Cinque notti di (quasi) terrore

Five Nights at Freddy’s arriva in sala per rivivere sul grande schermo l’esperienza finora limitata alle console di gioco.

L’adattamento del videogioco del terrore di grandissimo successo Five Nights at Freddy’s è finalmente arrivato in sala, portando sullo schermo il famoso locale abbandonato “Freddy Fazbear’s Pizza” e gli iconici pupazzi animatronici che hanno terrorizzato migliaia di videogiocatori.

Un film che porta “Freddy” nel titolo, nome che evoca incubi adolescenziali di “craveniana” memoria, non poteva che trattare il tema del sogno e della sua interazione con la realtà. Con una premessa rimembrante il celebre It di Stephen King, il trauma della perdita del fratello minore perseguita il problematico Mike Schmidt, convinto di poter assumere il controllo dei propri sogni e individuare nella memoria onirica l’identità del rapitore del fratello rivivendo ostinatamente l’evento.

In queste vicende personali si inserisce la “provvidenziale” assunzione per Mike come sorvegliante notturno di un locale per famiglie chiuso da anni a causa di alcuni scandali, che nasconde più di un segreto legato ai pupazzi animatronici dismessi che ospita.

Non può apparire dunque più evidente come il film si muova nell’ambientazione di una casa stregata, arricchita dall’elemento dello sguardo panottico del sistema di sorveglianza, cosa che, in teoria, dovrebbe rappresentare un valore aggiunto nella costruzione della tensione per una vicenda basata sui misteri della geografia di un ambiente sconosciuto (al protagonista quanto allo spettatore). E in effetti una certa enfasi sulle immagini, la loro capacità di comunicare, così come la manifestazione dell’inconscio attraverso l’atto del disegno, assume una posizione di primo piano nell’economia della storia, portata avanti dalla figura di Abby, sorella minore di Mike. Diciamo “dovrebbe”, però, perché purtroppo la pellicola fallisce nell’intento prefissatosi.

Data la notoria difficoltà di realizzare l’adattamento per lo schermo di un videogioco, testimoniato dalla frequenza di risultati fallimentari, Freddy’s pare compiere il lodevole tentativo di cercare una legittimazione nel ricorso a elementi di psicanalisi (e forse gettando le sue fondamenta su un mix di lavori consolidati del passato, come indicato in apertura), per andare oltre il semplice filone della haunted house (casa stregata). Purtroppo, proprio l’atmosfera e la costruzione della tensione, elementi di base fondamentali per questo genere di film, finiscono per risentire troppo di questa scelta dai caratteri freudiani, diluendosi in una narrazione dispersiva che finisce per attenuarne troppo l’efficacia.

In una prospettiva quasi metacinematografica la pellicola sembra apprendere e mettere in pratica il proprio messaggio sul non rimanere bloccati nel passato come la giovane poliziotta Vanessa, cristallizzata nella sua infanzia legata al locale e i pupazzi che lo abitano, ma soprattutto Mike, ossessionato a tal punto dal rapimento del fratello avvenuto anni prima, da dimenticare che la sorellina Abby, è lì, ora, in necessità di cure e del suo amore. Eppure, nonostante il tentativo di evoluzione dalla fonte videoludica, Five Nights at Freddy’s non riesce a riproporre in sala quell’esperienza che tanto successo gli aveva garantito in prima istanza.

Five Nights at Freddy’s di Emma Tammi – Con Josh Hutcherson, Piper Rubio, Elizabeth Lail, Mary Stuart Masterson, Matthew Lillard, Kat Conner Sterling, Grant Feely – Anno 2023

Cinema & TV
Elena Salvati

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