Prossimi al debutto sulle scene del Cometa OFF, la Darkside LabTheatre Company porta in scena le inquietudini generazionali con Darkmoon. Ne parliamo con l’attrice Sabrina Sacchelli.
Dalla lettura del romanzo Io venìa pien d’angoscia a rimirarti di Michele Mari e dall’universo poetico e filosofico di Leopardi prende vita Darkmoon, un’indagine drammaturgica che intreccia onirismo e realismo, memoria e immaginazione. Attraverso un linguaggio che oscilla tra passato e presente, lo spettacolo esplora la figura – spesso inafferrabile – di Giacomo Leopardi, trasformandola in uno specchio in cui riflettersi per interrogarsi sulla duplice natura dell’essere umano: tra razionalità e istinto, luce e ombra. Di questa ricerca ci ha parlato Sabrina Sacchelli, protagonista della pièce accanto a Nicolò Berti e Giuseppe Coppola.
Mancano pochi giorni al debutto di Darkmoon al Cometa OFF, una pièce che esplora la figura – spesso inafferrabile – di Giacomo Leopardi e che indaga attraverso di lui l’abisso dell’essere umano e la sua duplice essenza tra umanità e bestialità, tra controllo e istinto. Il tuo personaggio, Pilla, si confronta con questa doppia natura? Se sì, come reagisce a questo giogo dell’esistenza?
Innanzitutto Pilla è stata proprio storicamente una figura molto importante, anche dal punto di vista letterario, perché lei aveva la passione per la letteratura tanto quanto i fratelli. Ha avuto la possibilità di studiare. Insieme al padre ha lavorato ad una rivista e con Giacomo, soprattutto, ha avuto un rapporto molto molto stretto: lei gli trascriveva gli scritti e traduceva anche in francese sia suoe che, dal francese all’italiano, altre opere. Quindi, insomma, ha seguito tutto il percorso – anche a distanza – con Giacomo. Anche quando lui se ne è andato continuavano a scriversi lettere e quindi lei ha vissuto sia la sua formazione in quanto poeta sia, in quanto a fratello molto unito e molto stretto, la sua trasformazione come uomo; come essere umano. Anche le sue stranezze; l’isolamento; il suo rapporto con la luna e con l’amore in generale, lei lo ha vissuto.
Pilla è l’unico personaggio femminile della pièce. Quale ruolo gioca nella dinamica tra i fratelli? È una voce di razionalità o si lascia trascinare dalle inquietudini che li pervadono?
Loro tre – in questo caso Orazio, Pilla e Salesio – sono molto uniti e soprattutto insieme affrontano quello che è il clima nella loro abitazione, dovuto un po all’influenza dei genitori molto moralisti, molto rigidi; quindi un’educazione che lasciava poco spazio alla libertà, al gioco, all’esplorazione. E insieme, quando sono soli, si concedono a vicenda un po’ queste libertà. Pilla è la più piccola dei tre ed è quella che mantiene gli equilibri, anche laddove i due fratelli si possano scontrare o avere delle incomprensioni. Lei è quella che cerca sempre, con tutto il suo cuore, di mantenere l’unione tra tutti e tre perchè è il suo bisogno principale di non vederli andar via; di non veder sfuggire questa unione fraterna.
La ricerca del vero è una chiave di lettura fondamentale dello spettacolo, oltre a essere una peculiarità della cifra drammaturgica della compagnia. In che modo Pilla partecipa a questa ricerca? È una figura che indaga attivamente il mistero o è più una testimone degli eventi che la travolgono?
Questo spettacolo gioca su due linee temporali diverse: si parla del 1813, quando erano bambini all’epoca dell’avvenimento di questo mistero in cui è avvolta la vicenda e del 1825, quindi dodici anni dopo. Pilla in queste due epoche ha, prima, un ruolo di osservatrice affascinata da tutto quello che succedeva; ma poi arriva un momento in cui, anche crescendo, lei stessa si mette in gioco nell’indagine per capire sia in riferimento al vero poetico di cui parla Leopardi; ma sia proprio la risoluzione di questo mistero. Che poi è un po’ tutto insieme mescolato; non c’è una vera distinzione.
La pièce intreccia onirismo e realismo, oscillando tra il mondo esteriore e quello interiore e sovrapponendo più linee temporali. C’è un momento in cui il personaggio di Pilla si sovrappone alla persona di Sabrina? Un istante in cui le inquietudini di Pilla diventano anche le tue?
Eh si… è una bella domanda perchè proprio alla primissima lettura dell’anno scorso ho avuto questa sensazione di parallelismo forte tra lei e me, che non ho mai ben compreso a fondo, nel senso che è qualcosa di quasi intangibile. Però, ci sono diversi momenti durante lo spettacolo in cui le sue inquietudini, le sue riflessioni hanno a che vedere anche con le mie, Per questo, la sento particolarmente vicina.
Per concludere. Darkmoon mette in contrasto il peso della conoscenza – che può diventare un fardello – e la poesia, capace di trasformare e sublimare la realtà. Nella vita di tutti i giorni, quale di queste due forze ha maggiore impatto? È possibile trovare un equilibrio tra il bisogno di comprendere e il desiderio di trasfigurare ciò che si conosce?
Penso che questo sia un tema molto attuale e che non ha proprio un’epoca, nel senso che – secondo me – fa parte proprio dell’essere umano la ricerca di un equilibrio tra la condizione esterna che viviamo – quindi in questo caso il 2025 e, invece, ciò che ci accade dentro. Ed è proprio ciò che ci accade dentro che non ha età. Studiando personaggi dell’800, del ‘500, di qualsiasi epoca si capisce che le dinamiche interiori sono sempre quelle: i nostri dubbi, le nostre paure, i nostri desideri sono quelli. È proprio per questo che, secondo me, è bello dare luce nuova e moderna a personaggi del passato e vedere che non sono solo sterili come si pensava a scuola; ma hanno una vita. Ci possiamo rispecchiare sempre.
Con Darkmoon, il teatro si fa luogo di dialogo tra epoche, pensieri e inquietudini senza tempo. La pièce non solo indaga il mistero poetico leopardiano, ma lo rende esperienza viva, in cui il pubblico è chiamato a riconoscersi. Perché, in fondo, la tensione tra il desiderio di comprendere e quello di trasfigurare la realtà non appartiene solo ai poeti, ma a chiunque si interroghi sulla propria esistenza.