La visione contemporanea di Lella Costa e di Gabriele Vacis su “L’Otello”
Che le commedie di William Shakespeare contenessero tematiche universali era cosa capita, ma che fosse materiale da cui poter attingere per ritrovarsi negli attuali fatti di cronaca nera forse un po’ meno. Quanti crimini di femminicidio possono essere ricondotti alla favola di Otello e quante persone possono essere identificate nella figura di Otello o di Desdemona?

Il punto di vista finora studiato, raccontato ed analizzato è sempre stato quello maschile. Ma perché non pensare che Desdemona possa esser composta anche lei di sentimenti e di carne come tutti gli altri componenti della storia?
Nel complesso, l’opera shakesperiana viene minuziosamente raccontata come se si stesse in un programma televisivo sulle vicende di cronaca nera, nello stile di Chi l’ha visto? o Quarto Grado, in perfetta attinenza con l’argomento da esporre. Qui non è semplicemente raccontare così come sono avvenuti i fatti come accadrebbe in un’aula di un tribunale con tanto di giudici e di testimoni, ma si ha la consapevolezza di poter raccogliere in forma quasi satirica tutte le assonanze tra la cultura seicentesca veneziana ai tempi di Otello e il contesto sociologico, politico, culturale, persino con richiami cinematografici per sottolineare anche delle incongruenze narrative.
Quello che risalta in tutta la pièce è certamente il linguaggio: Lella Costa, donna dalla grande espressione vocalica, svuota pubblicamente la valigia di tutta la sua conoscenza attoriale. Nella sua vocalità, l’attrice si plasma fisicamente, talvolta simulando un vezzo riconducibile a un personaggio preciso. Si arriva persino destrutturare canzoni facilmente riconoscibili per noi moderni e perfettamente adattabili al componimento poetico del dramma stesso.
Difficile se non altro riportare in vita personaggi senza elementi scenici che ne supportino la narrazione: tre semplici drappi lunghi di colore bianco, disposti in forma triangolare, che aiutano nei passaggi di tempo e nella descrizione dei protagonisti stessi. I tendaggi alludono inevitabilmente a una immagini stilizzata di camera da letto a baldacchino, come era usanza nell’antiquariato di un tempo, e nella rappresentazione delle vele spiegate delle navi del condottiero Otello che salpano alla volta di Cipro o semplicemente attraccate nel porto di Venezia.
A descrivere i passaggi diacronici non sono soltanto le musiche evocative, ma la scelta cromatica degli avvenimenti che determinano un cambio scenico imminente: il blu dei viaggi oltremare di Otello e l’anima profonda e serena del Moro, il verde gelosia come lo descrive Iago “Guardatevi, signore, dalla gelosia: è un mostro dagli occhi verdi che irride il cibo di cui si nutre” (come lo stesso Pierpaolo Pasolini dipinge di verde il volto del suo Iago-Totò nell’episodio dedicato all’Otello “Cosa sono le nuvole?”), il rosso della rabbia accecata di Otello, il suo amore ossessionato per Desdemona e infine il suo omicidio nei confronti della sua donna amata, per finire con il bianco in contrasto con le ombre nere, il Male che prevale sul Bene nonché l’Innocenza scalfita con la lama del coltello di Otello.
La protagonista assoluta qui è Desdemona, personaggio femminile puro nei tratti e profilo di una bellezza suadente. È colei che lascia tutto per l’amore di Otello, persino l’amore paterno pur di congiungersi con il suo amato. Lei che si è lasciata commuovere dai racconti strazianti del Moro e che sempre per il suo sposo viaggia e lo segue ovunque, anche nelle richieste più impensabili. È suo il sacrificio vero e sua è la metamorfosi oltre che il suo deteriorarsi nel corso dell’opera che si fa sempre più evidente: dapprima una donna forte, risoluta, innamorata della vita e del suo uomo in cui nulla scalfisce e ferisce, per poi esser ferita, umiliata e calunniata da colui che chiamava amore e di cui non comprende le accuse che Otello le inputa. Sempre lei quella viene colpita a morte con la sofferenza nel cuore per la morte dell’amico Cassio e per la percossa inferta dal pugnale prima di esalare l’anima. Qui Lella Costa raccoglie una Desdemona ormai esanime, come farebbe la Madonna con Gesù ne La Pietà michelangiolesca, vittima di qualcosa di più oscuro della morte e più violento delle parole. Le parole, infinite parole sono state pronunciate per amore come tante promesse ma tutte subito dimenticate, come persino i sentimenti, in nome di una gelosia abbagliante.

La regia silenziosa e sapiente di Gabriele Vacis con il suo Otello – di precise parole si vive al Teatro Vittoria, scaglia la prima pietra in forma ironica, tagliente, facendo coincidere un dramma teatrale con una situazione attualmente allarmante, in cui vi è solo il tempo di riconoscere il male e di come poterlo evitare.
“Otello – di precise parole si vive” – Drammaturgia Lella Costa e Gabriele Vacis – Regia Gabriele Vacis – Scenofonia Roberto Tarasco – Scene Lucio Diana – Ufficio Stampa Teresa Bartoli – Produzione Teatro Carcano – Dall’11 al 16 marzo al Teatro Vittoria.