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 Ánghelos, annuncio di umanità 

Verso “Il Vangelo secondo Matteo”, Ánghelos racconta le apparizioni degli angeli all’umanità

Il buio avvolgente, coni di luci concentrati, il verde steso sul palco, le scarpe rosse indossate e poi loro, gli angeli, ad uno ad uno, a scandire i momenti di uno spettacolo suggestivo e immersivo allo stesso tempo, Ánghelos, inserito all’interno del 78° Ciclo di Spettacoli Classici al Teatro Olimpico di Vicenza. La sacralità sta nell’altrove, esce dal testo evangelico e si fa annuncio, parola rivolta all’umanità: Roberto Latini fa de Il Vangelo secondo Matteo di Pier Paolo Pasolini una rilettura e un riadattamento teatrale, capace di accogliere il senso dell’opera originaria e di restituirla in maniera originale e attuale.

Credits. Ph. Manuela Giusto

L’origine sta nel racconto delle apparizioni degli angeli, l’attualità sta nella commistione tra elementi musicali (tastiera e batteria dal vivo) e letterari completamente nuovi; un’unione che amplifica la profondità di quanto annunciato da ogni singolo protagonista. Elena BucciMarcello SambatiLuca Micheletti e Roberto Latini appaiono, letteralmente, sul palco e si annunciano: descrivono il loro intervento all’interno del Vangelo ma offrono al pubblico un racconto, un annuncio vero e proprio, che unisce poesia, musica, parole, letteratura, movimento.

Dagli iniziali “bambini”, eco di voci rivolte a tutta la platea, Ánghelos si apre con l’annuncio dell’attesa, che si trasforma in fragilità, supplica, solitudine, grido, racconto di altri miti ed epoche, e di rinascita. Elena Bucci interpreta una madre, piegata dalle doglie e dalla sofferenza, in grado di emozionare e di gridare un dolore immutato nei secoli. Si passa poi alla fuga in Egitto, all’apparizione dell’angelo (Marcello Sambati) a Giuseppe e al ritorno a Nazaret. Segue poi la venuta e la presenza di un angelo molto particolare e “contrario” alla luce: Satana con le tentazioni nel deserto, interpretato in maniera impeccabile da Luca Micheletti, un Mefistofele (quasi faustiano) ironico, sconfitto, multiforme, addirittura magnetico nella canzone finale, al termine del suo monologo.

Il momento delicato e pienamente umano è svolto da Roberto Latini che concentra la nascita, la morte e il ritorno di quel bambino, mai chiamato per nome in maniera diretta. È forte e significativa la sua interpretazione della Supplica a mia madre dello stesso Pasolini, il cono di luce e quel dialogo con se stesso e il resto dell’umanità, il “ci siamo persi” finale. E poi l’ultima apparizione, quella alle tre donne al sepolcro a Gerusalemme.

Ánghelos offre dei quadri narrativi affascinanti ed emozionanti allo stesso tempo, non sempre facili e immediati. Gli angeli, dalle maschere dorate, descrivono e annunciano ciò che ancora non è noto, attraverso metafore e rimandi poco diretti ed espliciti. C’è Pasolini ma anche altri autori (EuripideJohn MiltonGiambattista AndreiniRainer Maria RilkePeter HandkeWim Wenders) nelle parole e nei riferimenti dei protagonisti. L’apparizione diventa allora un’esperienza rivolta all’umanità intera, che non sa e non comprende, che ha bisogno di una sacralità e di una spiritualità in profondità, di salvezza, di ascolto.

Quel “primissimo piano di un bambino” che, di volta in volta, anticipa l’apparizione e il cambio di scena aiuta lo spettatore a leggere le sequenze narrative. Mentre l’eco iniziale e finale, il “Bambini” continuo, fluente, rivolto al pubblico, è la consegna finale, l’ultimo vero, grande messaggio ad ognuno. Un’universalità d’essere, che spesso si dimentica o, peggio, si cancella. Il sacro è qui, in realtà, fuori dalle pagine scritte, e risiede nella vita.

«Non volevo ricostruire la vita di Cristo come fu veramente; volevo fare invece la storia di Cristo più̀ di duemila anni dopo di tradizione cristiana, perchè sono stati duemila anni di storia cristiana a mitizzare quella biografia, che altrimenti, come tale, sarebbe stata quasi insignificante. Il mio film è la vita di Cristo più duemila anni di storie narrate sulla vita di Cristo. Era quello il mio intento» (Cfr. J. Halliday, Pasolini su Pasolini: conversazioni con Jon Halliday), così rispondeva Pasolini a chi si lamentava e lo criticava di non essere stato accurato nel suo film Il Vangelo secondo Matteo.

Credits. Ph. Manuela Giusto

Ánghelos aggiunge un tassello in più, è una tensione (quel “verso”) all’opera originaria che non perde però il senso originario. Narrare e tendere all’umanità attraverso di essa, attraverso le sue miserie, i suoi dolori, i suoi volti, le sue poesie, l’arte e i suoi canti. Narrare di annunci e di apparizioni, che sappiano dare una risposta alla ricerca, un bagliore a quel buio, un riconoscimento umano alla sacralità.

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Ánghelos – Drammaturgia e regia Roberto Latini – musiche e suono Gianluca Misiti – con Elena Bucci, Roberto Latini, Luca Micheletti, Marcello Sambati e con Gianluca Misiti (tastiere), Piero Monterisi (batteria) – musiche e suono Gianluca Misiti – costumi Giovanna Buzzi – assistente costumista Daria Latini – scena Daniele Spanò – assistente scenografa Laura Pigazzini –  luci e direzione tecnica Max Mugnai – drammaturgia e regia  Roberto Latini – scene realizzate da Low Costume – foto di scena Manuela Giusto – produzione Teatro della Toscana – Immagine in evidenza/di copertina: Credits. Ph. Manuela Giusto – Teatro Olimpico (Vicenza) – 26\27 settembre 2025

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