Dalla sezione orizzonti di Venezia “ZHELTAYA KOSKA(Gatto giallo)”: la recensione

 di Miriam Bocchino

 

È stato in selezione ufficiale nella sezione “Orizzonti” della 77^ Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia il lungometraggio “Zheltaya koshka (Gatto giallo)” del regista Adilkhan Yerzhanov.

L’opera ha per protagonista l’ex detenuto Kermek (Azamat Nigmanov), un ragazzo appena uscito di prigione dopo aver scontato la pena per il furto in un mercato. Il giovane ha un sogno, apparentemente illusorio: costruire un cinema in montagna per omaggiare il suo mito, l’attore Alain Delon nel film Le samouraï di Jean-Pierre Melville (in Italia Frank Costello faccia d’angelo).

Il vento che accarezza l’erba della steppa kazaka, sferzando il volto e il corpo di Kermek è, tuttavia, fautore di un presagio nefasto. Il protagonista, infatti, nonostante inizialmente cerchi di trovare un lavoro onesto per recuperare i soldi necessari al raggiungimento del suo obiettivo, si scopre costretto a collaborare con la mafia kazaka, il cui capo è Baldyr. Quando viene “invitato” ad assassinare un uomo, colpevole di furto, la sua bontà di cuore, scambiata per molti come stupidità, non gli consente di compiere il drammatico gesto.

Kermek si condanna a una fine inevitabile.

Il giovane, malgrado la sua estraneità a ciò che gli accade intorno, riesce a cogliere l’essenza della realtà: omicidi, sparatorie, ricatti ed estorsioni si rivelano in lui come malvagità dell’uomo che per l’ottenimento del potere e del denaro è disposto a rinunciare alle leggi morali.

Nei giorni in cui vige ancora la speranza per il futuro, il ragazzo incontra Eva (Kamila Nugmanova), una prostituta che è stata venduta a Baldyr dal patrigno, che da sempre ha abusato di lei.

La donna fugge con Kermek. I due inseguono il sogno di una vita diversa ma l’esistenza sembra comunicare a entrambi la fragilità di cui è intrisa.

Le leggi innaturali dell’uomo non consentono il mutamento delle loro realtà: Kermek ed Eva sono la rappresentazione di un “gatto giallo”, imbevuto di benzina che corre nella foresta.

“Il gatto scappa via, bruciando vivo, corre e corre ma non può scappare.”

“Zheltaya koshka (Gatto giallo)” è un’opera strutturalmente semplice nella sua attuazione; tuttavia, la fotografia (Yerkinbek Ptyraliyev) e la regia, nella loro essenzialità, narrano una storia complessa in cui la crudeltà della vita si contrappone alla bellezza dei sogni illusori. L’elemento grottesco di alcune scene sembra simboleggiare quanto spesso l’esistenza irrida l’uomo nella sua ricerca di immortalità.

Kermek è un protagonista consapevole o inconsapevole della sua realtà? La mancanza di paura è data dalla conoscenza della labilità dell’esistenza e dalla comprensione del suo destino?

Un gatto giallo sa di non potere sopravvivere nella foresta ma, ciononostante, continua a correre, cercando una salvezza dal suo fato avverso e ineluttabile.