“Anora” trionfa agli Oscar: Un successo senza precedenti per il film di Sean Baker

Delusione per Emilia Perez tra i papabili alla vittoria finale dopo le polemiche “woke” e i tweet della Gascón.

Una serata storica al Dolby theatre dove domenica si è consumata l’ultima edizione degli Oscar a pochi passi dal Chinese Theatre dove sono immortale nel cemento le impronte delle mani e dei piedi di  Sophia Loren e Marcello Mastroianni.

Anora, il film diretto dal regista americano Sean Baker, ha fatto la storia alla 97a edizione degli Oscar, diventando il grande trionfatore della notte con ben 5 statuette, un numero che non solo ha sorpassato il leggendario Walt Disney, ma ha segnato un’impresa che sembrava impossibile. Anora ha vinto in 4 categorie principali: miglior film, miglior regia, miglior sceneggiatura, e miglior montaggio, oltre a portare a casa l’Oscar per la miglior interpretazione femminile, attribuito a Milkey Madison, che ha incantato il pubblico con una performance magistrale nel ruolo della protagonista, una giovane prostituta che si trova coinvolta in un vortice di emozioni e pericoli. Un ruolo che avrebbe potuto facilmente risultare stereotipato, ma che la Madison è riuscita nell’intento di portare una profondità emotiva e una vulnerabilità sorprendente alla sua interpretazione.

Un trionfo inaspettato: Anora, con la sua trama coinvolgente, è una commedia agrodolce che racconta la storia di un matrimonio difficile e controverso tra una giovane donna, interpretata da Milkey Madison, e il figlio di un oligarca russo, ambientata nella inquietante New York. La pellicola, pur trattando temi oscuri come la prostituzione, la criminalità e le dinamiche di potere tra mafiosi russi, riesce a bilanciare umorismo e dramma, creando un’atmosfera unica che ha conquistato giuria e pubblico.

C’è da dire che forse uno dei fattori che ha giocato a favore di Sean Baker, vincitore di ben cinque Oscar con Anora, è stato il dibattito acceso sulla sopravvivenza delle sale cinematografiche. Un tema che, in un’epoca in cui le piattaforme di streaming dominano il mercato, ha trovato ampio spazio nelle discussioni. Anora ha infatti rappresentato non solo un capolavoro cinematografico, ma anche un simbolo di resistenza per il cinema tradizionale, lanciando un messaggio chiaro a favore della bellezza dell’esperienza in sala.

Tuttavia, non si può ignorare la sconfitta a sorpresa di Emilia Perez di Jacques Audiard, un film che era stato acclamato in tutto il mondo. Nonostante le 13 nomination agli Oscar, i numerosi premi ricevuti – tra cui 4 Golden Globe a Hollywood, i 2 premi César conquistati a Parigi, i 2 premi BAFTA a Bruxelles e i 5 premi agli European Film Awards – Emilia Perez ha lasciato gli Oscar con solo una statuetta, quella per migliore attrice non protagonista a Zoe Saldana, e l’Oscar per migliore canzone originale, annunciato dal pimpante Mick Jagger, acclamato anche da Elton John in platea.

Le voci dietro questa debacle hanno alimentato molte polemiche. In particolare, alcuni hanno sostenuto che il film abbia sofferto di una controversia legata alla scoperta di un tweet offensivo e razzista di cinque anni fa della protagonista Karla Sofía Gascón, che aveva suscitato forti reazioni sui social e nei media. La polemica, montata ad arte da alcuni giornali e trasmissioni televisive, ha portato a un’escalation di tensioni, coinvolgendo anche la potente Netflix, che distribuisce il film negli Stati Uniti. In un atto che ha scatenato ulteriori critiche, la piattaforma aveva persino rimosso il nome dell’attrice dai manifesti del film, generando ulteriori discussioni sulla gestione delle problematiche legate alla diversità e alla rappresentazione nel cinema.

Nonostante la forza di Emilia Perez come film e la sua visibilità internazionale, questa controversia ha probabilmente influito sull’esito degli Oscar, lasciando Audiard con una vittoria parziale e confermando la posizione di Anora come film protagonista della serata.

In un contesto di forti polemiche e aspettative non soddisfatte, i premi Oscar 2025 hanno visto trionfare il cinema di Sean Baker, mentre Emilia Perez si è dovuto accontentare di un ruolo marginale nel palmares finale, pur avendo avuto un impatto enorme durante la stagione dei premi.

