Contagio: lo sgretolarsi dei muri

Il virus delle ideologie in un mondo smarrito al Belli di Roma

È andata in scena al Teatro Belli la fragilità delle ideologie in un’umanità disorientata e alla ricerca di punti fissi. Le ideologie, fortezze arroccate, strumento di difensiva, ostentazione di certezze fallaci, ancora per non naufragare nelle proprie insicurezze.

Tre persone di diversi orientamenti politici vengono rinchiuse come pazienti in un ambulatorio statale e gli viene confidato che si sta diffondendo un virus che permette di trasmettere contro la volontà altrui convinzioni politiche, religiose e di altro tipo, un contagio ‘ideologico” che potrebbe gettare il mondo nel caos. I tre individui potrebbero essere affetti da tale virus, eppure sorge il dubbio che sia tutta una montatura per portare avanti un esperimento genetico illegale. Dove è la verità? E quali legami si instaureranno tra i tre pazienti costretti con la forza a convivere? 

Contagio è uno spettacolo irriverente e dissacrante, che mira a vivisezionare l’essenza delle ideologie, analizzando minuziosamente e con sarcasmo irresistibile i luoghi comuni che le costituiscono, rovesciando certezze e mettendo in crisi l’identità e autorevolezza della democrazia stessa. 

Un anarchico individualista, una donna d’affari capitalista e un comunista. Tre persone costrette a tollerarsi, tre ideologie obbligate a coesistere. 

Il ragazzo anarchico, interpretato perfettamente da Luca Vergoni, è spregiudicato e ribelle, affascinante e istintivo, passionale ed emotivo. Contesta ogni dovere e norma, ma nasconde delle profonde insicurezze. Lentamente crescerà la sua irrequietezza, il disagio esistenziale gli scoppierà nelle vene fino a prendere inaspettate decisioni sul futuro.

Daniela, la liberale, non si interessa di politica, lei è “apolitica”, ma non si rende conto che tutto è politica. La sua è una devozione ai principi del libero mercato e per lei lavoro ed efficienza sono tutto. È interpretata da Francesca Blasutig, che le da una freschezza e un’energia interessanti, disinvoltura e brio, humour accattivante e incisività.

Pietro Bovi è il giovane comunista. Totalmente dedito al Partito, non ne mette mai in discussione scelte e modalità e per lui è al centro di tutto il bene comune e l’uguaglianza. Ha anche un fratello tossicodipendente che cerca di aiutare a disintossicarsi. Bovi gli dà una verve umoristica irresistibile, tratteggiandone la caricatura, evidenziandone l’integralismo e quella rigidità mentale che si legge nei movimenti del corpo. La voce stessa è dal timbro fermo e declamatorio per indicare un rigore esasperato, una dedizione maniacale al Partito tanto idolatrato e un continuo sdoganarne gli ideali a suon di slogan.

Altro personaggio centrale è l’infermiere, colui che accoglie e spiega la situazione. È accomodante e simpatico, gentile e dalla battuta sempre pronta. Spalla e consigliere di cui non è facile comprendere se potersi fidare o dover dubitare, sembra una presenza rassicurante e amichevole. 

Non è semplice satira, è un racconto esistenziale perché descrive la condizione dell’uomo di fronte alla politica, e dunque alla vita, perché la politica è intesa come il modo in cui l’essere umano prova disperatamente a rapportarsi con il mondo e l’altro da sé, attraverso leggi e ideali. Uno dei punti centrali dello spettacolo in questione è che anche quando si pensa di essere estranei alla politica, di essere apolitici, in realtà si sta facendo politica, in quanto ogni azione rivela un’intenzione e un’idea di tipo politico.

La messa in scena si apre con le parole di Giorgio Gaber del monologo La democrazia e si chiude con Il conformista. Gaber descrive la democrazia come un trionfo di mediocrità, una tentazione che impigrisce l’uomo di qualità, il quale per ottenere consenso deve adeguarsi alla massa. «E così, quando tutti saremo scemi allo stesso modo, la democrazia sarà perfetta», dice Gaber.  Ne Il Conformista, le ideologie non sono una scelta individuale, ma un mezzo per compiacere il mondo ed essere accettati. È l’individuo a essere posseduto da esse, non il contrario.

Contagio è un racconto tendenzialmente distopico del drammaturgo Enzo Ferraro diretto da Andrea Goracci, che sceglie di aggiungere il punto di vista di Gaber al testo originale. Scorrevole e coinvolgente, Contagio smonta l’ideologia politica e tenta di suggerire delle falle della democrazia. Squarcia le ipocrisie e indaga il potere delle ideologie, vissute come dogmi assoluti e incompatibili con l’amore. Quest’ultimo le distrugge e ne viene, a sua volta, distrutto. Si empatizza con la vulnerabilità dei personaggi, disorientati e in cerca di certezze che diano senso al caos della vita, tra disperazione e fallimento.

_________________________

Contagio – Scritto da Enzo Ferraro Con Luca Vergoni, Francesca Blasutig, Andrea Barbati, Pietro Bovi – Regia di Andrea Goracci – Teatro Belli dal 4 al 6 marzo 2025