Nelle sale italiane dal 30 gennaio il film di Halina Reijn che affronta il delicato tema dell’erotismo e della accettazione femminile, una cosa è certa: si poteva fare di più…
La geniale e bellissima Romy ( Nicole Kidman ) è una donna che ha tutto dalla vita, è l’amministratrice delegata di un’azienda che si occupa di intelligenza artificiale, ha una famiglia meravigliosa con un marito che ama ( Antonio Banderas ) insieme alle loro due figlie ( Sophie Wilde e Esther McGregor). Tuttavia Romy non si sente appagata dalla propria vita sessuale, un aspetto in cui non riesce a sentirsi libera, provando quasi vergogna e senso di colpa per la cosa. L’arrivo del nuovo e giovanissimo stagista Samuel ( Harris Dickinson ) poterà ad uno stravolgimento della situazione.
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Tra Romy e Samuel ha inizio una relazione sessuale fatta di perversioni e sperimentazioni, la donna sembra ritrovare l’appagamento che cercava perdendo allo stesso tempo il controllo della propria vita professionale e personale.
Romi inizia a conoscersi in profondità e ad accettare le proprie fantasie proibite e i propri istinti, in una sorta di esplorazione completa del proprio essere. Lasciando andare vergogna e sensi di colpa riscopre se stessa.
Peccato che durante i suoi 114 minuti questo lungometraggio, presentato all’ultima edizione del Festival del cinema di Venezia, non riesca a dare il giusto spazio alla esplorazione ed accettazione femminile; tema che viene affrontato superficialmente e che poteva essere di gran lunga rilevante e chiave di lettura primaria di questo film.
In Romy c’è il disagio, quello di una vita sessuale che non l’appaga, il timore del giudizio, la voglia di perdere ed abbandonarsi ad una totale mancanza di controllo. Tutto ciò per lei diventa possibile grazie alla relazione con Samuel.
Inoltre Romi rappresenta una di quelle donne che ce l’hanno fatta, arrivata ai vertici gerarchici più ambiti e stimata nel suo settore. Nonostante questo il suo ruolo è messo più a volte a repentaglio dalla sua relazione, più di come probabilmente avrebbe messo a rischio la carriera di un uomo nella sua medesima posizione.
Anche questo aspetto non viene abbastanza esplorato. Tutti elementi che potevano essere maggiormente approfonditi ma che nella seconda parte del lungometraggio si perdono lasciando spazio a ripetitive scene di sesso, litigi, uscite in discoteca e attacchi di gelosia e possesso senza senso. Il personaggio di Romi perde totalmente il controllo ma lo fa in una dinamica priva di senso, dove tutto ciò che è stato minuziosamente costruito nella prima parte del film non arriva nel suo seguito.
Tutto questo poteva andare decisamente meglio viste le premesse; in una società nel pieno progresso dove parlare apertamente di sesso e piacere è ancora considerato un tabù, qualcosa da tenere nascosto. Discorso valido per entrambi i generi e particolarmente sofferto da quello femminile, dove gli argomenti di piacere sessuale ed istintuale possono sembrare ancora terribilmente fuori luogo specie se si entra nella mezza età, come nel caso di Romi.
Età che spaventa Romi, una bella donna di cui percepiamo anche l’insicurezza e la paura per gli anni che passano, la paura di un corpo che sta gradualmente invecchiando, processo che la donna cerca di rallentare in tutti i modi con regolari punture di botox e sedute di crioterapia.
A tal proposito Nicole Kidman, che ad alcuni interventi estetici nella vita reale si è sottoposta davvero, si mette totalmente a nudo, e non solo per le scene di sesso, ma mostrando la sua verità, quella di una donna di mezza età con tutte le fragilità del caso.
Sullo schermo è infatti lei la parte più convincente del film, facendo apprezzare la Coppa Volpi più che guadagnata a Venezia 81. La Kidman dona potenza e fragilità al suo personaggio: quello di una donna forte che vuole abbandonarsi. Regge da sola alcune scene insieme a Harris Dickinson che è perfettamente calato nel personaggio, come lo stesso Banderas, adatto per il ruolo.
La frettolosità e prevaricazione forzata delle scene di sesso, neanche così eclatanti, fa domandare sul perché non siano stati approfonditi temi così importanti come sessualità e piacere femminile oltre al concetto di età e gerarchia sociale, tematiche che potevano essere davvero un valore aggiungo e diversificante per questa pellicola.
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Per ora Babygirl non si distingue ma resta accesa la speranza per affrontare certe tematiche con maggior peso e forse un pizzico di coraggio in più.
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Babygirl. Regia e sceneggiatura di Halina Reijn. Con Nicole Kidman, Harris Dickinson, Antonio Banderas, Sophie Wilde e Esther McGregor. Musica di Meghan Currier; fotografia di Jasper Wolf. Produzione 2AM, Man Up; distribuzione Eagle Pictures – Nei cinema dal 30 gennaio 2025
Foto e immagine copertina: Biennale Cinema