L’influenza della Commedia antica e il potere inesauribile della denuncia di Aristofane: “Lisistrata” in scena al Teatro Grande di Pompei per la regia di Serena Sinigaglia
È sempre importante riflettere sul presente, guardando al passato e immaginando il futuro. Quando le arti hanno un senso civile e politico, consentono al fruitore, allo spettatore, alla comunità, di poter osservare con una lente d’ingrandimento i problemi del tempo in cui si vive: quelli di oggi sono davvero molto complessi e pieni di storture. Nella cornice sempre molto suggestiva del Teatro Grande di Pompei e all’interno della stagione Pompei theatrum mundi, appendice da qualche anno importantissima del Teatro di Napoli sotto la direzione artistica di Roberto Andò, va in scena per tre repliche, dal 18 al 20 luglio, Lisistrata di Aristofane, per la regia di Serena Sinigaglia.

Da sx: Cristina Parku-Marta Pizzigallo – Lella Costa – Beatrice Verzotti – Simone Pietro Causa – Didi-Garbaccio-Bogin
La produzione è targata INDA, l’Istituto Nazionale del Dramma Antico che, sul territorio italiano rappresenta una vera eccellenza per quanto concerne la ripresa e la “conservazione” del periodo aureo dell’esperienza attica, lì dove son nati, codificati e perfezionati i pilastri del dramma occidentale, tragico e comico. Senza lo sforzo produttivo dell’INDA e più in generale senza la sua esistenza, l’intero Paese, oltre che essere più povero culturalmente, non avrebbe l’opportunità così importante di avere un dialogo continuo con tale esperienza, l’istituto infatti, oltre a produrre spettacoli, è fucina di attori con la sua accademia e possiede anche una propria rassegna in quel di Siracusa dove lo spettacolo ha debuttato nel mese scorso.
La scelta del dramma da mettere in scena è particolarmente felice, sia perché le commedie di Aristofane non sono solite riempire a tutti i costi i tabelloni delle stagioni teatrali degli ultimi anni, sia per i temi presenti all’interno della stessa. Di guerra e di femminismo si occupa la commedia. Parla dell’usura e dello sfinimento che provoca la guerra e di come il cittadino affronti o cerchi di affrontare tale sfinimento. Il cittadino stesso è diviso in due parti che corrispondono esattamente ai due soggetti biologici della specie: il maschile e il femminile.
Aristofane, nel dramma, divide totalmente in due fazioni contrapposte i due schieramenti, divisione ben visibile a partire dalla composizione del coro stesso della commedia e che vede per quasi tutta la sua durata argomentazioni opposte tra gli uni e le altre. Sono le donne, è Lisistrata, ovvero “colei che scioglie gli eserciti” ad avere un’intuizione per porre fine alla guerra del Peloponneso, nata dall’inasprirsi delle tensioni tra Sparta e Atene; tale intuizione consiste nel proporre alle donne di entrambe le città – per la parte spartana viene coinvolta Lampitò – di fare nei confronti dei loro mariti, uno sciopero del sesso che potrà essere interrotto solo con la firma della pace. Con questo espediente iniziale, l’abilissimo drammaturgo riesce ad intessere un filone narrativo ricco di comicità, doppi sensi e “volgarità” esilaranti.
