In prima nazionale all’Olimpico di Vicenza, ripercorre la sua vita grazie a sei valori e alla figura straordinaria della madre Agnese.
Per definire la bellezza non basta una vita intera, è questo l’unico punto certo su un tema enorme, longevo ma sempre attuale. La bellezza è tante cose assieme, per ognuno rappresenta uno spunto, una considerazione diversa. Un’esperienza, la memoria, la vista, un affetto, una persona. Quello proposto da Diego Dalla Palma è un viaggio nella bellezza imperfetta di due vite unite, intrecciate come due rami che, prima o dopo, si dividono pur appartenendo alla stessa origine, appartenendosi sempre. Lui e sua madre, Agnese, raccontati in un viaggio sul palco attraverso sei elementi, sei valori abbinati ad una sfumatura e ad altrettanti eventi, ricordi narrati dallo stesso Diego, accompagnato da Vera Dragone, dal delicato sottofondo musicale di Livia De Romanis e dalla partecipazione finale di tre donne diverse per ogni serata (Martina Colombari, Luciana Savignano, Cecilia Gasdia).
Questa è stata la bellezza vissuta al Teatro Olimpico di Vicenza: una bellezza che si è fatta racconto, confessione, esperienza vera e propria, emozione e condivisione. Nessun specchio, come preannunciato dal protagonista, ma il dis-velarsi di una persona attraverso il passato, vivo nel presente, e l’amore. La forza di questo spettacolo è risieduta in questo: nella verità e nella sensibilità, nel riconoscimento e nella spontaneità create da Diego Dalla Palma stesso, capace di dialogare e di rompere la barriera tra pubblico e palco. Un Olimpico reso “multimediale” da diverse proiezioni, colori ed effetti scenografici e sonori.
Oltre il personaggio, l’esteta, è emersa una figura laterale, fragile, umana nel senso pieno perché capace di ripensare al proprio cammino a partire dalle origini e dagli ostacoli. L’inserimento di Bellezza imperfetta in questo 76° Ciclo di Spettacoli Classici, dal titolo Stella meravigliosa, si potrebbe spiegare in questo: un viaggio, un’odissea appunto come i precedenti spettacoli, tra le ferite e i margini riuniti della vita, tra perdite inevitabili e ricostruzioni possibili. Ed è esattamente qui, nel mezzo, che abita la bellezza imperfetta portata in scena in queste tre serate.
Coraggio, diversità, dolore, consapevolezza, disciplina, destino sono queste le tappe che hanno scandito il viaggio proposto e, su ciascuna, il racconto e la trasposizione di un fatto, di una caratteristica, un aneddoto su Agnese, questa donna forte, fiera, sulle labbra l’immancabile rossetto rosso, l’attenzione, la cura, la libertà, quella bellezza non convenzionale e per niente comune.
Agnese è, perciò, rivissuta attraverso le parole del figlio: dalle notti nella malga alla partenza per Milano, dal coma agli abusi subiti, dalla verità su se stessi a quel “che Dio me perdoni”, dall’immagine di lei come aquila capace di sfracellarsi il becco pur di nutrire i suoi piccoli a quelle carezze sentite, profonde, che solo ogni madre sa dare con il cuore. Ogni angolo di vita vissuto e riportato ha consegnato al pubblico una sfumatura, un colore in più di questa madre, la “mare” in dialetto, indomita e bellissima tra quelle “vacche e stelle”, Enego (VI) dove tutto ebbe inizio e il resto del mondo.
Esito finale di questa condivisione è la lettera, mai scritta da Agnese, letta ogni sera da tre donne diverse: la restituzione e la confessione di un amore reciproco che, nonostante tutto, nonostante la morte, sopravvive e c’è.
Alla fine Bellezza imperfetta è stato questo: un figlio, il palco e l’amore grande, viscerale per la propria madre. E, attraverso di essa, l’esplorazione di sé e della propria di vita: un percorso dove i passi di entrambi si confondono, si mescolano, dove coraggio, diversità, dolore, consapevolezza, disciplina, destino trovano un significato vero, attaccato e legato a quello che la vita ha consegnato loro negli anni.
Guardare e narrare questi passi a due, a distanza, è una delle azioni più difficili da compiere, una considerazione globale di un tutto che ha riempito ogni cosa fino a quel momento. Un tutto che sa, soprattutto, di semplicità, di parole solo in apparenza casuali, di ritagli di tempo quotidiano ormai lontani, di cose piccole ma non facili, di dettagli minuscoli che hanno segnato delle svolte. Un insieme che vale sempre la pena vivere.
Per Diego Dalla Palma questo sguardo all’indietro è coinciso con la scoperta del significato di bellezza, non quella superficiale e passeggera, ma bellezza come fascino, stile, esperienza, sofferenza, luccicanza. Alla bellezza apparteniamo se la sappiamo cogliere e riconoscere. Non basta davvero una vita per esplorarla e definirla. Di questo spettacolo, però, resta la grande umanità di un uomo e di un figlio e l’insegnamento, frutto di anni ed erede di un amore genitoriale e filiale presente e vivente: “se la bellezza è autentica, è imperfetta.”
Bellezza imperfetta di e con: Diego Dalla Palma e con la partecipazione straordinaria di: Martina Colombari (19/10), Luciana Savignano (20/10), Cecilia Gasdia (21/10) – musiche dal vivo di: Cesare Picco – cantante/attrice: Vera Dragone – violoncello: Livia De Romanis – costumi: Diego Dalla Palma e Laura Milan – multivisioni: Francesco Lopergolo – progetto scenico e regia di: Ferdinando Ceriani – produzione: Enfi Teatro e Teatro Ghione di Roma – Teatro Olimpico di Vicenza dal 19 al 21 ottobre
Ph: Roberto De Biasio