E’ chiaro l’intento creativo, e allo stesso tempo ludico, già dal titolo. Giunti, la casa editrice che cura il catalogo della mostra in uscita il prossimo gennaio, gioca con se stessa: “Con-Giunti” lega il passato con il presente, l’arte antica e moderna con il contemporaneo. Andando controcorrente rispetto alla comune spinta verso l’abolizione di ciò che è stato, e la necessità di distruggere e negare le proprie radici, per essere liberi in una creazione che guardi al futuro. Canone assai diffuso in tutto il ‘900: basti pensare ai Futuristi…
Al contrario, ci viene proposto un percorso artistico che rispetta l’antico, e anzi lo riconosce come fonte di ispirazione, oltre che base concreta da cui partire per muovere passi verso una innovativa ricerca, nelle forme, nei colori, nei materiali…
Ecco allora Paola Gaggio, con il suo MAWA, un intreccio di cordini portabadge e lana a incorniciare il coperchio di una lattina, evidente richiamo all’iconica Campbell’s Soup di Andy Warhol, con i caratteristici bianco e rosso acceso.
Oppure Maria Velardi, con Madonna Candelora, moderna citazione della Madonna con bambino di Duccio di Buoninsegna, dove colori e espressioni innovativi e sicuramente distanti dal modello, non tradiscono un impianto trecentesco.
Poi c’è Piet Mondrian chiaramente richiamato sia da Michele Toniatti, con i suoi “cubetti” di legno pigmentati, che da Vincenzo Galluzzo con il suo The Cage.
Ed è bello scoprire come una foto in bianco e nero possa far pensare ad una scultura di Fidia: è il caso dell’Athena rapita di Alessandra Vinotto.
È un filo doppio a “congiungere” il passato al presente, o se vogliamo una strada da percorrere in due direzioni. Perché se originariamente una commissione ha scelto i lavori più interessanti, collegandoli in un secondo momento ad artisti noti, è vero anche il contrario: sono state scelte creazioni esplicitamente ispirate ai maestri conosciuti, risultando comunque pregevoli per l’interpretazione soggettiva e il risultato innovativo.
È il caso di Josine Dupont, e del suo modernissimo Omaggio al Guercino. O di Matteo Agarla, che con la sua fotografia digitale ripropone una delle nature morte più famose della stoia dell’arte: il cesto di frutta di Caravaggio.
E poi, oltre al valore artistico in sé, oltre all’evidente ricerca di materiali innovativi che salta subito all’occhio, c’è il gioco, al quale tutti i visitatori possono cedere: perché non è unico il “rimando” che ispira ogni singolo lavoro.
Mario Minutolo e il suo Nell’Al di qua scelto dalla commissione per il legame con James Ensor, richiama subito alla mente Kandinskij, Bosh oppure Ernst… E Uova come se piovesse di Barbara Legnazzi, in coppia con Niccolò dell’Arca, non può non ricordare l’Urlo di Edvard Munch.
Anche per i neofiti dell’arte è impossibile non restare incastrati in un gioco divertente e allo stesso momento stimolante, in quattro splendide sale, per più di trenta opere. Una mostra passata per Novara e Bellagio e ora a Roma fino al 15 dicembre a Palazzo della Cancelleria Apostolica, in Piazza della Cancelleria 1.