Nei panni della protagonista Lella Costa. Scelta interessante perché con l’esperta attrice si conferisce al ruolo un importante colore di saggezza e fermezza su cui non si sarebbe potuto mettere l’accento se al suo posto ci fosse stata un’attrice più giovane. Una scelta simile fu presa in Inghilterra dall’immenso Kenneth Branagh che in un suo Romeo and Juliet del 2016 scelse per il personaggio di Mercutio un allora quasi ottantenne Derek Jacobi, mostrando una possibilità interpretativa del celeberrimo ruolo che non era facilmente intuibile fino a quel momento. La scelta è poi anche particolarmente funzionale all’effetto comico, dato che è proprio una donna matura a partorire l’idea per il tipo di sciopero. La brava protagonista riesce a portare avanti con la giusta verve il dipanarsi della linea narrativa della commedia, con inoltre il merito di mostrare di tanto in tanto anche notevoli tempi comici che il pubblico della prima replica di questa ripresa pompeiana ha particolarmente gradito. Tra le altre, è giusto citare la bravissima Cristina Parku nel ruolo di Mirrina, già vista a Napoli e che si sta sempre più affermando a livello nazionale, con ruoli di primo livello in produzioni davvero importanti e a cui va riconosciuto anche il merito di calcare la scena con un visibile infortunio ad una caviglia che ne pregiudica l’andamento ma non certo l’interpretazione, e l’incontenibile Marta Pizzigallo nel ruolo di Calonice che offre una prova d’attrice che rimane sicuramente nella memoria dello spettatore, con una qualità timbrica e di modulazione vocale davvero degna di nota, oltra alla fortissima presenza scenica. A distinguersi è anche il bravissimo Aldo Ottobrino nel ruolo del probulo, una sorta di commissario ante litteram, che il pubblico napoletano e di mezza Italia ha potuto applaudire la scorsa stagione col capolavoro per la regia di Massimo Popolizio L’albergo dei poveri di Maksim Gor’kij.
Risulta essere interessante la scenografia di Maria Spazzi che fa da sfondo perpetuo alla messinscena; una enorme “tela di Penelope” con dei fili rossi lunghissimi che proseguono e che corrono lungo il proskḗnion prima e l’orchḗstra poi, fino quasi a lambire le gradinate. Questi, nel dipanarsi della vicenda, si aggrovigliano tra di loro, venendo anche raccolti durante un monologo dalla protagonista, per poi essere lanciati di nuovo a terra, in un cháos non organizzato che rimanda simbolicamente alla guerra.
I movimenti scenici e le coreografie curate da Alessio Maria Romano, sono degne di nota e almeno in un paio di momenti veramente notevoli: quando le donne aggrediscono gli uomini avendo la meglio su di loro con una partitura fisica davvero interessante sempre a metà tra la lotta e il sesso, la seduzione, creando così un effetto che lascia ammaliato lo spettatore.
L’allegoria della pace è un’altra carta vincente della messinscena. Questa, infatti, apre lo spettacolo in cenci e lo termina, sempre danzando, in abiti trasparenti che lasciano intravedere un corpo femminile sensuale ed enormemente potente. È molto brava l’interprete Giulia Quacqueri nel restituire la giusta misura corporea e danzante all’allegoria della pace. Il suo raggio d’azione è quello destinato ai movimenti e alle evoluzioni del coro, l’orchḗstra, esibendo così anche un certo corretto rimando filologico dello spettacolo, com’è giusto che accada in operazioni di ripresa come questa. Una novità dell’intera rassegna da segnalare è l’anticipo degli spettacoli alle ore 20:00, intuizione felice che, grazie alla presenza della luce del tramonto, rende suggestiva la visione con la luce, almeno per una prima parte dello spettacolo, rimandando così alla fruizione dell’esperienza attica.
Le luci artificiali, invece, sono le protagoniste del finale che risulta essere molto potente e suggestivo, restituendo immagini di forte impatto, con i fari che disegnano in alto un intreccio tra fasci di luce paralleli e perpendicolari, dopo aver attraversato la gradinata. Contemporaneamente gli attori si dispongono in schiera sul proscenio – inteso sempre alla maniera greca – in una posa dal rimando potente, soprattutto dopo una messinscena di una commedia dell’età antica come quella del corpus di Aristofane che tende fortemente alla riflessione oltre che al diletto.
Resta interessantissima la voce del commediografo del V secolo avanti Cristo che lascia sempre uno spunto di riflessione importante sul presente, non solo per l’attualità delle sue tematiche, quanto per il tipo di comicità e di riferimento puntuale e tagliente contro la politica del suo tempo, cosa che, nell’attuale panorama italiano, potrebbe essere riconosciuta forse solo ad un Maurizio Crozza. Le tematiche della sua drammaturgia poi, fanno particolarmente pendant con quelle che stanno molto a cuore nella nostra contemporaneità: non è l’unica commedia dove si parla di pace in contrapposizione alla guerra, basti pensare a La pace, appunto. E non è nemmeno l’unica ad indagare un protofemminismo dirompente e molto efficace. Anche nelle Ecclesiazuse e nelle Tesmoforiazuse, Aristofane mostra una buonissima tendenza all’argomento.
