Biancaneve, un’indomita gentilezza

Arriva il live-action, una moderna rivisitazione che non tradisce i valori fondamentali del classico Disney.

Il live-action di Biancaneve e i sette nani porta con sé una bufera di polemiche e critiche che ne precedono l’uscita. La cosa divertente è che tutto questo clamore non appare poi così giustificato alla luce della visione del film. Certo qualche cambiamento è stato fatto, ma niente di poi così sconcertante a nostro avviso.

Il nome Biancaneve qui non è riferito al colore della pelle, ma al concetto di resilienza. Infatti è nata nel mezzo di una terribile tempesta di neve e da qui un nome che intende significare la capacità di affrontare e superare un evento traumatico o un periodo particolarmente difficile senza soccombere. Una Biancaneve determinata e forte, che decide di non restare a guardare la propria vita sgretolarsi, che lotta per la gentilezza nel mondo e rappresenta una bellezza che non è solo esteriore, ma che nasce dal profondo. Tutto questo completamente da sola? No, ovviamente. Innanzitutto la sua forza si basa sull’empatia e quindi sul rapporto con l’altro. Biancaneve è colei che aiuta gli altri a trovare il coraggio di affrontare  il mondo e se stessi. È come se guardasse nell’universo di dolore dello spirito e riaccendesse con la sua gentilezza ammaliante una scintilla di vita che tutto rivoluziona. È il valore della speranza, quella forza dell’anima che se accoppiata alla determinazione, all’autostima e alla capacità di relazionarsi con gli altri porta al lieto fine.

Non si ferma qui il live-action di Biancaneve, ma aggiunge un ulteriore ideale in sintonia con l’originale Disney: l’amore. Biancaneve è convinta a inizio film di essere un “uno” in armonia col tutto, sì buona e leale, ma fondamentalmente eroina a suo modo solitaria, senza bisogno di essere salvata o senza l’urgenza di condividere tutto con una seconda persona specifica. Inizialmente sembra rispondere al prototipo della donna indipendente femminista, quella a cui ci avevano fatto pensare le dichiarazioni dell’attrice Rachel Zegler, ma la musica cambia presto. Biancaneve scopre di essere un “due” e rivendica la bellezza dell’amore e il diritto al romanticismo. Non è da sola che dovrà combattere, c’è una persona con cui diventerà un tutto. Non si tratta di un principe, ma di un furfante locale che ruba alla regina. Il leader di una banda di criminali, ma il senso non cambia, è amore. Nasce dal conflitto, da vedute opposte che si incontrano, non è l’amore del colpo di fulmine, ma non è meno romantico e di fatto Biancaneve avrà anche lei bisogno di essere salvata, sia dal sonno eterno, sia dalla convinzione di dover essere una leader forte e solitaria. Insomma non si vince da soli, negando l’amore e diventare regine forti non significa ignorare il bisogno di una dolce metà con cui condividere ogni attimo di gioia e dolore.

Poi ci sono i nani, interamente realizzati in computer grafica

per dare meno la sensazione di realisticità. In seguito alle dichiarazioni di Peter Dinklage si era molto discusso sulla necessità o meno di eliminare la figura dei nani e trasformarli semplicemente in un gruppo non omogeneo di creature magiche amiche di Biancaneve. La voce per cui la Disney aveva acconsentito a questa operazione era non veritiera: i nani ci sono, riprodotti in computer grafica, ma ci sono eccome. Certamente l’effetto non è irresistibile come quello prodotto dai disegni Disney ma la loro simpatia li rende comunque amabili e divertenti. Un po’ troppo irreali e freddi, ma nel complesso molto piacevoli.

Poi c’è la questione della bellezza. Posto che è totalmente  degradante discutere su chi sia maggiormente bella tra Rachel Zegler e Gal Gadot, possiamo asserire che è anche inutile, dal momento che la bellezza a cui si riferisce lo specchio magico non è solo esteriore, ma viene dal profondo. La bellezza interiore, quella che non si ferma all’apparenza della pelle.  Quella bellezza che è negli occhi e in cui si scorge la scintilla che dà valore e magia al mondo. Contagiosa, che rende felici le persone intorno a sé con la propria gentilezza e nobiltà d’animo.

