Dal 3 al 6 novembre è andato in scena al Teatro Lo Spazio lo spettacolo “Alleria: canzoni pensieri e parole di Pino Daniele” scritto da Alessandra della Guardia e Urbano Lione per la regia di Leandro Amato e la direzione musicale di Fabio Massimo Colasanti.
Pino Daniele è stato un grande artista che continua, con le sue opere e la sua vita, ad ispirare quanti ancora si cimentano nell’arte di Talia. Tanto la musica quanto il testo delle sue canzoni continuano dunque ad emozionare il pubblico. “Alleria: canzoni pensieri e parole di Pino Daniele” è uno spettacolo che fa omaggio al grande cantautore, ripercorrendone l’opera tra la lettura di testi e l’esecuzione dal vivo delle sue canzoni.
Le voci – potremmo dire in duetto – che hanno cantano i vari brani musicali proposti sono quelle di Noemi Smorra e Leandro Amato. Noemi è energica e piena di pathos così come Leandro interprete ricco di forza e di capacità espressive. Il pregio di questo spettacolo è quello di aver proposto il repertorio di Pino Daniele senza cadere nell’imitazione sterile, o peggio, nella parodia.
Entrambi gli interpreti hanno interpretato a modo loro e con il loro “colore” ogni canzone non cadendo mai nel cliché, per intenderci, delle cosiddette “cover band”. Questa stessa capacità di imitare in maniera creativa la troviamo anche nel terzetto strumentale che accompagnava i cantanti: contrabasso, chitarra e sax alternato al clarinetto.
Tra gli strumenti, quello che è emerso maggiormente è il sassofono che in più occasioni si è cimentato in assoli pieni di improvvisazioni jazz.
Il canto è stato intervallato da letture che introducevano le canzoni e i vari i momenti della vita di Pino Daniele. Queste letture consistevano in descrizioni di eventi, in poesie o – in molti casi – di veri e propri dialoghi che tra i due interpreti che hanno dato dinamicità al tutto.
Di grande effetto è stato il ricordo del grande concerto di Piazza del Plebiscito a Napoli dove, nel 1981, in più di duecentomila si radunarono per veder cantare e suonare il grande artista.
C’è pero da dire che un “nota stonata” di questo spettacolo è stata la presenza in scena dei leggii che distoglievano i cantanti dal guardare il pubblico. La si potrebbe giustificare come una sorta di “mise en espace”, ma i due cantanti leggevano il testo non solo quando recitavano i monologhi (e questo non ha comunque impedito due piccole sovrapposizioni), ma anche quando cantavano le canzoni. Solo in un caso Urbano Lione ha distolto lo sguardo dal testo cantando seduto a bordo palco.
Premessa: a mio avviso, in un concerto – tendenzialmente – gli unici interpreti che è giusto abbiamo un leggio sono i musicisti: inoltre i due cantanti guardavano continuamente il testo anche quando non era il loro turno per cantare e recitare. Questo continuo controllo, questa continua verifica, nell’attesa del proprio turno, ha molto penalizzato la resa delle parti recitate che, di per sé, erano anche ben esposte. Insomma, un vero peccato.
Ma in ogni caso, il pubblico ha risposto allo spettacolo con scroscianti appalusi e con una folta presenza. Gli interpreti e le scelte artistiche dietro questo concerto hanno creato empatia, ed è finito tutto con un coro e ricordi, per molti, della loro gioventù.