di Ester Campese
Pensando ai maggiori pittori iperrealisti del nostro tempo non possiamo che giungere con la mente a Claudio Bravo Camus. Nato a Valparaíso nel 1936, visse e lavorò in Cile per poi trasferirsi a New York, in Spagna e successivamente in Marocco.
In Cile, nei suoi primi anni di studio, frequentò i gesuiti di Santiago e già da fanciullo colmava i quadernini di disegni. Un giorno il Prefetto della scuola elementare li scoprì e decise di indirizzare il giovane Claudio presso lo studio del pittore Miguel Venegas Cifuentes, dove il ragazzo apprese i primi rudimenti dell’arte pittorica. Fu appoggiato in questo percorso dalla madre, anch’ella artista, seppur dilettante.
Bravo è divenuto noto per i suoi dipinti di nature morte, per i ritratti realizzati anche per personaggi di spicco della società come il dittatore spagnolo Franco, il presidente delle Filippine Ferdinand Marcos e la moglie Imelda.
Affiancò alla pittura più classica i soggetti che lo resero noto al mondo intero, distinguendosi da tutti gli altri artisti, ovvero i suoi quadri raffiguranti pacchi e oggetti avvolti da carta da imballo.
Sul suo stile hanno decisamente influito gli artisti del periodo Rinascimentale e Barocco, presi a riferimento per la luce, ma anche pittori più contemporanei: tra questi il surrealista Dalí da cui prese spunto per una certa narrazione sarcastica e Rothko per i campi di colore astratti, pur riuscendo a ben evidenziare le qualità tattili dei materiali dipinti.
Con grande virtuosismo prese spunto, per i suoi soggetti, anche dal genere delle nature morte dei grandi maestri come Caravaggio, Velázquez e Baschenis a modo suo. Di quest’ultimo è possibile distinguere il medesimo rigore prospettico. Tutte le opere di Bravo sono state realizzate con un’attenzione meticolosa per il dettaglio e riescono così a trasferire il senso della normalità e della quotidianità oltre che della memoria.
Un artista di gran talento ben predisposto nello sviluppare una sua forma di realismo peculiare, talmente chiara da sfiorare il foto-realismo. Tenne però sempre a sottolineare come i suoi quadri fossero realizzati da soggetti reali e non da fotografie.
I suoi dipinti rimandano alla suggestione del regalo che nasconde in sé, a livello simbolico, un significato profondo, carico di aspettative e latore di messaggi importanti, da indagare, svelare e scoprire. Messaggero anche di una memoria da conservare o rievocare nel proprio intimo. Nessun oggetto sa “spiegarsi” da solo: per ricordare dunque abbiamo la necessità di conservare ed è ciò che sembra suggerisci l’artista attraverso i suoi “imballi”.
Una narrazione poetica che sa trasferire una storia e che fornisce congiuntamente anche dei valori, capaci di sopravvivere al trascorrere del tempo. Si fondono così immagine e racconto in un unicum in grado di rendere reale e presente ciò che non lo è più.
A buon diritto è dunque considerato tra i più grandi pittori realisti del suo tempo. Scomparso nel 2011, ha prodotto nel corso della sua vita oltre 500 opere, alcune delle quali sono conservate presso il MoMA e il Metropolitan Museum of Art di New York. Con la sua arte ha spaziato oltre i confini della pittura realizzando anche disegni, litografie, incisioni e sculture in bronzo.