di Tiziana Bagatella
A Roma al Teatro Off è andata in scena la Stand-up comedy più s/corretta al mondo— grazie alla consolidata coppia autoriale Lamberti-Pechini e al suo sorprendente interprete Balducci.
“Allegro, non troppo”, la stand-up comedy cucita ad arte da Mariano Lamberti e Riccardo Pechini, come una seconda pelle, sul poliedrico attore Lorenzo Balducci, è un esempio di spettacolo dal vivo “necessario” in tempi come questi in cui assistiamo al riaccendersi un po’ ovunque della fiamma dell’intolleranza. Intolleranza verso la diversità, verso l’altro da sé.
Lorenzo Balducci lo stai a guardare per tutta la durata della performance con ammirazione, stupore, e commozione. E lui con feroce ironia ci porta dentro la comunità LGBTQI+ di cui racconta vizi, virtù, storia e luoghi comuni, omofobia esterna e introiettata, che poi è la parte più interessante dello spettacolo.
La stand-up comedy è un genere nato in America negli anni 20, nella quale un mattatore si esibisce in piedi davanti ad un pubblico, annullando la quarta parete. Forse l’esponente più noto, nel dopoguerra, è Lenny Bruce, che Dustin Hoffman interpretò in un film memorabile del 1974. Si tratta certamente di una figura sempre più presente nelle nostre società, quasi ultimo spazio residuo del pensiero critico, del fool shakespeariano, tanto che lo scrittore israeliano David Grossman vi ha dedicato un romanzo. Come stand-up comedian Lorenzo Balducci la quarta parete l’ha disintegrata davvero: ci ha portato direttamente dentro la sua carne, mettendosi a nudo come l’aragosta che si libera del suo carapace che lo sta soffocando. E lo ha fatto con disarmante sincerità e senza censure, raccontando anche aspetti della sua vita privata, (un tempo scandalosamente pubblica), non senza dolore e autoironia. Si parte dagli omofobi gay più famosi— dall’ipocrisia di Zeffirelli alla sfacciata negazione di Renato Zero, all’ottusità di Platinette – fino a silurare alcuni mostri sacri, insospettabili omofobi. Qui Lamberti e Pechini mettono all’inferno anche personaggi amati, per loro stessa ammissione, un po’ come Dante fa con Brunetto Latini: vediamo bruciare tra le fiamme Thomas Mann e la sua ipocrita nascosta vita omosessuale coperta da un rassicurante matrimonio con prole, passando per l’odioso machismo di Domenico Modugno, fino ad arrivare al grande Eduardo de Filippo, anche lui però da bruciare tra le fiamme, con non poco sconcerto da parte del pubblico.
Gurdjeff scriveva: “Una delle ragioni della oscurità dell’uomo è la sua ignoranza, soprattutto di sé stesso… senza la comprensione del funzionamento della sua “macchina”, l’uomo non può essere libero, non può governarsi e resterà sempre uno schiavo in balia delle forze che agiscono su di lui”.
Probabilmente non siamo abbastanza consapevoli di quanto l’omofobia sia un problema culturale, la nostra mente è colonizzata da false credenze (che non sono i complementi d’arredo di cucine e tinelli) e la questione purtroppo ha radici profonde. Chi noi siamo, cosa desideriamo, cosa amiamo è frutto della cultura. Dobbiamo sforzarci di spezzare i luoghi comuni: dopo la nascita noi siamo soltanto espressione culturale. Levy Strauss a proposito del cibo affermava che noi non lo mangiamo perché è buono, ma è buono perché lo mangiamo. Mangiamo le cose che ci hanno insegnato a mangiare. Anche la nostra fisiologia è gestita dagli ambiti culturali. (Siamo natura solo nella facoltà del linguaggio).
“Allegro, non troppo” non ha la pretesa di fornire delle risposte – è questa la peculiarità del teatro- ma pone domande: perché nelle unioni civili hanno dovuto sottolineare, per quanto riguarda le coppie omosessuali, il non obbligo di fedeltà? E Lamberti e Pechini a loro volta si chiedono ironicamente: hanno forse bisogno di un accesso per disabili per costruire l’affettività? E vi siete mai chiesti cosa diventerebbero Giulietta e Romeo se il tabù fosse essere eterosessuali e la normalità l’omosessualità?
Ma in realtà dietro questo scherzoso paradosso si cela una drammatica verità: agli omosessuali per migliaia di anni sono mancati gli archetipi, le grandi storie d’amore che nascono in giovinezza raccontate dalla letteratura— Giulietta e Romeo, Renzo e Lucia, Tristano e Isotta— dal cinema, dalla storia dell’arte (forse per trovare questi archetipi bisognerebbe indagare nella civiltà greca, dove l’omosessualità era molto diffusa: l’amore tra Achille e Patroclo nell’Iliade o l’episodio semi-scherzoso, nel Simposio di Platone, del giovane e aitante Alcibiade rifiutato dal vecchio Socrate…)
Illustri ospiti alla prima al Teatro Off Off di via Giulia, da Alessandro Zan – padre del ddl Zan— all’ex ministro Vincenzo Spadafora, da Ivan Cotroneo a Eva Grimaldi, all’attivista Imma Battaglia. A personaggi glamours quali le Karma B.
Vere e proprie ovazioni per l’incredibile talento di Lorenzo Balducci che sa ballare cantare recitare e fare dei lip sync straordinari sui “titoli di coda” dello spettacolo e per i due autori Mariano Lamberti – che ha curato anche la regia- e Riccardo Pechini.