Adrian Brody si è commosso fino alle lacrime quando è stato annunciato l’Oscar per il miglior attore protagonista per The Brutalist, ottenendo così la sua seconda statuetta dopo quella vinta per Il Pianista. Nel film, Brody interpreta un architetto ebreo sopravvissuto ai lager nazisti, un ruolo che lo ha visto competere con il giovane idolo delle teenager Timothée Chalamet, protagonista di un film su un giovane Bob Dylan, in cui la sua performance è stata applaudita. Alla fine, però, Brody ha avuto la meglio, bruciando sul filo di lana Chalamet, che dovrà aspettare ancora per un Oscar.

Tra le altre delusioni della serata, Demi Moore assente all’evento, nonostante fosse protagonista di The Substance, un inquietante body horror diretto da Coralie Fargeat. Delusione anche per la brasiliana Fernanda Torres, la protagonista di Io sono ancora qui, il film di Walter Salles, che ha ottenuto l’Oscar per miglior film straniero, consegnato da Penélope Cruz. Anche Isabella Rossellini non ha visto coronata la sua speranza di vincere l’Oscar come migliore attrice non protagonista per il suo ruolo in Conclave, il thriller diretto da Edward Berger, che esplora i misteri del Vaticano. Il film, basato sull’omonimo romanzo di Robert Harris, ha però portato a casa l’Oscar per la sceneggiatura non originale, confermando la qualità del progetto, ma lasciando Rossellini con un sogno non realizzato.

In conclusione, cosa resta davvero di questi Oscar? Una serata che, tra lustrini e canzoni, è sembrata giocata all’insegna della prudenza. La controversa vicenda di Emilia Perez è emblematicamente rappresentativa di questa atmosfera, con la pellicola sacrificata a causa delle polemiche legate a Karla Sofia Gascon, una vicenda che ha sollevato interrogativi sul trattamento delle attrici transgender nel mondo del cinema. Ma oltre a questi drammi, restano le solite battute noiose del comico presentatore di turno, Conan O’Brien, che non è mai riuscito a riscaldare l’atmosfera.

Le scenografie, pur spettacolari, non hanno avuto l’impatto delle edizioni passate, risultando quasi più adatte a un evento come il Festival di Sanremo. Nonostante ciò, ci sono stati momenti musicali che hanno fatto breccia nel cuore del pubblico, come l’omaggio a una leggenda come Quincy Jones, che ha emozionato molti con la sua performance. Un altro momento toccante è stato il ricordo nella rubrica “Memory” di David Lynch e di Gene Hackman, con Morgan Freeman che ha reso omaggio all’amico scomparso solo pochi giorni fa suo compagni di set ne Gli Spietati. Peccato essersi dimenticati di Alain Delon

Fra i momenti più belli, anche l’Oscar dedicato alla animazione attribuito a Flow, un gatto nero davvero magico, straordinaria metafora esistenziale, applaudito l’estate scorsa a Cannes. Un film da non perdere!

Assente l’Italia del cinema, ci consoliamo con il passato. Lo sapevate che il primo italiano a ricevere l’Oscar nel 1937 per il film Angeli dell’inferno prodotto dal miliardario Howard Hughes fu il direttore della fotografia Tony Gaudio. Dal dopoguerra il nostro Paese ha collezionato più di 87 candidature come film in lingua straniera. Tra i migliori film Il Postino con Massimo Troisi e Philippe Noiret con 5 e La vita è bella di Benigni nel 1999 con 4.  Fra i registi italiani premiati con i loro film Bernardo Bertolucci de L’ultimoimperatore e poi Ettore Scola con Ballando ballando anche se ufficialmente venne candidato per l’Algeria.

Ma l’elenco è lungo e parte dal 1948, premio per il miglior film straniero a Sciuscià di Vittorio De SicaLadri di biciclette nomination per la miglior sceneggiatura nel 1950 per poi tornare a vincerlo nuovamente nel 1965 con Ieri oggi e domani e nel 1972 con Il giardino dei Finzi Contini.  Nel 1957 Oscar a La strada di Fellini che bissò il successo l’anno successivo con Le notti di Cabiria per ripetersi nel 1963 con 8½ e nel 1976 con Amarcord.   Elio Petri nel 1970 con Indagine su un cittadino al di sopra di ogni sospetto. Nel 1990 toccò a Giuseppe Tornatore con Nuovo Cinema Paradiso, nel 1991 a Gabriele Salvatores per Mediterraneo, nel 2001 a Dino De Laurentiis quando l’Academy gli attribuì il prestigioso Irving Talberg Award alla carriera ricca di oltre 700 film 65 nomination e 5 Oscar e infine  Paolo Sorrentino nel 2014 con La Grande Bellezza. Tra le attrici da Anna Magnani a Sophia Loren; Ennio Morricone e Nino Rota per le musiche, Milena Canonero, Piero Gherardi e  Danilo Donati per i costumi, gli scenografi Dante Ferretti e Francesca Lo Schiavo e sceneggiatori come Ennio Flajano e Pietro Germi.