Cosa unisce le celebrità alla Settimana Enigmistica: l’artista Michela Manfredi

Intervista alla pittrice Michela Manfredi per raccontare la Pop-art

Dalla visita alla mostra virtuale di Michela Manfredi, una forma che in pochi possono vantare di essere riusciti a effettuare, è rimasta la voglia di cercare risposte alle contaminazioni artistiche che si stanno aprendo un varco fra le nuove possibilità creative dei nostri giorni. La Pop art è sicuramente una di quelle correnti contemporanee e sovversive da tenere sott’occhio. Oltre all’esperienza attuale da pittrice, riconoscibile dai colori sgargianti e le linee che contornano i volti di personaggi famosi, ad averle fatto provare per la prima volta il brivido nel tenere in mano un pennello sono state due figure importanti, Lucio Amelio e Alfredo Di Giovanni. Dopo aver realizzato un’esposizione intitolata “Ma L’amore no” presso l’atelier Artender ad Alassio lo scorso maggio, l’artista ci racconta il proprio punto di vista sulla sua presenza in veste di protagonista di un’inventiva vistosa e singolare.

Dita Parlo, 80×100 cm

Addentriamoci nella ricca evoluzione di Michela Manfredi per scoprire da vicino la realtà che porta avanti:

Come definiresti la tua arte in tre parole?
La definirei: pop, vivace ed evocativa. Pop è lo stile artistico che mi ha influenzata fin da piccola. Io vengo da una famiglia in cui l’arte mi ha colpita sia dalla parte materna, con mio nonno Alfredo Di Giovanni, pittore classico, sia dalla parte paterna grazie al mio prozio, il famoso gallerista Lucio Amelio. Lucio Amelio ha portato in Italia l’arte contemporanea e artisti come Andy Warhol, quindi il fulcro della pop art. Io ero circondata dalle sue opere che mi hanno molto influenzata. 

Vivace perché utilizzo i colori ed è terapeutico sia per me durante il processo di creazione dell’opera, sia per chi la guarda. Ritengo che i colori siano vibrazione e la scelta dei loro accostamenti serve per dare un senso a me stessa e in generale alla vita. 

Evocativa essendo che mi piace rappresentare le copertine delle riviste, in particolare ho iniziato con quelle della settimana enigmistica. Ho rappresentato le prime sedici edizioni uscite nel ’32, le trovo evocative in quanto mi riportano alla mente momenti condivisi con la famiglia, trascorsi con gli amici, spensierati e felici. Percepisco la rievocazione di sensazioni che nell’immaginario collettivo sono associate a un tipo di rivista iconica in Italia, che tutti sfogliano magari durante le vacanze estive, spesso in compagnia.

Come giustifichi l’accostamento fra personaggi celebri e la grafica della settimana enigmistica? Noto uno sguardo al mondo del cinema
I volti che riporto nelle copertine della Settimana Enigmistica non li ho scelti io ma sono originari delle prime sedici copertine. Adesso invece li ritroviamo nel rettangolino in basso a destra o a sinistra, comunque nell’angolo del cruciverba. Soltanto nelle prime copertine erano incasellati direttamente nel cruciverba stesso. Ritenendolo un elemento decisamente pop è stato il motivo per cui ho scelto di prediligere le copertine come soggetti delle mie opere, riportandole su tela. Vedere lineamenti di attori e attrici di quell’epoca nel cruciverba mi è parsa un’eventualità intuitiva. Sfogliare una rivista iconica e osservare un personaggio iconico è come vedere un’icona dell’icona. Mi affascinano le storie di successo delle persone che sono riuscite a emergere e a distinguersi realizzando il proprio sogno e il proprio destino. Al fianco di ognuna delle opere della mia mostra virtuale ho proposto dei racconti, ho voluto raccontare e rendere vive le celebrità dandogli voce attraverso i colori, la pittura e la tela.

I colori freddi della settimana enigmistica vengono come abbracciati e amplificati da quelli con cui dipingi le altre figure, è voluto?
Ho deciso di riproporre le copertine delle riviste, generalmente bianche e nere, con affianco dei colori vivaci dato che mi piace lo stile pop caratterizzato dalle tonalità forti. I colori emanano vibrazioni che in qualche modo influiscono sullo stato d’animo. Li accosto in maniera non scontata e mai banale, affinché trasmettano sensazioni positive.

Oltre alle sembianze umane cosa ti piace dipingere?
Preferisco dipingere i fiori, li trovo anche questi evocativi, pieni di vita, vivaci, con le loro mille sfumature di colori e le loro mille forme particolari. D’altronde ho una forte passione per la natura, che rispecchia le tre caratteristiche con cui mi piace descrivere la mia arte. Inoltre, sono usuale riprendere come soggetto delle mie opere il Vesuvio, simbolo della mia terra d’origine. È un elemento naturale che ho a cuore, avercelo davanti è un’esplosione di gioia e ogni volta che lo si guarda ti scatena tante emozioni, emozioni anche contrastanti, perché comunque nonostante sia romantico da vedere, allo stesso tempo è impotente nell’incutere timore. Ovviamente come già successo in passato può essere anche fonte di morte. Un contrasto intrinseco inimitabile.

Quali sono secondo te le potenzialità dell’arte virtuale?
Credo che le potenzialità dell’arte virtuale siano immense. A partire dal mio esempio; io nonostante non abbia una fama internazionale posso potenzialmente raggiungere un pubblico variegato in tutto il mondo a un costo praticamente zero. Un’opportunità grandissima da sfruttare e che voglio sfruttare di nuovo per farmi conoscere e far conoscere le mie opere a largo raggio. Un simile processo tempo fa non era possibile o lo era solo per pochi eletti, coloro che riuscivano a raggiungere un certo livello di notorietà.

Harry Frank, 100×80cm

Quali sono in una prospettiva futura i tuoi prossimi obiettivi?
Nei miei progetti futuri prima di tutto c’è il desiderio di coltivare la passione per l’arte, l’istinto che ho da quando sono bambina. Voglio farlo pensando che sia un’eredità di mio nonno e il mio prozio, permettendogli di continuare a vivere attraverso di me.

Contatti: Ig: @mmlabart – email: michela.m@mmlabart.com