La 65° edizione è uno studio televisivo vestito a festa, dorato e luccicante con le statuine in primo piano, ma vuoto, deserto eppure collegato, in stretta connessione con il mondo.
Fuori le sale cinematografiche italiane illuminate come per una proiezione fantastica, in un flash mob che sottolinea che il cinema c’è e vuole con tutte le sue forze tornare e riprendere il suo lavoro.
Questa ieri sera è stata la strana, eppur fantastica ed emozionante, serata dei David di Donatello, fortemente voluta, nonostante le condizioni, dall’Accademia del Cinema italiano, da Rai Cinema e da tutto il mondo dello spettacolo.
Più che una serata di premi è stato un omaggio, un atto d’amore, a cominciare dal primo tributo che ha aperto la cerimonia, affinchè il cinema torni ad essere quello che è, un sogno proiettato su un grande schermo, in una sala.
Il resto è stato quello che ormai ci è familiare, una serie di collegamenti via skype con i protagonisti a casa loro, emozionati e a volte commossi, scorci di stanze, librerie, quadri e divani. Niente red carpet, non possiamo parlare dell’eleganza delle attrici, del loro look, dell’ultimo taglio di capelli e dell’atmosfera che si respirava in sala.
Tutto è più intimo, ritroviamo quella che per molti di noi è diventata la nuova quotidianità, riunioni da remoto, collegamenti dalle nostre case, trucco e parrucco casalinghi, figli che irrompono.
Ed è proprio questa la nuova normalità, un’esultanza familiare, con lo sguardo felice che va oltre il monitor a cercare gli affetti più cari, e poi all’improvviso ecco irrompere una vocina, un abbraccio veloce e timido. Questi sono i protagonisti ed i divi ai tempi del Covid19.
La serata è come un balsamo per chi ama il cinema, e di questo c’era davvero bisogno, di riaccendere le luci, di pensare che siamo vicini ad una ripresa, di rimmergerci nell’atmosfera magica dei film, per non dimenticare le sensazioni che solo una sala può darci.
Poi certo ci sono i premi.
Trionfa “Il traditore” di Marco Bellocchio con 6 statuette, miglior film, Pierfrancesco Favino miglior attore protagonista, Luigi Lo Cascio miglior attore non protagonista, Marco Bellocchio miglior regista, Valia Santella migliore sceneggiatura originale.
Migliore attrice protagonista Jasmine Trinca per “La dea fortuna” che dedica il premio a Ferzan Ozpetek e a sua figlia Elsa, che l’abbraccia felice e sembrano davvero due bambine. Le piace ricordare quello che le ha detto Ozpetek a proposito dei ruoli: “un’attrice protagonista non si vede dalla quantità di minuti in un film” e davvero il suo personaggio va eppure resta.
Migliore attrice non protagonista è Valeria Golino per “5 è il numero perfetto” anche lei spaesata, emozionata e felice.
Poi ci sono i miti, Marco Bellocchio, anche lui in dimensione familiare, con un sorriso timido e sornione, ci tiene a condividere con noi i suoi 80 anni e con entusiasmo pensa ai film che farà nei prossimi anni.
Roberto Benigni con la sua solita verve soffre per non poter toccare e abbracciare tutti e come al solito ci strappa un sorriso ed un sospiro di nostalgia.
Un’iniezione di positività, insomma, come quella che ci regala Pierfrancesco Favino raccontando di come una signora, prima del coronavirus, incontrandolo gli aveva detto “mi raccomando torni presto a trovarci” e questo è il senso della serata, il cinema deve tornare presto tra noi.
Poi la famiglia irrompe e la moglie Anna Ferzetti, collegata anche lei dall’altra stanza per la nomination come miglior attrice non protagonista, corre ad abbracciarlo e si commuove felice.
C’è tempo nella serata per parlare di altri film ed altri protagonisti, Phaim Bhuiyan, miglior regista esordiente con il suo Bangla, che dedica il premio ai ragazzi come lui, alle seconde generazioni, e ringrazia l’Italia per averli accolti. E poi il miglior trucco andato al film “Pinocchio” con Dalia Colli e Mark Coulier, la migliore fotografia di Daniele Ciprì per “Il primo re” e ancora Martin Eden con la migliore sceneggiatura adattata di Pietro Marcello e Maurizio Braucci.
Ci sono gli omaggi a Federico Fellini e Alberto Sordi che avrebbero quest’anno compiuto 100 anni ed il David speciale a Franca Valeri che invece 100 anni sta per compierli.
Ecco questo è stato il Premio David di Donatello in questi nuovi tempi.
Su tutto l’appello che risuona come un mantra, aiutate la cultura ed il mondo dello spettacolo. I protagonisti sono la punta dell’iceberg di un universo variegato, molteplice, fatto di professionisti, artigiani, eccellenze che permettono di pensare, creare, dare una forma, un suono e un’immagine ai sogni. Parliamo di un immenso patrimonio comune da preservare e a cui dare gli strumenti per ripartire.
E mai come in questo momento, abbiamo capito quanto tutto questo sia prezioso anzi indispensabile, l’essenza stessa e l’anima della nostra cultura.