Un raffinato salotto umbertino a cielo aperto, in cui l’intrattenimento si fa arte.
“Lo Spettacolo in Galleria” è un’iniziativa promossa dal Teatro Quirino e patrocinata dall’ANAC e dal Comune di Roma Assessorato alla Crescita Culturale. Inaugurata il 5 giugno avrà lungo fino al 2 ottobre(programma completo degli eventi), presso la Galleria Sciarra, piccolo tesoro liberty risalente alla fine dell’Ottocento, a pochi passi dal Teatro Quirino.
Prendono parte alla serata inaugurale due ospiti d’eccezione: Veronica Pivetti e Monica Guerritore. L’iniziativa è votata, da una parte, al minimalismo, dove solo un telo nero chiude la visuale della galleria, per lasciare posto agli ospiti in scena; dall’altra nulla è lasciato al caso e, anzi, il pubblico gode dello sfarzo di cui è circondato, tra tavoli imbanditi (con i piatti dello chef Sergio Spoletini) e l’eclettismo degli affreschi di Giuseppe Cellini.
La serata inaugurale è incentrata sulla questione di genere, a cui, seppure con un diverso approccio, è dedicato il ciclo pittorico posto a ornamento della galleria. In modo particolare, l’evento propone una riflessione in merito all’insidioso tema della violenza perpetrata contro le donne, con un dialogo tra Pino Strabili e Veronica Pivetti a proposito di “donne e parità di genere” e con Monica Guerritore in “QUEL CHE SO DI LEI donne prigioniere di amori straordinari”, dall’omonimo libro di cui è autrice.
Si pone, ancora una volta, il problema di fondare un immaginario femminile, che sia quanto più possibile reale, concreto, carnale. Partiamo, innanzitutto, dal tema della sessualità. L’intervista condotta da Strabioli a Veronica Pivetti è impeccabile e il pubblico è subito catapultato in uno studio televisivo. Tra gli ultimi libri pubblicati dall’attrice spicca “Per sole donne”, dedicato alla sessualità femminile a cinquant’anni.
Esporsi per raccontare il proprio vissuto è oggi vitale – e non semplicemente postandolo sui social, di cui la Pivetti non è certamente fan – in quanto rappresenta la via più efficace, affinché si possa arginare il pericolo, sempre più concreto, di un ritorno ai cliché del maschilismo e alla discriminazione economica.
Nel nostro paese le due questioni sono spesso confuse tra loro, in un processo di ‘riduzione al costume’ o, come più spesso accade, di una riduzione al dato meramente economico. Nel primo caso la questione femminile ne esce svalutata, fino quasi a tramutarsi in una lamentela fine a se stessa. Nel secondo, invece, la faccenda si fa più complessa, in quanto si tende a sovrapporre il concetto di crisi economica a quella di donne come vittime di un sistema, senza rendersi conto di come la vulnerabilità legale, economica, sociale e persino fisica sia una questione storicamente precedente, rispetto alla crisi attuale.
Quando una donna, una compagna, una moglie, una madre è torturata, vessata e vittima della violenza psicologica e/o fisica da parte di un altro individuo, tale fenomeno è acuito da avvenimenti come il confinamento causa covid o la crisi economica, ma le cause sono pregresse, come appuriamo anche dalle dichiarazioni della Pivetti, in merito alla trasmissione “Amore criminale”, da lei condotta.
La tematica della violenza è al centro della performance di Monica Guerritore, in cui è ricostruito l’omicidio di Giulia Trigona. Il risvolto politico è qui centrale, ma non semplicemente nel senso di devozione a un partito, bensì nella capacità di questa indubbia icona teatrale di sconvolgere le coscienze. Monica Guerritore si sporca le mani dei delitti altrui, guardandoli con il distacco ieratico di un’eroina tragica.
La crisi istituzionale in cui da tempo siamo immersi ci ha condotti a un’essenziale ambiguità del termine ‘politica’. Nella sua accezione democratica quest’ultima risiede nella capacità di fare della propria forza individuale o di categoria non un’arma di dominio o di oppressione, bensì di rivendicazione delle categorie subalterne, ancora, ahimé, densamente popolate da una maggioranza femminile.
L’arte ha oggi, in questo senso, la possibilità di articolare la sua leadership in quanto modello etico e non di convenienza, in cui possano convivere, allo stesso tempo, gli elementi più straordinari della nostra tradizione culturale e quelli più innovativi, di matrice nazionale e internazionale. Lo spessore umano e artistico, seppure con le dovute differenze, di Veronica Pivetti e Monica Guerritore può e deve essere riconosciuto, all’interno di questo difficile processo di formazione di un solido immaginario femminile italiano, in quanto portatrici di un indubbio successo individuale, accompagnato da un profondo senso di responsabilità civile.