Caravaggio – il punto di vista del cavallo

 di Ester Campese

L’ultima opera letteraria di Sgarbi è “Sgarbi è “Caravaggio – il punto di vista del cavallo” edito da “La nave di Teseo” nel giugno 2021. Viene così regalato al lettore un saggio facilmente godibile su Michelangelo Merisi detto il Caravaggio.

Già dal sottotitolo e dall’immagine di copertina, l’autore si focalizza su quella che è l’essenza che ha reso celebre il grande Maestro. Il dipinto della cover è la “Conversione di San Paolo” dove, a differenza delle iconografie tradizionali, la scena non ha l’angolazione visuale del Santo, ma da quella del cavallo. Il destriero infatti domina il Santo che è disarcionato e perciò caduto anche se pronto a rialzarsi. Questo è il focus, il ribaltamento della visione: “Anziché vedere l’episodio dal punto di vista dell’uomo lo si percepisce dal punto di vista del cavallo”, dice l’autore del libro.

Michelangelo Merisi si affida totalmente al proprio sguardo, alla realtà così come appare, in tutti i suoi quadri, senza infingimenti estetici. Allora invece la regola era che gli artisti “fanno le cose non come sono, ma come essere dovrebbono per essere perfettissimamente ad effetto” (Giovan Battista Agucchi).

Caravaggio per non voler osservare questi principi di base è stato considerato, ai suoi tempi, un artista limitato. Sempre secondo Agucchi, “ha lasciato indietro l’idea della bellezza, disposto a seguire del tutto la similitudine”. Proprio qui invece è la sua forza straordinaria “seguire del tutto la similitudine” per farne un’arte nuova. Il noto critico coglie proprio questo aspetto nel suo libro,portando ad esempio numerosi altri dipinti del Merisi in cui la teoria dei volti e dell’espressione dei personaggi raffigurati sono reali e non iconizzati. Egli non esibisce cultura, né la civiltà di buone maniere, ma esplora il mondo quale è veramente sino alle sue frange più marginali. Trova qui lo specchio concreto delle storie che racconta sia Sacre che profane.

Questa continua ricerca della realtà è favorita, dice sempre l’autore del testo, dalla vita stessa dall’artista svoltasi tra risse, omicidi e fughe. Questa condotta gli ha alienano i “favori ufficiali” del Papa e della sua corte. Alcuni singoli Cardinali, dalle visioni più ampie, non hanno però rinunciato a commissionargli alcune opere. Il Cardinale Francesco Maria del Monte è tra questi e di fatto acquista per sé il famoso dipinto “I bari” rimasto affascinato dalla verità ottica caravaggesca. La stessa è presente anche ne “I musici”, “il ragazzo morso da un ramarro”, la “Testa di Medusa”. Sono queste opere portate nel testo a ulteriore testimonianza di questo atteggiamento e visione in cui la vita vera prevale sulla bellezza ideale immaginata nell’antica arte greca e romana e dal manierismo in voga ai suoi tempi.

Le stesse caratteristiche si ritrovano nei due grandiosi lavori “La Vocazione” e “Il Martirio di San Matteo” conservati nella Cappella Contarelli a San Luigi dei Francesi. Nel primo l’evento straordinario come la chiamata di Dio viene trasformata in una scena di osteria. La luce è radente e fredda e contribuisce a far stagliare gesti e sguardi degli astanti. Nel secondo capolavoro lo spazio è occupato dai corpi e viene enfatizzata nei volti l’espressione del dramma, reso fatale, dall’atto ineluttabile del sicario.

Sono portati dal critico numerosi altri esempi di questa ricerca caravaggesca della realtà, anche se cruda. Si riafferma in tal modol’assoluta modernità dell’artista e la sua piena rivalutazione in questo mondo attuale in cui prevale l’essere e non l’immaginario.

Molto originale nel contesto di quanto narrato è l’accostamento che il critico opera tra alcuni dei più famosi dipinti, con foto di personaggi ed episodi realmente accaduti di recente. Tra questi la morte di Pier Paolo Pasolini, del suo assassino Pino Pelosi, di Franco Citti e Ninetto Davoli, raffrontati rispettivamente con il putto di “Amor omnia vincit”, “Il Fanciullo con canestro di frutta” e Il bacchino malato”.