“Cocktail per tre” al Teatro Marconi: la recensione

 

di Miriam Bocchino

 

“Cocktail per tre”, spettacolo in scena al Teatro Marconi fino al 2 febbraio,è tratto dall’opera di Santiago Moncada “Caprichos” del 1993.

La pièce, che è stata attualizzata, è ambientata nel salotto della casa di Cristina, donna quarantaduenne, con il vizio spasmodico del fumo e degli uomini sbagliati.

Ella, infatti, vive da quattro anni una relazione complicata e che non la rende interamente soddisfatta con un deputato europeo, Vittorio, il quale ha un’altra famiglia e le concede i ritagli di tempo da trascorrere dentro casa al riparo da sguardi curiosi. Cristina è stata sposata con un uomo, Gianni Carlo Maria, che è scomparso dalla sua vita e della figlia Marta dieci prima e che è stata costretta a lasciare a causa dei suoi continui tradimenti.

Un incontro inaspettato con Gianni smuoverà in Cristina i ricordi passati, di una felicità vissuta intensamente ma durata poco e svanita in modo doloroso.

Cosa accadrà quando nella donna sopraggiungeranno i sensi di colpa nei confronti del compagno Vittorio, il quale è giunto, finalmente, ad una fatidica decisione?

L’intera commedia è scandita da un ritmo sostenuto grazie alle battute che i tre personaggi rimbalzano tra di loro.

Cristina, Gianni e Vittorio appaiono totalmente distanti e sembrano non capirsi nei loro dialoghi, spesso estenuanti, ma ricchi di senso inconscio. Cristina, interpretata da Miriam Mesturino, infatti, è una “donna sull’orlo di una crisi di nervi”, agitata, discontinua negli atteggiamenti e nelle parole e con una perenne insoddisfazione per una vita che sembra non appagarla, nonostante sia un’artista.

Gianni, interpretato da Franco Oppini, è l’eterno bambino, il Don Giovanni che non vuole responsabilità e che giustifica le sue azioni affermando di ricercare solo la felicità.

Vittorio, interpretato da Marco Belocchi, appare un uomo freddo, rigido nelle sue convinzioni e in grado di celare i sentimenti con facilità.

I tre, insieme sul palco, riescono a dar vita ad uno spettacolo gradevole, che dispiega dinnanzi agli occhi dello spettatore la fallacia e la menzogna che la vita spesso regala senza un motivo.

La recitazione è “sopra le righe”, spesso accentuata e poco veritiera ma “giusta” per lo spettacolo. Il testo è in grado di regalare momenti inaspettati pur rimando, nella pièce teatrale, in superfice.

Di Santiago Moncada – Traduzione Pino Tierno – con Franco Oppini, Miriam Mesturino e Marco Belocchi – Regia Marco Belocchi

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