Si è spento l’artista Bill Viola, pioniere e maestro della videoarte.
“Chi sei tu quando sei solo?” è una delle tante domande a cui l’artista ha cercato di dare risposta, stimolando al contempo la ricerca e la riflessione in chi osservava e ammirava le sue creazioni. Domande scomode, se vogliamo, domande che, sotto sotto, fanno paura perché intrecciate, sottopelle, al sentimento, all’animo umano. Bill Viola ha sempre cercato questo nella sua attività: l’espressione, la manifestazione di quel lato nascosto che spesso si tende a non interrogare, a silenziare; l’accesso alla parte profonda dell’esistenza.
La sua videoarte permette esattamente questo: un viaggio dentro se stessi, un’esplorazione spirituale, intima, un’interrogazione fatta da schermi capaci di colpire, di sfondare le barriere della razionalità e dell’ordinario. Un’arta che continuerà a resistere e a chiedere, nonostante tutto: Bill Viola si è spento la notte del 12 luglio 2024, a 73 anni, era malato di Alzheimer. Lascia la moglie, nonché collaboratrice, Kira Perov e i figli Blake e Andrei Viola.
Il lascito artistico, però, è qualcosa che supera la presenza fisica e si fa immateriale, spirituale esattamente come l’intento del suo ideatore: sfiorare l’oltre, stimolare la riflessione, unire visione ed emozione per un’esperienza immersiva che, a quelle domande, non dà risposte ma lascia campo libero all’espressione e al contenuto individuale di ognuno. Rimane, perciò, un’arte fortemente personale, sempre viva e alimentata.
Pannelli, installazioni multimediali, video esposti ora in tutto il mondo: ma da dove è nata questa tipologia di arte e la potente sensibilità, l’intensità che l’accompagna? La vita di Bill Viola ne è la genesi. L’artista italoamericano nasce il 25 gennaio del 1951 a New York, durante l’infanzia, salvato da uno zio, rischia di morire annegato per una caduta in acqua; un’esperienza forte, questa, che costituirà la premessa per molte delle sue opere (l’acqua è, infatti, uno degli elementi fondanti della sua arte).
Viola si laurea nel 1973 alla Syracuse University in Visual e Performing Arts, in seguito conosce e sperimenta le prime opere e le prime esposizioni. Diventa, di fatto, il pioniere di questo nuovo linguaggio che mischia tecnologia e arte visiva. Una delle città cardine è Firenze, dove l’artista ha modo di venire a contatto con il ricco bagaglio rinascimentale italiano (Michelangelo in modo particolare), “subendo” l’influenza dei grandi maestri. Passato, quindi, ma saranno anche le contaminazioni musicali (la collaborazione con David Tudor e il gruppo Composer Inside Electronics, per esempio), orientali (il Buddismo Zen), cristiane, mistiche a caratterizzare lo stile della sua poetica visiva.
Nel 1995 espone alla 46a edizione della Biennale di Venezia, in rappresentanza degli Stati Uniti d’America, con le opere Buried Secrets. Tra esse, The Greeting trae ispirazione dalla Visitazione (l’abbraccio tra Maria ed Elisabetta) di Jacopo da Pontormo.
La carriera di Bill Viola, nel tempo, tocca vette sempre più alte, gli vengono dati gli appellativi di “Rembrandt dell’era video” o il “Caravaggio della videoarte”: la sua attività passa da New York a Londra, da Mosca a Tokyo, da Berlino al nostro Paese, dove, in anni differenti, gli sono dedicate diverse mostre a Milano, a Roma e a Palazzo Strozzi a Firenze.
Il suo percorso incuriosisce e sa unire tecnologia e tradizione, modernità e Rinascimento, vita e morte, il prima e il dopo, spiritualità e multimedialità. La videoarte concilia i contrasti della vita, le ambivalenze dell’esistenza sono rappresentate sottoforma di riferimenti, metafore pronte per trascendere lo schermo e arrivare dritte alla profondità umana. Le riprese a volte sono lente, ferme, i soggetti irriconoscibili si rifanno ai capolavori precedenti, l’estetica parla alla sensibilità e alla dimensione umana. Davanti a queste creazioni ognuno sente qualcosa di suo, qualcosa che ha a che fare con la sua vita.
Il Vapore, Emergence, Ocean Without A Shore, Acceptance (ispirata alla Maddalena di Donatello), i quattro Martyrs (Earth, Air, Fire, Water), o la serie The Passions sono solo alcune delle opere di Bill Viola, un insieme di riferimenti artistici, storici, musicali, esistenziali che chiamano in causa lo spettatore. Effetti apparentemente causali, in realtà, nascondono ben altro: ispirazione e spiritualità, crescita, la lentezza dell’intensità, l’essenzialità, l’eternità in un istante catturato. L’esperienza visiva diventa un’interrogazione sulla propria vita. L’introspezione viene indagata e proposta tramite gli effetti speciali e l’immagine.
La videoarte di Bill Viola rimane, così come il suo impegno e la sua sensibilità di artista e uomo: “la mia arte non è cinema, non è pittura. È un’espansione di diversi livelli di realtà” che coinvolge, riprende il passato attraverso la tecnologia, il senso della vita con installazioni apparentemente anonime. L’arte contemporanea, con Viola, non dimentica le sue origini e parla direttamente all’animo umano. È un’immersione sensoriale, un contatto diverso con se stessi, la scoperta di quel sentimento sottopelle e questa è la sua più grande eredità.
Immagine in evidenza/di copertina: “Bill Viola. Rinascimento elettronico”, exhibition views, Palazzo Strozzi, Firenze, 2017. © Bill Viola. Photo Alessandro Moggi