«Blush», quel rossore che smaschera la nostra segreta intimità

Il testo dell’inglese Josephine è una lucida e severa analisi della confusione virtuale in cui viviamo

Letteralmente Blush, se considerato come verbo significa arrossire, vergognarsi, se invece si vuol leggere la parola come sostantivo, allora, può essere intesa come la vampata di rossore che colora il viso nel momento di maggior imbarazzo. Tuttavia, dopo aver visto lo spettacolo diretto da Marcello Cotugno, proposto al Belli per la rassegna teatrale sulla nuova drammaturgia inglese, una sola vergogna, un unico rossore potrebbe cogliere impreparato lo spettatore: riprendere in mano il cellulare. Infatti, proprio dai suoni cibernetici che giungono da questo attrezzo infernale che ha stravolto le nostre vite comincia il testo di Charlie Josephine.

I due attori sono davanti al sipario ancora chiuso mentre il pubblico prende posto in sala, e non si sa se scambiano messaggi tra loro, oppure, ciascuno per suo conto, è collegato al mondo virtuale che il progresso ci ha regalato ormai da qualche anno. Una realtà, spesso sconosciuta, di cui oggi non se ne può più fare a meno. Siamo legati mani e piedi a questa finta verità che è diventata, per molti di noi, una autentica schiavitù mascherata da routine. Che sia finta, cioè inconsistente, l’autore del drama lo evidenzia facendo agire i personaggi in scena con la superficialità del più incosciente passatempo: «Mi ha chiesto una foto nuda – dice la ragazza – io gliene ho mandate due, anzi tre!» Ma la triste verità si trova sul rovescio della medaglia, ed è assai spregevole, e spesso di una violenza inaudita. Allora ci si vergogna di quel che si è fatto con tanta leggerezza e l’animo – non il viso – si copre di rossore e chiede aiuto, solo se si ha il coraggio di riparare all’errore.

Foto © Matteo Nardone

«Blush» è una lucida e severa analisi della confusione intima nella quale ogni giorno rischiamo di cadere, provocati dall’abitudine di controllare uno schermo che raramente ci consegna informazioni davvero necessarie. Lo spettacolo è costruito volutamente in maniera confusa, ma coerente al tema trattato. Sono cinque quadri che si avvicendano in continuazione, portando avanti altrettanti casi drammatici strappati alla quotidianità ed eseguiti da Arianna Cremona e Claudio Righini. I personaggi rappresentati, e forse incriminati dall’autore per essere vittime e carnefici di se stessi, non hanno alcun legame l’uno con l’altro, se non un desiderio smodato e fuori controllo di lasciar evadere la propria riservatezza, la tanto decantata privacy. Il sesso è la miccia che innesca l’esplosione delle aberrazioni che il mondo dei social raccoglie e gestisce a proprio piacimento. Appena una fotografia finisce nella rete della pubblica volgarità non c’è più controllo e le ritorsioni possono diventare pericolose tanto da rovinare la vita ai più giovani e impreparati. Anche la pornografia che dilaga senza alcun freno può rivelarsi ossessiva e generare traumi persino in un onesto padre di famiglia che poi arrossisce di fronte alla perversa e ridicola immagine di se stesso.

Charlie Josephine, con penna decisa ma assai acuta, punta il dito sulla solitudine, madre di molti mali. «Londra è una città solitaria», si dice, vittima anch’essa di un virus che ha colpito l’intero pianeta e soprattutto le metropoli, dove tutti corrono e l’invisibilità è diventata la malattia del volgo moderno. Quindi se un «like» significa «ti ho visto», vuol dire che 30.000 «like» equivalgono a una discreta popolarità. Purtroppo questo quotidiano massacro cibernetico divide nettamente gli uomini (che nascosti dall’anonimato tornano a essere cacciatori) dalle donne (prede prelibate), riportandoci nella primitiva giungla dove la caccia al trofeo più ambito è sempre aperta. «Io non so dove siamo andati a finire?», conclude uno dei personaggi di «Blush». La risposta non è difficile: il cattivo uso del virtuale ci sta tele-trasportando al punto di partenza.

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Blush, di Charlie Josephine, con Arianna Cremona e Claudio Righini. Regia di Marcello Cotugno. Al Teatro Belli, ieri ultima replica

Rassegna Trend, XXII edizione, Nuove frontiere della scena britannica. Rassegna teatrale a cura di Rodolfo di Giammarco. Prossimamente: Three kings di Stephen Beresford (14 dicembre); No one is coming ti save you (15-16 dicembre); Every brulliant thing di Duncan MacMillian (17 dicembre).

Foto di copertina: Arianna Cremona e Claudio Righini in «Blush» regia di Marcello Cotugno Foto © Matteo Nardone