finale di Winston.
Così il Partito vigila strettamente sulla manifestazione di idee contrarie alla sua ideologia attraverso la psicopolizia, per individuare e cancellare dall’esistenza presunti criminali colpevoli del crimine del dissenso, consciamente o inconsciamente. Poiché ciò che afferma il partito è la verità, per quanto palesemente falso e contro il buonsenso possa essere.
Con la consapevolezza della civiltà odierna e dei moderni mezzi tecnologici che ci circondano, il romanzo si traduce sul palcoscenico in un mondo in cui cancellare un dissidente dall’esistenza, come non fosse mai nato, significa cancellare la sua identità digitale, eliminando ogni sua traccia dalla rete.
Allo stesso modo, dunque, il controllo esercitato dal Grande Fratello, il noto leader del Partito entrato ormai a far parte del nostro vocabolario e bagaglio culturale, non passa da obsoleti teleschermi bidirezionali appesi alle pareti o gigantesche proiezioni cinematografiche per i due minuti di odio, ma dagli schermi e gli altoparlanti (e le videocamere) dei cellulari in possesso di ogni persona.
Grande Fratello che in questa incarnazione va ben oltre i limiti del palcoscenico. Poco prima dell’inizio dello spettacolo la voce del Partito si rivolge al pubblico con le raccomandazioni di rito sulla natura intensa e violenta di alcune scene di là da venire, tradendo subito una certa intenzione di interpellazione diretta dello spettatore a proposito di ciò che vediamo e a cui siamo sottoposti ogni giorno dai media e le istituzioni. Intenzione che si rivelerà pienamente quando le terribili torture subite da Winston (Woody Neri) nella stanza 101 lo porteranno, in un moto di disperazione, ad infrangere la quarta parete, interrogando il pubblico sulla sua indifferenza di fronte a tali atrocità, attacco alla passività nei confronti delle immagini e le “verità” che ci vengono imposte ogni giorno.
A questo Winston perso, inizialmente passivo, esageratamente intimorito si oppone una Julia quanto mai irruente ed esuberante interpretata da Violante Placido, che esplode di tutta quella vitalità ed energia sovversiva che il Partito mira a reprimere nell’opera di annientamento della volontà e del pensiero indipendente.
Il dominio del Partito sulla popolazione passa dal controllo e la manipolazione della storia attraverso il Ministero della Verità. Alterandola, eliminando a suo piacimento fatti e persone non congeniali ai propri obiettivi, è possibile negare ciò che è accaduto ieri in favore di una versione più congeniale alle necessità dell’oggi.
In un mondo dove la realtà è qualunque cosa il Partito affermi giorno per giorno, non importa se in contraddizione con quanto detto ieri, la Storia non esiste più, il passato non ha alcun valore. La società oceanica vive in un eterno presente in cui se ieri (letteralmente) era in guerra con l’Eurasia e oggi le necessità impongono che il nuovo nemico sia l’Estasia, significa che l’Oceania è da sempre in conflitto con quest’ultima. Un mondo in cui due più due non fa quattro se a dirlo non è il partito, come spiegherà il subdolo membro del partito interno O’Brien (Ninni Bruschetta) a Winston durante le atroci sessioni di tortura atte a piegare la sua volontà nella stanza 101.
L’incontro con Julia dà avvio a una presa di coscienza dell’eterna attualità in cui Winston è intrappolato. Una vita in cui le situazioni quotidiane si ripetono perennemente, sempre allo stesso modo; i volti sono gli stessi, che appartengano a compagni del presente, persone dell’infanzia o storici del futuro che leggono il suo diario; il momento presente è l’unico esistente, senza prova alcuna di ciò che lo ha preceduto.
Ma la mente tradisce Winston. Doppio pensiero. Psicoreato. Una nuova consapevolezza si risveglia in lui e gli parla, accendendo uno spirito rivoluzionario, sollecitando solenni giuramenti e coraggiose promesse di incrollabile dedizione alla causa dei nemici del Partito, che lo condurranno inevitabilmente alla famigerata stanza 101, le cui candide pareti di un bianco quasi accecante sono emblema dell’annullamento della volontà conquistato in quel terribile luogo, una tabula rasa dell’essere umano.
Ma non importa cosa ne sarà di Winston, forse non è mai esistito. L’inedita cornice integrata da Icke e Macmillan ci lascia con un messaggio ambivalente, tanto ambiguo quanto le discutibili verità promulgate dal Partito.
Non è chiaro quando gli eventi narrati nel diario siano avvenuti. La mancanza di riferimenti storici causati dal sinistro lavoro del Ministero della Verità non permette di stabilire se si tratti realmente del 1984, se tutto ciò sia avvenuto in un tempo lontano o vicino agli storici che lo hanno rinvenuto. Forse Winston non è mai neanche esistito. Ciò che conta è che questa storia e i suoi ideali sono sopravvissuti come testimonianza di un’epoca oscura per raggiungere un futuro migliore, in cui il pensiero è nuovamente libero, il Partito è caduto, una realtà oggettiva esiste, e due più due fa sempre, incontrovertibilmente, quattro.
Oppure, il Partito esiste ancora e quel diario è un altro strumento di controllo per convincere la popolazione di essere libera nel pensiero e nelle proprie scelte, mentre, nell’illusione del libero arbitrio, il Grande Fratello ancora osserva (e manipola). Un futuro in cui anche noi potremmo già trovarci.
1984 scritto da Robert Icke e Duncan Macmillan – Una produzione Goldenart Production – Regia di Giancarlo Nicoletti – Con Violante Placido, Ninni Bruschetta, Woody Neri, Silvio Laviano, Brunella Platania, Salvatore Rancatore, Tommaso Paolucci, Gianluigi Rodrigues, Chiara Sacco
Foto di copertina: Woody Neri e Violante Placido – Azzurra Primavera