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Di un antidoto all’inadeguatezza

La ricerca di una parola che tra infinite voci vinca l’inadeguatezza

Entra sulla scena in medias res, spezzando il lieve brusio che segue la seduta e precede lo spettacolo, direttamente rivolta alla platea. Sono un’esperta di parentesi graffe- avvolta in un pesante cappotto blu, una donna esorta all’ascolto, un ascolto inteso come profonda concentrazione sul momento presente, e subito, prima che tutto abbia inizio, dichiara rotta la quarta parete.

Valentina Illuminati

Ospitato all’interno della 13° edizione del Roma Fringe Festival, Mis Smarco debutta al Teatro Cometa Off dal 16 al 17 luglio, scritto e interpretato dall’attrice e regista marchigiana Valentina Illuminati.

C’era una volta una famiglia felice– il più classico degli esordi per una storia che si articola invece come ribaltamento continuo, dove il tempo appare volutamente frammentato e il confine tra persona e personaggio si dimostra il più delle volte inafferrabile.

Ciò che di più sorprendente vi è nella lingua italiana è che c’è una parola per tutte le cose, un lessema, un suono che si sforza di dare espressione ad ogni peculiare declinazione della realtà, ad ogni contesto entro cui tale realtà si realizza. Frica ad esempio, o frichina, in dialetto marchigiano significa bambina, ed è proprio una frica a rappresentare il centro espressionistico di questa storia.

Come ogni narrazione, tutto ha origine dall’ingresso nel mondo; il suo fu turbolento e connotato da quella che potrebbe dirsi un’incertezza ancestrale: restare dentro o uscire fuori, rimanere protetti o gettarsi coraggiosamente nelle grinfie sconosciute del mondo, in-con-su-per-tra-fra le difficoltà della vita.

Premessa necessaria per l’atto del divenire, la nascita può di certo affermarsi come scelta originaria, inconsapevole forse e il più delle volte guidata dall’esterno, ma pur sempre decisiva, definitiva, ardita soprattutto poiché molto simile al fatale passaggio tra due universi adiacenti e distanti.

E le furie del fuori, maggiori personificazioni di quello spaesamento che è condizione propria di ogni passaggio o dislocazione, non prevedono procrastinazioni: un incendio, poi il verificarsi di un’immotivata e persistente insonnia, sono forse le prime epifanie di quell’urlo di inadeguatezza che, a prescindere dalle circostanze, minaccia di accompagnarci per tutta la vita.

Quella che in esordio si sarebbe detta una forma monologante, dimostra ben presto di essere suscettibile a infinite metamorfosi. Tale trasformazione non va attuarsi solo sul piano della varietà linguistica, sapientemente articolata nel cambio repentino e continuo tra italiano standard e regionale, ma anche, sincronicamente, sul piano del numero, rendendo necessario l’interrogativo: quanti personaggi possono dispiegarsi, vivere e respirare all’interno di uno stesso corpo attoriale?

In tal senso, Mis Smarco rappresenta una risposta eloquente, ricorrendo ad un’attenzione semantica abilmente distribuita nella storia, ma soprattutto riuscendo attraverso la voce a dare epifania e corpo a diversi personaggi. Se infatti la frica è il nucleo linfatico del racconto, attorno a lei orbitano e collidono le figure della madre, del fratello, della nonna, ma anche le ombre di altri personaggi che parimenti ci appaiono immaginifici.

Si aggiunge così alla parola un’altra fondamentale funzione, quella di plasmare caratteri in maniera talmente vivida da creare l’illusione che questi agiscano davvero sebbene il loro corpo sia solamente la voce. In aggiunta, di fronte ad una realtà che appare irrimediabilmente inospitale e imperfetta, accade che la parola spesso si traduca in lamento, e la frichina lo sa bene, quando ancora bambina si trova a dispensare consigli alla fucking mambo jambo. Ciò che vive la porterà però ad un’ulteriore scoperta, che le parole son messaggi, se ti lamenti l’universo ti ascolta, e ciò è tantopiù evidente nell’animo di chi, come lei, vede le cose in un altro modo, in un altro mondo.

Molte sono le parentesi graffe che si spalancano nella vita della frica, dal sogno di diventare una star, a quella del teatro originatasi nel paradossale binomio tra carnevale e quaresima, fino a giungere alla premeditata e irremovibile parentesi dell’amore, che la condurrà a scoprire l’irriducibile pathos della telenovela. Una, nessuna, centomila anime, dove la protagonista si muove alla ricerca della verità ma che talvolta sembrano allontanarla dal suo io più nudo, dalla bambina che era stata.

Espressa attraverso un progressivo movimento di riduzione e svestimento, luminosa metafora della ricerca di un senso, la frica, ora donna, si libera dei suoi abiti per cercare il suo epicentro, per trovare un posto in quel mondo strano che nell’atto della nascita la ha accolta.

Valentina Illuminati

Come c’avesse cavi n’ciampati nella testa– aveva detto di lei sua madre. Eppure una parola la frica forse l’ha trovata, la parola “resa” che vuol dire smarcarsi dal giudizio, dalla perfezione, e ancora, stare così a braccia aperte, con fiducia, così.

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Mis Smarco, di e con Valentina Illuminati, disegno luci Ornella Banfi, Rossano Siragusano, Produzione Elsinor Centro di Produzione Teatrale e Numeri 11 – Roma Fringe Festival – Teatro Cometa Off 16 e 17 luglio 2025

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