L’attribuzione al festival di Cannes di una speciale Palma d’oro alla carriera al regista italiano Marco Bellocchio, non ha colto di sorpresa chi di cinema vive. Già vincitore del Leone d’Argento alla Mostra del cinema di Venezia nel 1991 per il film La Cina è vicina, l’Orso d’argento al Festival del Cinema di Berlino nel 1999 per La condanna, Premio d’onore al Festival Internazionale di Mosca per il suo contributo al cinema, il Leone d’oro alla carriera nel 2011 ancora alla Mostra Del Cinema di Venezia, Bellocchio classe 1939 nato a Bobbio in provincia di Piacenza, regista, sceneggiatore, produttore e docente, si è affermato nell’universo cinematografico con le sue opere ricche di film costruiti con lucida chiave di irriverenza verso modelli sociali conformisti e ribelli.
Scuola di regia al Centro Sperimentale di Cinematografia di Roma sotto la guida di Andrea Camilleri, Bellocchio a soli 26 anni ha debuttato nel cinema nel 1965 con il cult movie I pugni in tasca, vincitore della Vela d’argento al Festival del cinema di Locarno, film che la critica internazionale evidenziò per il suo anticonformismo, affrontando a testa alta la violenza delle istituzioni, così come per capolavori come La Cina è vicina, vincitore del Gran Premio della giuria sempre alla Mostra del Cinema di Venezia del 1967 a cui seguirono film come Il popolo calabrese ha rialzato la testa, film che esprimono una rabbia oscura, elegante, lirica, ma non per questo meno inesorabile e i valori di una rivolta vissuta, interpretata e proposta come i moti popolari che caratterizzarono la generazione europea del 1968. Bellocchio ha messo a nudo con il suo cinema, l’ipocrisia borghese con tutte le sue contraddizioni, come la preziosa raccolta di poesie che sembra scritta oggi dal titolo I morti crescono di numero e d’età, scritta nel 1969 insieme ad icone come Pier Paolo Pasolini, Bernardo Bertolucci, Carlo Lizzani e Jean Luc Godard, così’ come il suo chiacchieratissimo film Vincere che nel 1971 fece riferimento alla lettera aperta sottoscritta da Bellocchio sul caso Pinelli.
Fra i suoi film ricordiamo In nome del Padre girato nel 1972 con Laura Betti e Sbatti il mostro in prima pagina che si completava con la magnifica interpretazione di Gian Maria Volonté o Nessuno o tutti matti da legare” co-diretto nel 1975 con Silvano Agosti, Sandro Petraglia e Stefano Rulli. Poi, nel 1977 fece rumore una versione della commedia di Cechov Il Gabbiano, dove avvia una lunga e complessa collaborazione con lo psichiatra Massimo Fagioli, dirigendo film come Marcia trionfale, Il diavolo in corpo, La condanna, Il sogno della farfalla, Armonica a bocca.
Nel 1984 Bellocchio dirige Marcello Mastroianni nell’Enrico IV tratto da una commedia di Pirandello a cui seguirono fra l’altro film come L’ora di religione interpretato da Sergio Castellitto con cui vince il Nastro d’argento, fino al 2003 dove con il discusso Buongiorno, notte, dove rievoca la prigionia di Aldo Moro rapito dalle Brigate rosse, interrogandosi lucidamente sulla storia italiana. Nel 2009 Bellocchio vince l’Efebo d’Oro” e il David di Donatello con Vincere interpretato da Giovanna Mezzogiorno e Filippo Timi, un affresco storico sull’ascesa del fascismo in Italia dove racconta la vita tormentata di Ida Dalser amante di Benito Mussolini a cui diede un figlio mai riconosciuto dal Duce. Nel 2012 con Bella addormentata affronta il tema delicato dell’eutanasia presentato ancora alla Mostra del cinema di Venezia dove tra una serie di discussioni e aspre polemiche fu escluso dal Leone d’Oro.