In Lisistrata, il conflitto tra i due generi esprime non solo comicità, ma soprattutto un gioco di potere infernale che le une cercano di imporre sugli altri e facendolo in uno dei pochi campi dove è possibile attuare questa “asimmetria di comando” che è necessario attuare per migliorare la condizione collettiva. La donna, dunque, si mostra anche più capace dell’uomo nella gestione politica degli avvenimenti e la messinscena di Sinigaglia restituisce molto bene questa atmosfera del rapporto tra femminile e maschile.
Un plauso importante, come sempre, al luogo: il Teatro Grande all’interno degli scavi di Pompeiè un gioiello che conferisce una cornice pazzesca alla messinscena e restituisce una visione a dir poco rigenerante allo spettatore. È indubbio che la rassegna estiva Pompei Theatrum Mundi sia in effetti un fiore all’occhiello per l’intera penisola culturale. Per questo merita un plauso il direttore Roberto Andò e l’amministrazione del Teatro Nazionale di Napoli che, negli anni, sono stati in grado di consolidare la rassegna come uno degli eventi estivi più importanti d’Italia, nonostante la diatriba di due anni fa col presidente della regione circa i fondi da destinare alla rassegna.

Aldo Ottobrino con Christian D’Agostino e Giovanni Costamagna
L’auspicio è che ovviamente possano non esserci più questi tipi di problematiche, dato anche l’enorme successo di pubblico che si sta ottenendo, con sold out in tutte le repliche, così com’è stato per il precedente Elettra, proprio per la regia di Andò. L’augurio, anzi, sarebbe quello che rassegne così importanti possano addirittura estendere la loro proposta al pubblico o riprenderla come nel caso di quella del Globe Theatre in Villa Borghese a Roma orrendamente interrotta e che era in grado di far viaggiare nel tempo lo spettatore odierno, come poche altre esperienze sono in grado di fare.
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Lisistrata di Aristofane traduzione Nicola Cadoni – drammaturgo Emanuele Aldrovandi – regia Serena Sinigaglia – regista assistente Arianna Sorci – con (in ordine di apparizione) Lella Costa (Lisistrata), Marta Pizzigallo (Calonice), Cristina Parku (Mirrina), Simone Pietro Causa (Lampitò), Marco Brinzi (Dracete), Stefano Orlandi (Strimodoro), Pasquale Montemurro (Filurgo), Giorgia Senesi (Nicodice), Pilar Perez Aspa (Stratillide), Irene Serini (Rodippe), Aldo Ottobrino (Commissario), Salvatore Alfano (Cinesia), Clara Borghesi (Beota), Zoe Laudani (Corinzia), Alessandro Lussiana (Ambasciatore spartano), Stefano Carenza (Ambasciatore ateniese), Giulia Quacqueri (Pace) – Coro: Clara Borghesi, Carlotta Ceci, Ludovica Garofani, Gemma Lapi, Zoe Laudani, Arianna Martinelli, Francesca Sparacino, Siria Veronese Sandre, Christian D’Agostino, Giovanni Costamagna – scene Maria Spazzi – costumi Gianluca Sbicca – musiche Filippo Del Corno – le musiche sono state eseguite dall’Ensemble Sentieri Selvaggi – arrangiamenti Francesca Della Monica, Ernani Maletta – coreografie Alessio Maria Romano – disegno luci Alessandro Verazzi – assistente scenografa Paola Grandi – assistente costumi Marta Solari – produzione Inda – Istituto Nazionale del Dramma Antico – Teatro Grande di Pompei dal 18 al 20 luglio 2025
Foto di copertina: Giulia Quacqueri
Ph di ©Maria Pia Ballarino