“Dolce attesa per chi?” al Trastevere: La recensione

di Laura Dotta Rosso

“Io ci rimango in Italia perché la politica mi interessa, perché voglio rendere questo posto migliore”.

La generazione dei ragazzi di trent’anni non è più reputata giovane, ma nemmeno considerata vecchia e questo causa problemi sia a loro che alla società. La donna percepisce il ticchettio dell’orologio biologico, ai colloqui di lavoro viene mitragliata dal “come vede la sua vita tra dieci anni?”, viene tempestata da riviste rosa, che le consigliano di trovare un marito in fretta perché, se desidera una famiglia, non avrà tempo per fare due figli, numero perfetto per non crescere un figlio viziato e capriccioso. E allora la femmina pronta per trovare un uomo da cui essere fecondata, deve uscire, cercare, scrutare tutti gli esseri di sesso maschile perché, potenzialmente, ognuno di loro potrebbe essere quello giusto. “Perché mi innamoro sempre degli sfigati?” si domanda il gentil sesso, triste e sconsolato ?

Ah, finalmente la donna trova l’uomo della sua vita, il padre dei suoi figli e riesce a rimanere incinta; può tirare un sospiro di sollievo, tutte le ingiustizie sul lavoro non sono più importanti ora, tutte le discriminazioni subite passano in secondo piano, perché da questo momento in poi, sarà tutto in discesa. No, non è così, perché un’amniocentesi, pubblicamente, richiede due mesi di attesa e privatamente costa più di settecento euro. No, non è così, perché una donna incinta, viene lasciata sola, è considerata malata e non si deve stancare, non si può lamentare, perché questo sarà il periodo più bello della sua vita. Ed ecco, anche in gravidanza, i consigli costanti delle riviste rosa che incitano a provare la pancinoterapia, avvertono la madre di non alterarsi perché il bambino sente tutto.

“Dolce attesa per chi?” spettacolo di Betta Cianchini in scena al Teatro Trastevere dal 5 al 10 novembre, con Giada Prandi, Veronica Milaneschi per la regia di Marco Maltauro tratta le problematiche della società moderna: si alterna la politica, la poca autostima dei giovani, la scarsa fiducia che hanno nelle istituzioni, il senso del dovere che li assale nei confronti dei genitori anziani. Questo testo tragicomico racchiude tutte le tematiche che spesso ci troviamo a vivere, ma poche volte a voler davvero affrontare. Le interpreti riescono a essere forti in scena, a supportare una regia funzionale ma, a tratti, un po’ statica. Interessante risultano i costumi e gli oggetti scelti che, seppur pochi, sono ottimali per assicurare il messaggio da trasmettere: le divise da militare, il caschetto, un mitra, due grossi zaini, un velo, una pistola. La vita risulta una guerra e di dolce ha davvero poco, “Dolce attesa, per chi?”