Biancaneve scopre di essere un due, che in più si nutre della forza infinitesimale di ogni incontro, mentre Grimilde è un uno, chiuso in sé stesso, arroccato nella propria solitudine di apparenza. Il mito di Biancane insegna che la vera sovranità nasce dalla gentilezza, la vera bellezza dalla condivisione con il prossimo. 

La Biancaneve di Rachel Zegler è una leader, aspetto che la distingue dalla magica versione del 1937, una giovane donna determinata e forte. La sua recitazione evidenzia tanto la dolcezza quanto la combattività. Un ardore guerriero il suo che si basa su metodi pacifici, ma non per questo meno vigorosi. È delicatezza e forza al contempo, dualità resa perfettamente da un’attrice di spessore che ci ha già incantati con la sua interpretazione in West Side Story di Steven Spielberg.

La Regina Cattiva di Gal Gadot è carisma e fascino, ma alla fine dei conti bellezza sterile. Le sue movenze sono accentuate, l’atteggiamento è divistico e strafottente, nessun sussurro di timidezza o dolcezza viene da lei. Nei suoi exploit canori c’è un qualcosa nei movimenti che vagamente rimanda ai balli tribali e di conseguenza a un’esperienza misterica. A ciò si unisce il seduttivo charme da femme fatale gotica, anche se va detto che il confronto con la Regina Cattiva originale è veramente arduo, in quanto Gal Gadot, pur dando un’ottima interpretazione, non riesce affatto a restituirne il mistero conturbante che aveva reso il personaggio epico. 

Nuove canzoni sono state aggiunte per inserire e rafforzare nuovi concetti e approfondire ulteriormente i personaggi. Il film, ad esempio, si apre con una scena corale in cui una Biancaneve bambina impara impara a condividere momenti di gioia con il suo popolo, una scena che ha molto di quella di Oceania in cui Vaiana prova a convincersi che vivere in armonia con il suo popolo le sia sufficiente per essere felice. Biancaneve invece sembra esserlo davvero, ma tutto le viene tolto dalla Regina Cattiva, che a sua volta più avanti nel film ha una sua canzone originale dove inneggia al potere della bellezza esteriore. Sono presenti anche altre canzoni scritte appositamente per il film, come quella dell’amore che nasce. Poi ovviamente sono presenti quelle storiche del classico Disney, come l’irresistibile “Ehi Ho” dei sette nani.

Dunque Biancaneve in definitiva modernizza la fiaba senza intaccarne i contenuti fondamentali, presentandosi come un’opera alla fine dei conti riuscita e idonea a dialogare con le nuove generazioni. Da un punto di vista visivo e artistico manca quel fascino ineccepibile del capolavoro Disney. In questa nuova versione, pur molto godibile, si sente la mancanza di quel ammaliante sortilegio che è Biancaneve e i sette nani, ma al contempo nuovi stati d’animo e moderne percezioni si esprimono liberamente e offrono, soprattutto ai più piccoli, un’avventura all’insegna della gentilezza e di un’indomita amabilità. Tra le pecche va segnalato però anche un eccessivo buonismo che cade in approssimazioni e sentimentalismi troppo annunciati e facili. Inoltre se l’originale del 1937 ha un’estetica gotica seducente e sublime, questa versione rischia di rimanere in tal senso troppo anonima ed edulcorata, priva di quelle atmosfere orrorifiche e perturbanti che infondevano  spessore all’opera e ammaliavano per il loro potere evocativo dalla forte valenza psicoanalitica.

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Biancaneve Regia di Marc Webb – Soggetto David Hand, Dorothy Ann Blank, Richard Creedon, Merrill De Maris, Otto Englander, Earl Hurd, Dick Richard, Ted Sears, Webb Smith- Sceneggiatura Erin Cressida – Wilson – Con Rachel Zegler, Emile Faucher, Gal Gadot, Andrew Burnap, Ansia Karbia, Handley Fraser – Lorena Andrea – Produzione Walt Disney Pictures, Marc Platt Production – Nelle sale dal 20 marzo 2025