Una mostra alle Scuderie del Quirinale celebra il grande autore a cento anni dalla sua nascita
di Claudio Marrucci
Si è conclusa da qualche giorno (04/02/2024) una meravigliosa mostra su Italo Calvino (Santiago de las Vegas, 1923 – Siena, 1985) alle Scuderie del Quirinale, dal titolo Favoloso Calvino. Il mondo come opera d’arte: Carpaccio, de Chirico, Gnoli, Melotti e gli altri, in occasione del centenario della nascita dello scrittore ligure.
Si è trattato di un percorso di oltre 200 opere tra dipinti, sculture, disegni, fotografie e prime edizioni che ha sottolineato il profondo legame di Italo Calvino con l’arte visiva. Del resto, come afferma lo stesso Calvino, quello che lo scrittore Ligure vorrebbe insegnare è un “modo di guardare” diverso sulle cose.
La mostra, come racconta Mario Barenghi, ha un percorso di tipo biografico: si inizia con un riferimento al paesaggio ligure che condiziona lo “sguardo” di Calvino. In questo senso, è importante anche lo spazio che è stato dato alle ricerche e alle esperienze dei genitori di Calvino, Mario Calvino ed Eva Mameli, due importantissimi biologi. In fondo, se Calvino nasce a Cuba, si deve proprio al lavoro del padre.
In un secondo momento, la mostra abbraccia gli anni di formazione e l’impegno politico dello scrittore ligure, compresa la sua militanza partigiana. Rarissimi, sono esposti alcuni opuscoli di guerra, redatti e firmati dallo stesso Calvino. La mostra continua con il trasferimento a Torino, il lavoro editoriale, il periodo parigino. Tutto questo per sottolineare l’importanza dell’elemento visivo nelle opere di Calvino, come matrice dell’invenzione letteraria, come oggetto di descrizione, o come strumento del racconto, come nel Castello dei destini incrociati, che è una sorta di cruciverba di racconti costruito sulle immagini dei tarocchi.
Ma la relazione di Italo Clavino con l’arte visiva è a doppio senso: se da un lato Calvino si è lasciato influenzare dalle esperienze delle avanguardie contemporanee (primo fra tutti Picasso e Paul Klee), ma anche dalle influenze pop delle strisce di fumetti di Braccio di Ferro. Dall’altro, Italo Calvino, ha collaborato con pittori e scultori, scrivendo su artisti contemporanei come Giorgio de Chirico, o Franco Borbottoni, Domenico Gnoli (per il quale sentiva una particolare affinità legata nell’attenzione descrittiva), o lo scultore Fausto Melotti. Calvino, inoltre, con la sua opera, è stato esso stesso, ispirazione per l’arte contemporanea: si pensi alle illustrazioni di Lele Luzzati, agli acquarelli di Pedro Cano sulle Città Invisibili.
Ripercorrendo la mostra su Italo Calvino, non si riesce a fare a meno di notare il profondo legame che Calvino ha con il sud-america. Si tratta di un legame identitario (Calvino nasce a Cuba), ma anche di un legame affettivo (la moglie Esther Judith Singer è argentina), e anche e soprattutto un legame intellettuale: la lezione delle avanguardie (prima fra tutte visive), l’importanza del gioco, dell’ironia, dell’infantilizzazione (si pensi al testo e alle illustrazioni delle Fiabe Italiane), la costruzione di nuovi mondi (come con le Città Immaginarie), basate su una logica ferrea che crea caleidoscopiche visioni (in questo senso Calvino non ha nulla da invidiare a Jorge Luis Borges o Julio Cortázar, due scrittori argentini, come la moglie): sono tratti che rendono Calvino uno scrittore profondamente legato al territorio italiano e alla sua Liguria, ma in un certo senso straniero.
Straniero, forse, proprio perché lo scopo di Calvino era la ricerca di una “stranezza”, per dirla con Pirandello, uno straniamento, frutto delle avanguardie, sullo sguardo con cui si vede il mondo. E in questo, il suo rapporto con l’arte visiva, risulta fondamentale.
Come accennato all’inizio di questa recensione, Italo Calvino scrisse nel 1960, in una lettera all’editore francese François Wahl “L’unica cosa che vorrei poter insegnare è un modo di guardare, cioè di essere in mezzo al mondo”, per comprendere quelle “forme possibili che non esistono nel mondo reale, ma esistono in quanto possibili”. In questo senso l’opera di Calvino, rappresenta la continua “scoperta di un nuovo mondo”, e questo lo rende il più (sud)americano degli scrittori italiani.