Conosco tutte o quasi le sue canzoni, 4 Marzo 1943, ribattezzata dal pubblico Gesù Bambino, L’anno che verrà, Piazza grande, voce e clarinetto in jazz da ben figurare all’Apollo Theatre di Harlem. Faccia unica solcata dal blues arricchita da curiosi occhialini tondi e da buffi cappellini, assai lontano dal mio solito mondo di celluloide, la prima volta che l’ho conosciuto è stata in una calda mattinata di luglio ai bordi della monumentale piscina della esclusiva Masseria San Domenico in Puglia. Qui steso al sole veniva “lui che veniva dal mare” delle vicine isole Tremiti dove era in vacanza nella sua villa a presentarmelo fu mio fratello Ferdinando vicino di masseria a mia volta ospite in quella Puglia, California d’Europa, ancorché’ produttore del musical Tosca amore disperato, l’evento di quella stagione del grande Teatro Tenda di Tor di Quinto a Roma, le musiche manco a dirlo erano sue.
Dieci anni dopo la sua prematura scomparsa, il mondo della musica e non solo ricorda Lucio Dalla, l’autore di Caruso, quello che giustamente viene ricordato come un grande poeta, geniale e soprattutto un uomo generoso, scomparso per un infarto a Montreaux in Francia il 1 marzo del 2012.
Lucio Dalla era nato a Bologna, «la sua musica gira ancora su dischi in vinile», scrive Carlo Verdelli, «quei dischi in vinile i più grandi si chiamano LP, mentre i più piccoli possono finire nel mangiadischi. Poi ci sono le cassette buone per i mangianastri, poi passati di moda. Lui no, lui mai!»
Milioni di quei dischi per milioni di fans e non solo in Italia, «la sua vita artistica non è stata anche un grande show», hanno titolato i giornali ricordando Lucio Dalla con le foto con i conterranei Valentino Rossi e Luciano Pavarotti, con Renzo Arbore e Sophia Loren, con Sting e Zucchero al concerto di Pavarotti and Friends. «Che ne pensa di debuttare come regista di un suo film?», gli chiesi stupidamente quella mattina al San Domenico. «Dovrei prima scriverlo», mi rispose con un sorriso, tornando a parlare con mio fratello di piante di ulivo.
Alda Merini, la poetessa dei Navigli, una tra le voci più alte della poesia contemporanea gli dedicò una poesia e nel 1994 in occasione della consegna di un premio, duettarono insieme in L’anno che verrà. «Quando suonava il clarinetto, non ce n’era per nessuno pur non conoscendo una nota», ha raccontato il suo grande amico Ron. «Al suo festival alle Tremiti», ha scritto Aldo Cazzullo sul Corriere della Sera ricordando Lucio, invitava jazzisti raffinati, ma c’era sempre un cantante napoletano (gli isolani discendono dai secondini dei Borbone); e lui era felice di esibirsi con Gigi D’Alessio, lui che aveva suonato con Chet Baker.»
«La sua grandezza”, ha detto Rosalino Cellamare, coautore di molti successi di Lucio e suo caro amico, «era quella di saper trovare l’ispirazione delle sue canzoni, in mezzo alla gente e soprattutto fra gli ultimi.
È proprio il caso di scrivere, riascoltandolo: «Qui dove le lacrime luccicano…». Che peccato, che occasione perduta ai bordi di quella piscina assolata. In prima fila alla prima di Tosca c’ero anch’io ad applaudirlo. Mi restano quegli LP e un’intervista mancata. Ciao Lucio!