Dal 23 settembre 2023 , la mostra con oggetti e scenografie originali dell’ultimo film di Wes Anderson.
Atmosfera calda, bizzarra ed onirica, è questa la sensazione che ci accoglie nella mostra Wes Anderson-Asteroid City: Exhibition di Fondazione Prada a Milano; dopo una prima esposizione a Londra, il progetto temporaneo arriva anche in Italia con grafiche, scenografie originali, oggetti di scena, modellini e costumi presenti nell’undicesimo film scritto e diretto da Wes Anderson e presentato a Cannes 2023.
Questo non è il primo progetto del noto cineasta con la Fondazione, il regista aveva già collaborato nel 2015 per la creazione del permanente Bar Luce all’interno della struttura; un bar che Anderson aveva progettato ispirandosi alle atmosfere dei film Miracolo a Milano di Vittorio De Sica del 1951 e Rocco e i suoi fratelli di Luchino Visconti del 1960.
Quest’anno nella mostra temporanea di Wes Anderson vi è un’atmosfera ben diversa dal Neorealismo italiano con la galleria Nord di Fondazione Prada riscaldata dai tipici colori caldi e pastello di Asteroid City. La mostra porta il suo pubblico in un film bizzarro, ambientato in un’opera teatrale a cielo aperto trasmessa a sua volta da un programma televisivo. Il pubblico osserva le vicende di Asteroid City, una pièce teatrale rappresentata in una città inventata e sperduta nel bel mezzo del deserto del Nevada, anno 1955. Un cratere causato dalla caduta di un asteroide tempo indietro ne conferisce il nome.
Augie Steenbeck (Jason Schwartzman) un fotoreporter di guerra, appena diventato vedovo e con suoi quattro figli, un adolescente e tre bambine, si dirige verso la villa del suocero Stanley Zak (Tom Hanks) per dare sepoltura alle ceneri della defunta moglie (Margot Robbie). A causa di un guasto all’auto la famiglia resta bloccata ad Asteroid City dove in quei giorni ha luogo la sfida Junior Starzager tra giovani promesse del mondo scientifico. L’occasione attira molti studenti e le rispettive famiglie, tutte sistemate in un bizzarro motel gestito da un ancor più bizzarro direttore (Steve Carrell), a seguire l’arrivo di altri strani personaggi come Midge Campbell (Scarlett Johansson) una diva del cinema insoddisfatta che ambisce a ruoli più impegnati e l’ inaspettata visita di un alieno (Jeff Goldblum).
Se a questo aggiungiamo una partecipazione “esterna” all’opera da parte degli sceneggiatori della pièce teatrale ( Adrien Brody e Edward Norton) il gioco è fatto. L’ultimo film di Wes Anderson è quindi un’insieme di stranezze non solo dei suoi personaggi ma anche a livello di scrittura e messinscena; dove con la costante rottura della quarta parete gli attori-sceneggiatori Brody e Norton irrompono nella sequenza, colorati da un più sobrio bianco e nero in contrasto alla vivacità dei colori della città nel deserto.
Le riprese del film furono effettuate in Spagna nei pressi di Madrid, le scenografie sono frutto della collaborazione di Anderson con il designer Adam Stockhausen, già vincitore del premio Oscar per le scenografie di Gran Budapest Hotel nel 2015. Il lavoro prende ispirazione da il Giorno maledetto, film del 1955 diretto da John Sturges e girato tra i paesaggi della Death Valley e il deserto di Mojave.
Con un incrocio di vita, amore, solitudine , morte, speranza e debolezze umane dei suoi personaggi, Asteroid City ci svela un Wes Anderson sconosciuto e allo stesso tempo familiare. Grazie all’accuratezza e particolarità di un’ atmosfera calda e stravagante scandita proprio dalle scenografie ed oggetti di scena esposti: cactus , monti e un deserto sconfinato contrapposti a stravaganti motel, locali e garages.
Anche la musica di Alexandre Desplat, contribuisce all’atmosfera del film creando un sonoro diviso tra un musical country, astronavi aliene e l’inconfondibile verso del nandù, il tipico volatile del deserto americano, noto per il personaggio Beep Beep dei Looney Tunes. Con il sottofondo di questi suoni le stanze dell’esibizione ci mostrano questo mondo fatto di scrivanie con copioni e macchine da scrivere anni Cinquanta; macchinette distributrici di prodotti dolciari, igienici e cocktail Martini; aule di lezione dove l’insegnate June Douglas (Maya Hawke) insegna ai bambini; esperimenti inutili della scienziata Hickenlooper (Tilda Swinton) e le cabine telefoniche da cui partono colorati dialoghi.
Restano comunque gli oggetti più piccoli, elaborati nel dettaglio, a sorprendere ancora: i minuziosi strumenti di lavoro del garage all’inizio del film, agli oggetti frutto degli esperimenti dei ragazzi durante la competizione, il piccolo asteroide da cui la città prende il nome e la fotografia in bianco e nero con cui Augie ricorda teneramente la moglie. Infine i manifesti, disegni, quaderni e lettere dei bambini creati dalla graphic designer Erica Dorn e i teneri pupazzi di Andy Gent.
Anche i costumi in palette pastello creati da Milena Canonero sono esposti. Come l’abito del fotoreporter Augie Steenbeck, i vestiti eleganti della diva Midge Campbell, i costumi dei cowboys con il loro inseparabile ukulele. Abiti utili anche ai fini di una ricostruzione di alcune scene fondamentali del film: ad esempio l’abbigliamento stravagante del nonno Stanley Zak mentre parla con le tre nipotine vestite da fate e streghette; al centro dei quattro costumi su un terreno di sassi e sabbia il tupperware con le ceneri della mamma delle bambine, una scena macabra e allo stesso tenera dove le piccole insistono perché la loro mamma venga sepolta in quel luogo.
Iconici anche i modellini esposti e accompagnati dai suoni ad essi correlati: la sequenza musicale di inizio film che accompagna il lungo treno giallo di Simon Weisse, il modello dell’uccello nandù accompagnato dal suo simpatico verso e la figura dell’alieno, qui riprodotta in formato ridotto e accompagnata da suoni dell’astronave e luci psichedeliche.
La mostra di Asteroid City con le sue scenografie, grafiche, oggetti e costumi originali stupisce e meraviglia come il film; scene che parlano spesso di rapporti e difficoltà di comunicazione tra i suoi personaggi, di debolezze che nessuno ammette e che fanno parte di noi solo per ll semplice fatto di essere umani. Forse l’arrivo dell’alieno serve a metterci di fronte a questo: a metterci in confronto con ciò che siamo e spesso ci fa più paura, noi stessi.
Quello che è certo è che gli allestimenti utilizzati da Wes Anderson mirano ad essere specchio del significato che il regista statunitense vuole dare; il visitatore si trova “immerso” nel suo mondo apparentemente tranquillo, bizzarro e sognante di una cittadina anni Cinquanta dove ogni oggetto stupisce, come la macchinetta distributrice di munizioni per armi ad inizio sala.
Stimoli e significati diversi per ognuno di noi e che probabilmente non trovano una spiegazione logica ma che fanno sognare ed evadere chi li guarda con un proprio e personale significato… e forse va benissimo così.
Wes Anderson – Asteroid City: Exhibition di: Wes Anderson; presentata da: Fondazione Prada; in collaborazione con: Universal Pictures International Italy – Milano 23/09/23 al 07/01/24