Nel 2016 esce con successo sugli schermi Fai bei sogni interpretato da Valerio Mastrandrea e Bérénice Bejo, basato sull’ omonimo romanzo autobiografico di Massimo Granellini, film che fu presentato proprio a Cannes, fino al successo nel 2019 con il film Il Traditore interpretato da PierFrancesco Favino e Luigi Lo Cascio, centrato sul personaggio del pentito Tommaso Buscetta, il collaboratore di giustizia che aiutò con le sue dichiarazioni Falcone e Borsellino a far luce sui vertici della mafia.
Selezionato in concorso ancora al Festival di Cannes dove quest’anno con la Palma d’oro alla carriera Bellocchio presenterà’ anche in anteprima il suo ultimo film Marx può’ aspettare, opera dal titolo apparentemente ironico su una vicenda tutt’altro che ironica. ”Un documento”, ha detto il regista “sulla mia famiglia, volevo parlare di Camillo, l’angelo, il protagonista” un film dove Bellocchio ripercorre il gesto estremo del fratello che si suicidò giovanissimo e che non ha mai smesso di influire sulla sua vita di uomo e di cineasta. Una tragedia intima dalla quale non si è mai ripreso diventata al tempo stesso fonte di ispirazione, lanciando una riflessione sulla morte e sul senso di colpa.
”Cannes incorona Bellocchio”, questo uno dei tanti titoli dei quotidiani .”Un premio che mi onora e che premia la libertà’ che ho cercato sempre di difendere”, ha detto il regista “Non rivoluzionerà la mia vita, sono contento ma non mi butto nel Tevere per festeggiare”, parole tratte da una bella intervista di Arianna Finos di Repubblica qualche settimana fa.
Personalmente ho intervistato Marco Bellocchio tante volte, ma l’ultima volta che ci siamo incontrati è stata alla proiezione al Chinese Theatre di Hollywood per la presentazione di un mio documentario dal titolo L’italiano di Hollywood dedicato dopo la sua scomparsa al grande produttore Dino De Laurentiis, quando al termine si riaccesero le luci del grande cinema, mi accorsi che la persona che mi stava vicino e che al buio non avevo riconosciuto era proprio il regista di Bobbio. Lo guardai terrorizzato prima di salire sul palcoscenico per salutare gli ospiti di uno star system tutto americano e gli sussurrai: “come ti è sembrato?”. Mi sorrise e mi disse “ottimo”. Ancora oggi a distanza di anni, di film, di articoli e di vita, penso che quel giudizio regalatomi da un autore magnifico resta per me l’unico vero Oscar della mia vita di lavoro.
E prima che i riflettori si spengano sulla kermesse cinematografica d’Oltralpe sono riuscito a strappare qualche battuta al maestro per parlare del suo cinema, un’arma potente per raccontare speranze, ricordi, contrasti, ingiustizie, amori, illusioni e dolori. Un mezzo di grande efficacia e lo abbiamo chiesto al regista Marco Bellocchio a Cannes per ricevere una prestigiosa Palma d’oro alla carriera e presentare in anteprima il suo ultimo film Marx può aspettare.
“Io devo misurare il tempo di una lunga carriera” ci detto il regista: ”Mi viene in mente un altro mio piccolo film Matti da legare, un film che poi è diventato grande. Un film che nasce da una mia esigenza umana di trovare a Piacenza la mia famiglia a pranzo al circolo Unione dove mio padre fu il fondatore. In quell’occasione capii che c’era un protagonista assente che era il mio gemello Camillo e allora a quel punto anche se del suicidio di Camillo io avevo parlato varie volte, ho trovato un tema, ho trovato un sentiero quindi ho cercato di intervistare di riconoscere una serie di soggetti che avevano conosciuto da ragazzo, da giovane Camillo; se poi questa storia che si svolge fra Bobbio e Piacenza a me che vivo lontano da quella realtà piacerà, sarà un risultato. Dopo il Leone d’oro nel 2011 a Venezia arriva la Palma D’oro: “Significa che viene riconosciuto il mio lavoro e senza voler fare dell’ironia mi verrebbe da dire meglio tardi che mai. Mi fa piacere e mi servirà anche se io non ho cento anni mi servirà per il mio lavoro e per la mia vita”.